Mamme d'Italia per i soldati, mostri e vittime per Telemontecarlo

Mamme d'Italia per i soldati, mostri e vittime per Telemontecarlo AL GIORNALE Mamme d'Italia per i soldati, mostri e vittime per Telemontecarlo L'esercito ha bisogno di sostegno morale Ho letto con molto interesse i servizi, che mi sono apparsi molto equilibrati, pubblicati su La Stampa del 6 gennaio, sull'impiego dei soldati italiani nelle missioni di pace in Somalia e in Mozambico. Sono un ufficiale che ha lasciato il servizio attivo da più di tre anni, dopo aver maturato intense esperienze sempre tra i giovani di leva: tante soddisfazioni e un solo cruccio. Le soddisfazioni derivano dai rapporti che si riuscivano a costniire nei reparti con i giovani alle armi che arrivavano al servizio di leva totalmente disinformati o male informati sulla funzione delle Forze Armate: non ne avevano mai sentito parlare né nelle scuole né in altre istituzioni; la cultura cinematografica e televisiva proponeva e continua a proporre solo immagini di «disfatte» morali e materiali. Sui militari di carriera pesavano il compito e la responsabilità di trasmettere con l'esempio e con il dialogo ideali e valori di riferimento, cui i militari di leva potessero orientare il proprio comportamento. Solo grazie a quest'opera di formazione, svolta senza alcun riconoscimento pubblico, l'Esercito è riuscito a fronteggiare i numerosi, più recenti impegni, tutti assolti in maniera ottimale dai suoi militari di leva. Ricordo le operazioni in Libano, in Namibia, nel Kurdistan iracheno, in Albania, in Sardegna e in Sicilia, in occasione delle calamità naturali che hanno colpito il Paese; l'assistenza e il concorso fomiti ai profughi albanesi e della ex Jugoslavia. Resta però il cruccio. Perché le forze politiche e i mass-media sono così restii a far entrare nel circuito della corretta comunicazione e informazione il problema della reale funzione delle Forze Annate? Consenso e sostegno morale: sono queste risorse indispensabili che devono essere oggi richiesti e civicamente pretesi da tutti con responsabilità: dai rappresentanti del popolo, dagli opinionisti, dagli uomini della cultura e - perché no? - dalle mamme italiane per la sicurezza dei loro figli. gen. aus. Luigi Di Tullio Roma Damato: chi uccide Tmc Questa volta come «mostro» sono stato sbattuto in 13a pagina. La crisi di Telemontecarlo ha un titolo che mi riguarda da vicino: «Ferruzzi Damato Smaila assassini di Tmc»! Non conosco né Ferruzzi, né Smaila, ma dall'articolo ho capito che mi trovo in loro compagnia per una dichiarazione del Comitato di redazione di Tmc. In che modo avrei ucciso (o avremmo ucciso in concorso tra noi) Telemontecarlo mi sembra frutto di una farneticazione che non è giustificabile neppure con il momento di grave pericolo per l'occupazione che vivono i dipendenti - giornalisti e non - dell'emittente monegasca. Apprendo dal giornale - per la prima volta - che mi verrebbe contestato l'alto costo di produzione del programma Incontri Televisivi: «Oltre mezzo miliardo a puntata». Magari! La cifra è assolutamente inventata: se qualcuno ha prove in questo senso è vivamente pregato di esibirle. La collaborazione con Tmc è durata un anno (e i miei compensi mi devono ancora essere liquidati): in 30 puntate, in 100 ore di programmazione (su oltre 5000 ore annuali) non avrei mai potuto neppure se avessi voluto incidere negativamente sul budget annuale di Tmc o addirittura assassinare l'emittente, come si è detto. Sono stato un collaboratore esterno, con nessun incarico di responsabilità (Direttore Generale, Direttore dei Programmi, Direttore del Telegiornale, Amministratore Delegato, Vicepresidente) che potesse provocare gravi danni alla gestione della Società: ed è la gestione che si trova sul banco degli accusati. Se morte c'è stata è per suicidio. Anche «la simpatia che conquista» ha bisogno di una rete di diffusione del segnale per poter raggiungere le case degli italiani. Telemontecarlo l'ha, millantata ma non l'ha mai avuta. Nelle reI gioni dove il segnale arriva, il se¬ gnale stesso è frequentemente al di sotto di uno standard qualitativo accettabile. L'ascolto (ufficiosamente rilevato dall'Auditel) non supera in media il 2-3 per cento. La stessa Panetti era stata definita dal direttore di TV Sorrìsi e Canzoni una «tigre di carta» perché come personaggio televisivo non raggiungeva con Gala- goal che alcune centinaia di migliaia di spettatori. Per conoscere i colpevoli del suicidio di Tmc il Comitato di redazione (che chiaramente appoggia i raiders brasiliani di Poli e Pereira contro i mujaheddin cattolici Milano e Melodia) non deve andare troppo lontano dai locali in cui si è riunito. In un mo¬ mento così delicato per il futuro di Tmc si corre il rischio di essere strumentalizzati da chi non vuole bene né all'emittente né al giornalismo televisivo. L'indipendenza e l'autonomia - così come l'obbiettività - costano prezzi pesanti. Che io pago senza fiatare e senza recriminazioni, da anni. Quanto a La Stampa il titolo «assassino» tra virgolette non trova nessun riscontro nel pezzo: e oltre tutto ritengo di essere innocente se non vittima della situazione che si è creata a Telemontecarlo: senza virgolette. Mino Damato Se il petrolio »eiipe nonda1 Venezia Ho seguito la lettura della cartolina di Barbato al ministro Ripa di Meana relativa al disastro alle Shetland provocato dalla petroliera arenata, ai precedenti simili ed a quelli che certamente accadranno in futuro. Per ragioni di tempo e spazio Barbato non ha suggerito soluzioni concrete. In questo caso è stato detto che la petroliera di proprietà anglonorvegese batteva bandiera liberiana, con comandante greco ed equipaggio filippino. Casi come questo ce ne sono infiniti; su tali navi vengono imbarcati equipaggi sprovveduti e incompetenti. Cosa fare per porre un serio rimedio a quanto sta accadendo? Facendo leva sul Diritto della navigazione dei vari Paesi e su quello internazionale, gli Stati civili dovrebbero emanare norme severe, imponendo a tutte le navi severissimi collaudi periodici, rilasciando poi a quelle ritenute idonee appositi certificati di abilitazione rilasciati dai vari Registri navali ed inibendo alle altre l'attracco nei vari porti. Si potrebbe anche imporre la demolizione di quelle non recuperabili con adeguate riparazioni. In queste operazioni andrebbero incluse anche le navi portanti carico secco, perché troppo spesso trasportano materiali altamente pericolosi ed inquinanti (ultimo caso il materiale radioattivo arrivato giorni addietro in Giappone). Il ministro Ripa di Meana potrebbe fare delle proposte, cominciando proprio dalla Cee, per inglobare poi tutti i Paesi. Tra l'altro, pensiamo a cosa accadrebbe a Venezia nel caso di un incidente a Porto Marghera. Felice Sanzin, Biella Il fascio, gli Arditi eOcchetto Nel corso di un'intervista telefonica alla Stampa l'on. Achille Occhietto ha fatto un riferimento alla complessa vicenda storica dell'arditismo nella affermazione del fascismo, a quanti vi si opposero, a un giudizio di Antonio Gramsci, su quella fase, sulla dinamica e la genialità delle forze in campo, tra le quali erano anche gli Arditi del Popolo. Una traduzione inevitabilmente ellittica di quel riferimento ha generato, proprio intorno a quel nucleo di combattenti dell'antifascismo che furono gli Arditi del Popolo, un equivoco sin troppo evidente. E' giusto, quindi, dissipare ogni confusione in proposito. Non è giusto, come fa Luciano Canfora su Liberazione, secondo quanto La Stampa ha riferito, abbandonarsi all'insulto triviale, parlando di boria, di insulsaggine, di sfrenatezza. Così si smarrisce, tra l'altro, ogni corretto approccio al problema storico-politico che l'intervista affrontava a proposito della Lega: quello, cioè, di sottrarre consistenti forze sociali e politiche all'ipoteca del ribellismo eversivo e di ricondurle nell'alveo del grande impegno democratico. Anche dalla boria dei dotti, come avrebbe detto un pensatore italiano d'altri tempi, occorre guardarsi. Massimo De Angelis, Roma capo ufficio stampa pds