Elogio del desiderio di Maurizio Assalto

Remo Bodei parla all'Ari Remo Bodei parla all'Ari Elogio del desiderio OTORINO OBBIAMO uscire dall'idea che le passioni siano contrapposte alla ragione: 1 studiarle a fondo è un modo per conoscere "contropelo" la razionalità». Remo Bodei, lo studioso dei desideri, si arma di rasoio, novello Occam, per battere in breccia una plurimillenaria linea di pensiero che ha squalificato le passioni come un «cancro dell'anima» (definizione di Kant) e approntato un'etica rigoristica per reprimerle. Sulla «ragione delle passioni» Bodei interviene oggi alle 18 al Teatro Alfieri per il ciclo dell'Associazione culturale italiana (domani sarà al Niccolini di Firenze, lunedì al Parenti di Milano, martedì all'Eliseo di Roma, mercoledì al Santa Lucia di Bari). Anche le passioni hanno una loro intelligibilità, sebbene si caratterizzino come reazioni eccessive. Per esempio l'ira: «In genere non è commensurabile con ciò che la provoca, perciò appare irrazionale - ci spiega lo studioso -. Se però la consideriamo come un detonatore di cariche psichiche più profonde, un'occasione in cui si condensano tutte le attese deluse e le frustrazioni; se, al di là della sua esplosione istantanea, la diluiamo nella storia dell'individuo, allora troviamo che anche l'ira ha le sue ragioni». Bodei si rifa alla linea minoritaria degli Stoici, di Agostino e soprattutto di Spinoza, a partire dal quale l'uomo è stato concepito non più tanto come un animale razionale, quanto come un animale desiderante. «Porre le passioni in alternativa alla ragione - ci spiega - significa andare incontro o a una sconfitta della razionalità o a un impoverimento emotivo. Il problema è piuttosto quello di indirizzarle, perché non è vero che siano assolutamente cieche: a certe condizioni possono essere veggenti. Siamo di fronte a due tipi di logica, nello stesso tempo in contraddizione e complici». Ma la soluzione compulsiva non è neppure più praticabile. «Mentre una volta era possibile tenere a bada le passioni tradizionali, ora tutto diventa più difficile con quelle particolari passioni rivolte al futuro che sono i desideri. A partire dal secolo scorso, nell'Occidente c'è stato un profondo mutamento antropologico. Prima, in una società caratterizzata dalla scarsità di risorse, l'etica consisteva nell'abbassare la soglia dei desideri. Poi sono venute le macchine, la sovrapproduzione e il sottoconsumo: per superare la forbice negativa si sono dovuti sbloccare i desideri. E' venuta la "democratizzazione del lusso", secondo l'espressione usata da Zola nel romanzo Au Bonheur des Barnes, dedicato a uno fra i primi grandi magazzini di Parigi. Il supermercato è una concentrazione, in un piccolo spazio, di grandi desideri a poco prezzo, accessibili a tutti». Eccole, dunque, le passioni specifiche della nostra èra: «Dilaganti, inflazionate, commercializzate. Sostenute da una tambureggiante pubblicità. L'etica del sacrificio al bene comune è stata scalzata in favore di tendenze edonistiche, narcisistiche, individualistiche». Ma è poi davvero questa la nostra condizione attuale, è questo^ il nostro destino?, si domanda Bodei. La risposta è negativa: «Sia la logica del sacrificio, sia quella del consumismo mi sembrano oggi in crisi. Il modello economico che permetteva all'Occidente la moltiplicazione di massa dei desideri non è generalizzabile. Pur senza tornare al rigorismo, si abbandona l'etica della dissipazione e si fa strada l'etica della responsabilità, additata da Hans Jonas e richiamata costantemente da Scalfaro come dal card. Martini. E' l'impegno a una migliore gestione dei propri desideri, a uno stile di vita più attento alla solidarietà che non all'opportunismo del vivere alla giornata arraffando quel che capita». Maurizio Assalto

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