Scalfaro copia Carducci il c.t. Sacchi prega per vincere

I cherubini dell'ancien regime AL GIORNALE Scalfaro copia Carducci, il et. Sacchi prega per vincere Sanità: non serve il tempo pieno Si parla molto della riforma... della riforma del S.S.N. Punti qualificanti sarebbero, secondo il ministro De Lorenzo, il «tempo pieno ospedaliero» e il «rapporto unico» col S.S.N. dei medici. In tal modo, secondo lui, «i ricoverati sarebbero curati muglio». In realtà, per quanto riguarda il tempo pieno, la gran maggioranza dei medici, ospedalieri e non, è d'accordo sul fatto che le 5 ore giornaliere (anzi, se non erro, le 32 ore settimanali) dei medici a «part time» sono non solo sufficienti, ma per lo più sovrabbondanti per seguire con la massima attenzione i pazienti dei reparti, oggi con ninnerò di letti notevolemente inferiore al passato. Tanto che anche i medici a «part time» riescono comodamente a dedicare varie ore settimanali ai pazienti esterni in ambulatorio. Forse il discorso può essere diverso, oltre che per particolari reparti di alta specializzazione, per la «medicina dei servizi» ove il continuo aumento delle richieste di esami e accertamenti offre lavoro per qualsiasi orario. Ma anche qui, se si considera che per 8-9 ore settimanali in più il medico a tempo pieno riceve uno stipendio che è circa doppio di quello a part time, c'è da domandarsi ove sia il vantaggio. La realtà è, mi pare, che si vuole non tanto migliorare l'assistenza ai ricoverati, quanto continuare nell'incremento dell'attività ospedaliera ambulatoriale, che ha ormai superato i livelli critici di attesa e affollamento, troppo spesso per malattie di non particolare gravità e per il loro periodico controllo, spesso per anni, che potrebbe essere effettuato al meglio dagli specialisti dei poliambulatori, o addirittura dagli stessi medici curanti di base, umiliati e disincentivati dal dover forzatamente richiedere controlli ospedalieri che spesso non riterrebbero necessari, mentre allorché vogliano un consiglio o un parere, si ir trovano di fronte a lunghi tempi di attesa. La nostra impressione è che l'incentivazione dell'attività ambulatoriale, così come di quella di laboratorio e di accertamento strumentale, sia stimolata da parte amministrativa per dimostrare statisticamente alti livelli di utilizzo e di attività della struttura. E anche da parte dei sanitari si ha l'impressione di analogo comportamento ai firn di arrotondare con le «quote di incentivazione» (e fanno benissimo visto che spesso non hanno altre chances, e che ciò è gradito alla parte amministrativa) i certo non pingui stipendi. Quanto ho scritto non è solo opinione personale, ma della gran maggioranza dei medici con i quali ne ho parlato. Tuttavia tutti tacciono, sapendo che sarebbero accusati di difendere «interessi corporativistici». prof. Enzo Galli Università di Torino «Jugoslavia, la colpa è dei secessionisti» Il conflitto in Jugoslavia è stato scatenato dalle illegali secessioni di Slovenia e Croazia ed alimentato dai riconoscimenti internazionali delle entità secessioniste, precipitosi quanto illegittimi. Il governo federale di Belgrado dapprima, com'era suo dovere, ha tentato di reprimere quelle secessioni, in seguito ha rinunciato alla sua sovranità su quelle regioni, nonché sulla Macedonia, limitandosi a richiedere la ridefinizione dei propri confini con la Croazia secondo la linea etnica: è ovvio, infatti, che confini amministrativi interni non sono automaticamente confini intemazionali; che, in una secessione a base etnica, voluta da Zagabria, i confini vanno ridefiniti su tale base; che, pertanto, Slavonia orientale e Krajina di Knin, in quanto territori a maggioranza serba, spettano alla Piccola Jugoslavia serbo-montenegrina. La secessione della Bosnia, poi, oltreché illegale, risulta anche priva del fondamento etnico delle prime tre, in quanto ivi manca un'etnia di maggioranza: dunque il governo di Belgrado chiede qui, altrettanto ovviamente, l'applicazione, a favore dei serbi di Bosnia, dello stesso principio di autodeterminazione di cui si sono avvalse le entità slovena, croata c macedone. L'evidenza richiede, dunque, che la conferenza di Ginevra accolga tali tesi di Belgrado come basi di un giusto ristabilimento della pace. L'interesse italiano era in primo luogo evitare l'affermarsi di un pericoloso precedente secessionista limitrofo, poi ottenere dalla Slovenia una so¬ stanziosa rettifica del confine giuliano, sotto entrambi i profili, dunque, convergendo con l'interesse di Belgrado: entrambi sono stati compromessi dall'incauto riconoscimento dei secessionisti. Per quanto riguarda l'unilaterale attribuzione delle efferatezze (le quali, se vere, condanno senza riserve) non è, a rigor di lo¬ gica, più credibile dei recenti «eccidi» in Romania e «stupri» in Kuwait. Nicola Cappiello, Savona Il Presidente e la democrazia Dunque «senza partiti non c'è democrazia», così il Capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno 1992 agli italiani. Palpitante d'attualità, mutatìs mutandis, è il discorso che il Carducci tenne a Bologna nel 1882, anno in cui morì Garibaldi, per il riferimento ai partiti, manifestando nel contempo la sua grande ammirazione per il «liberatore» che resse il timone della nave Piemonte per il mare siciliano, muovendo quindi dai monti di Gibilrossa verso Palermo, alla «conquista dei nuovi destini d'Italia». E, rammemorando l'usanza secondo cui, nei tempi omerici, sul rogo degli eroi i compagni d'arme e di patria gettavano le loro cose più care, sacrificando perfino la vita, il vate della «terza Italia» proseguiva: «Io non chieggo tanto agli italiani: io voglio aie i partiti vivano perché sono la ragione della libertà. Ma vorrei che i partiti, intorno alla pira che fumerà su il mare, gittassero tutto quello che hanno più tristo». Parole sante! Angelo Giumento, Palermo Il Cristiano dell'anno fra messa e calcio Mi lascia molto perplessa la notizia del conferimento del titolo di «Cristiano dell'anno» ad Arrigo Sacchi. Non metto in dubbio che egli vada a Messa tutte le domeniche, ma è dunque tutto qui l'essere cristiani? Come la mettiamo con chi, oltre ad andare a Messa, si scontra con una vita fatta non di telecamere e miliardi ma di problemi quotidiani? Mi riferisco a quelle persone semplici, non eroi televisivi, che svolgono onestamente il proprio lavoro e educano i figli a valori che non sono solo e sempre quelli del denaro e dei vestiti firmati. O ancor più penso a tutti coloro che si dedicano ad opere di volontariato, testimoniando concretamente un impegno cristiano a fianco dei più poveri e dei più deboli. Poi un dubbio: il cristiano non dovrebbe pregare per qualcosa di più alto che non la vittoria della propria squadra? Carla Giustetto, Torino Le copie del Corriere e di Repubblica Desidero segnalare che sulla Stampa del 23 dicembre 1992, nell'articolo, tratto da una nota dell'Agi, dal titolo «La Stampa sul podio dei primi tre», è stata commessa una grave inesattezza per il nostro giornale. Nell'analisi dei dati di diffusione non si avvertono i lettori che i dati di Repubblica e del Corriere della Sera non comprendono le diffusioni rispettivamente del venerdì e del sabato, che sono accertati separatamente per la presenza dei «magazines». La Repùbblica, nel '91, figura con una diffusione media di 652.885 copie contro le 675.743 effettivamente diffuse. Analogamente, per il Corriere della Sera, il dato completo è di 674.344 copie diffuse, invece che 673.110. Al contrario di quanto risulta dall'articolo, la Repubblica è stato dunque il giornale più diffuso nel 1991 davanti al Corriere della Sera e La Stampa. Ritengo che sarebbe stato opportuno segnalare che i dati pubblicati non comprendevano i giorni di uscita dei due magazines e, ancora meglio, indicare il dato diffusionale comprendente i giorni di venerdì per Repubblica e di sabato per il Corriere della Sera. Con l'occasione annuncio in anteprima che nel 1992 la diffusione media giornaliera di Repubblica è stata di circa 730 mila copie, record storico assoluto per un quotidiano italiano. Giancarlo Turrini Editoriale La Repubblica

Persone citate: Arrigo Sacchi, Carducci, Carla Giustetto, De Lorenzo, Enzo Galli Università, Giancarlo Turrini Editoriale, Nicola Cappiello, Sacchi, Scalfaro