la lunga marcia dei referendari

LA STORIA la lunga marcia dei referendari Una «svista» della Costituente aprì la strada LA STORIA FRA VOTAZIONI E .''.Hill <m ROMAs ON fosse stato per quella «svista» della Costituente, difficilmente Mario Segni sarebbe diventato l'uomo nuovo della politica italiana. Soltanto un'improvvisa distrazione dei nostri padri costituenti, o forse sarebbe meglio dire il giallo della repentina e misteriosa scomparsa dell'aggettivo «elettorale» dal testo fondamentale della nostra Repubblica, ha infatti permesso di celebrare il referendum stravinto da Segni il 9 giugno 1991. E su cosa avrebbe dovuto pronunciarsi la Consulta se, come era previsto nelle intenzioni dei costituenti, le leggi elettorali fossero state escluse dalle materie suscettibili di essere sottoposte a referendum? Gialli, distrazioni, improvvise cancellature. Ma anche manovre, complicate tessiture diplomatiche sotterranee, scontri, battaglie e accordi saltati all'ultimo momento. Nelle pieghe della storia dei referendum si nascondono episodi poco conosciuti della storia italiana. E proprio mentre i giudici della Corte Costituzionale erano riu- niti per decidere sul futuro di tredici quesiti referendari, una Storia dei referendum è stata pubblicata pubblicata dalla casa editrice Laterza per ripercorrere i momenti salienti di un istituto che negli ultimi venti anni ha diviso e appassionato l'Italia. E l'autrice del libro, Anna Chimenti, prende le mosse proprio dal dibattito sul referendum che spaccò i costituenti. I membri della Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini, ad esempio, erano convinti di aver approvato un emendamento all'articolo 72 che inseriva le leggi elettorali nell'elenco delle materie su cui mai e poi mai gli italiani avrebbero potuto essere consultati attraverso il referendum. Ma, nel testo, un passaggio decisivo «scomparve in modo strano», secondo la definizione di Giulio Andreotti, giovanissimo deputato alla Costituente: le parole-chiave «e elettorali» si erano come volatilizzate. «Una svista della segreteria della Costituente», disse Ruini com- .mentendo i'j^ieg^e.Pfflissione. Qualcuno gridò allo «scippo» ma secondo alcuni studiosi il responsabile del «giallo» sarebbe stato lo stesso Ruini che avrebbe addirittura provveduto di nascosto alla cancellazione di quel segmento decisivo. Istituto poco amato, quello del referendum. Perché diventasse realtà fu necessario attendere ventidue anni da quella poco onorevole omissione e attendere nientemeno che il 1970. E tanto era coriacea la diffidenza verso quello strano struménto di democrazia diretta che, se non fosse stato per i democristiani desiderosi di abrogare la legge sul divorzio, probabilmente l'attesa sarebbe stata ancora più lunga. I laici, esclusa la combattiva pattuglia radicale, temevano più di ogni altra cosa la «spaccatura» tra cattolici e laici ed è curioso, si racconta nel libro, che nel 1971 l'allora deputato socialista Eugenio Scalfari, assieme ai liberali Bozzi e Giorno e ai socialisti Ballardini e e Bertoldi, si fece promotore di una proposta di legge «per escludere il divorzio e i di- ntti9di;)jhbertà)»i dalle,materie sottoposte a referendum. Del resto, per disinnescare la bomba-referendum sul divorzio, si aprì un canale di comunicazione segreto tra l'ala «trattativista» dei cattolici e il pei e «il giorno dei risultati», si narra nella Storta dei referendum, «un filo discreto tenne in contetto telefonico Botteghe Oscure con i piani alti d'Oltretevere». Poi arriva la stagione dei «referendum a raffica» promossi da Pannella, il panico dei partiti che escogitano misure e trappole per attenuare l'impatto «eversivo» dei referendum sulla vita politica italiana. É soprattutto lo scontro furibondo che all'inizio degli Anni Ottante oppose, soli contro tutti, i radicali e i predecessori dei giudici che in questi giorni stanno valutando 1 tredici quesiti referendari. «Corte Beretta» fu il nome con cui Pannella ribattezzò la Consulta che bocciava uno dietro l'altro tutti i quesiti referendari. Sembrava che la stagione del referendum fosse sul punto di concludersi. Poi, inaspettato, passerà il ciclone Segni.Ip. bat.j II liberale Aido Bozzi (a sinistra) Sopra: Giulio And reotti

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