Versace «butta» la giacca
Lo stilista presenta a Milano la sua rivoluzione e promuove 3 top model Lo stilista presenta a Milano la sua rivoluzione e promuove 3 top model Versace «butta» la giacca «E stata la divisa di Tangentopoli» MILANO DAL NOSTRO INVIATO E la giacca non c'è più. «Basta con i formalismi cretini, la gente è stufa di assomigliare a "quelli delle tangenti" in blazer e cravatta. I tempi cambiano e di conseguenza anche la moda. Bisogna guardare al futuro. Due anni fa ho eliminato la cravatta, adesso lancio il giaccotto, una via di mezzo fra la giacca e il cappotto», spiega Gianni Versace mentre sulla passerella di Milano Collezioni sfilano i suoi capi indossati, oltre che dai modelli, anche da tre giovanissime nuove top americane. Sono Aya, Tricia (entrambe di 17 anni) e Lyve Tiler (14 anni, figlia del cantante Steve Tiler degli Aerosmith). «E poi sono stufo del sistema moda, di tutte queste sfilate, della velocità con cui si "triturano" gli abiti. Fra una collezione e l'altra non rimane più il tempo per riflettere. Il rischio è quello di offrire un prodotto senz'anima. Dal prossimo anno ho deciso di fare soltanto due defilé, e presentare tutto insieme. Non so ancora se a Parigi o a New York», racconta lo stilista che per le sue creazioni si ispira soprattutto ai giovani e al loro mondo in continua evoluzione: «Io dico sempre che Saint Laurent vive in una torre d'avorio, io invece sto in una torre di controllo, non voglio perdermi nulla di tutto ciò che succede». Niente pelle nera questa volta per Versace, ma soltanto qualche camicia di montone, alleggerita nel taglio e accompagnata da gilet nello stesso materiale. Dello stile grunge, presente in molte altre sgriffe, c'è poco, a parte qualche giaccone a quadri. Per lui il genere smandrappato e straccione non è una novità. «Diciamo che vestivano così i nostri boscaioli già nell'Ottocento», puntualizza. Anche l'immagine vampiresca, tanto in voga in questi giorni, non l'entusiasma («Zucchero è da un anno che si veste così»). Versace preferisce guardare al Duemila: «Non ha più importanza l'abito, ma chi c'è dentro, come lo si porta. Questo sì che è importante». Intanto i giaccotti di stampo marinaro strappano scrosci di applausi. In tessuto pesante si portano con pantalono scampanati, mentre i golf scollati a V, diventano più sexy sul nudo. La camicia invece, da sola imperversa sui pantaloni, e riproduce sui velluti le sue famose stampe. Tutto è condito da croci e catename assortito. E il colore spara, più allegro che mai. Che ci sia un cambiamento in atto è innegabile, ma ognuno lo filtra e lo mastica a modo suo. Per la collezione «Inghirami Studio» lo stilista Quirino Conti si è avvicinato a una moda decisamente spirituale («ma soltanto per motivi estetici», assicura), quella dei khassidim, gli ebrei ortodossi dell'Est europeo, ora emigrati a New York e ad Am- sterdam. «Per capirli meglio ho parlato con loro. All'inizio erano reticenti. Poi quando hanno capito il motivo di tanto interesse sono diventati disponibilissimi». E voilà ecco sulla passerella uno stuolo di ragazzi in abito grigio o nero (il nero per i khassidim è la somma di tutti i colori), con l'ombrello in mano, il tipico cappello nero a larghe tese da cui sbucano due lunghi boccoli (la pettinatura Pe'oth che li differenzia dai frati a cui è richiesta la tonsura) e lunghe sciarpe candide (i tallet). Tutto è estremamente raffinato: dalle lunghe giacche morbide, ai pantaloni ampi trattenuti in fondo da due bottoni. Una moda per pochi eletti? Forse, ma chi cerca il cappotto super classico, capo best seller il prossimo anno, può trovarlo altrove. Per esempio da Laura Biagiotti. La stilista soltanto con i paltò in baby alpaca a pelo lungo e in cachemire blu (li hanno richiesti anche Anthony Quinn e l'ambasciatore Raab) ha ricevuto una marea di ordinazioni. «Secondo me varia il modo di mescolare le cose, lo spirito. La qualità poi, fa la differenza. A volte bastano pochi accorgimenti, ma con quelli il prodotto cambia totalmente. E' questa la forza del made in Italy». L'idea dei mixage differenti tiene banco anche da Byblos che infila pesanti cardigan sui blazer dalle tinte polverose e romantiche, ma senza forzare la mano. Come dire che poi sarà l'uomo a poter scegliere. A trovare una giusta via di mezzo fra classico e innovativo, fra tinte tradizionali e colori decisi. Ma su una cosa nessuno transige, la giacca morbida, quasi un cardigan. Antonella Ama pane E per Inghirami il sarto Conti propone abiti ispirati ai costumi degli antichi ebrei UJLJJi 3 top model cca oli» che lungo e in no richiesti n e l'ambacevuto una . «Secondo mescolare le alità poi, fa te bastano ma con mbia totala forza del a dei mixaanco anche pesanti care tinte pol, ma senza me dire che ter sceglieusta via di innovativo, e colori desa nessuno morbida, Un poncho stile khassidim presentato da Inghirami Ecco il «giaccotto» di Versace: una «sintesi» tra giacca e cappotto Un poncho stile khassidim presentato da Inghirami Ecco il «giaccotto» di Versace: una «sintesi» tra giacca e cappotto
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