Quei gelidi ordini per tanti signorsì
Quei gelidi ordini per tanti signorsì TRA LE 123 PAGINE Quei gelidi ordini per tanti signorsì NON un fremito, non un palpito, non un sospiro. Forse neanche un respiro, ma forse è meglio così, dal momento che un'autorizzazione a procedere non è un romanzo. E' una carta ufficiale che appiattisce tutto, ambizioni, potere, arroganza, diversità, come una pialla. E quasi non si fa caso al particolare che un'impiegata amministrativa del psi lombardo di cognome fa «Prigione»; si tira via di fronte al pallido, inconsapevole spunto poetico di Zaffra («Ricordo che ne parlai con Craxi all'inizio del 1988, mi pare verso la primavera»); si passa sopra al non troppo indecifrabile lapsus del direttore del Catasto Maraffi, secondo cui Ligresti «aveva un supporto personale con l'on. Craxi». Nei confronti del quale questa carta si conclude come per chiunque altro: con formule impietosamente prevedibili e ripetitive, eppure sinistre. Ecco: «Del delitto di cui agli articoli eccetera, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo in concorso con eccetera, con le aggravanti di aver commesso il fatto allo scopo di eccetera, eccetera, eccetera». Tale ritualissimo e riepilogatissimo tormentone si prende un buon quarto dei fogli. L'ultimo: ma l'occhio è ormai stanco, difficile si riprenda tra il capo 1 e il 41. Forse anche per questo, adesso che finalmente si può, uno si legge in fretta e furia quelle fatali 123 pagine firmate (anche) Antonio Di Pietro, con una «A» particolarmente svolazzante, e d'istinto vorrebbe poter scorgere lì dentro più luce, più aria, più fuoco. Insomma, uno cerca la grandezza, a suo modo, di quel fenomeno non solo giornalistico che per dieci anni ha preso il nome di craxismo, e invece trova la miserabile ricchezza del lessico della corruzione. La «percezione», il «versamento» (di solito «in nero e per contante»), la «ricezione», poi la «provvista delle somme destinate», quindi il «trasferimento di quelle illecitamente percepite» e via con le «modalità di incremento», su un trac- Nerio Nesi ciato per lo più «extracontabile». Dietro a queste gelide paroline un'umanità che più che vivere «corrisponde e percepisce». In teoria sarebbero quasi tutti uomini politici, ma nella bizzarra prosa «magistratese» e per la verità anche nelle loro stesse testimonianze figurano come «collettori», «referenti», «destinatari» («finali» e non), «percettori», perfino «esattori». Ricorrono parole come «abboccamento». Si «abboccano» persone e si «abboccano», metaforicamente, «sistemi». Al singolare anche quest'ultimo termine piace molto, troppo. E se si esclude qualche brano del banchiere Nesi, che una sua potenza evocativa e perfino letteraria ce l'ha - quel Craxi che lo «tempesta» per fargli dare tanti miliardi a Ligresti e non avutili «s'infuria», grida «ti abbiamo dato 1' impero»; quell'Acqua vi va che lo consiglia: «Fagli questo favore, se no questo ti distrugge» - ecco, a parte Nesi davvero non è il romanzo delle tangenti. E' semmai uno studio, un documentario, un repertorio che conferma la distanza vertiginosa, quasi un baratro, che esiste tra questo potere, questo particolare ceto politico (e imprenditoriale) e il resto della società che pure non è mica tanto omogenea. E tuttavia qui si sente un'altra vita, un'altra lingua, un'altra logica («Larini - dice per esempio Prada - era persona conosciuta come personale amico di Bettino Craxi e quindi godeva di un personale prestigio .he ne faceva una persona affidabile»). Altri usi, dunque, altri costumi in quella tribù. Una sorta di cosmogonia fissata dalla vicinanza al capo, un sistema solare per cui chi era più vicino si riscaldava di più: Larini che a piazza Duomo non faceva la fila, Dini che si «era ritagliato un proprio spazio» fino a diventare «frequentatore della villa di Hammamet». Detto quasi con invidia, postuma. Mentre sale il lamento del peone craxiano, Radaelli: «Io non ero ammesso nella cerchia... Io in molti anni sono stato ricevuto solo una volta da Craxi, per cinque minuti». Filippo Cec carelli eMi | Nerio Nesi
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