DIARIO AMERICANO di Furio Colombo

Con il Golfo in tv ritorno al futuro DIARIO AMERICANO Con il Golfo in tv ritorno al futuro ENTRE scrivo la guerra (o l'azione di guerra) è ancora senza immagini. Sappiamo dalla esperienza che saranno immagini astratte, che ci faranno vedere quasi solo ciò che si vede dal monitor di quelle macchine ad alta tecnologia che sono gli aerei militari. Per ora la guerra sono solo parole, un tamburo di parole che si ripetono nelle reti tv, che interrompono continuamente i programmi. Queste parole non fanno che ricapitolare cercando di. rispondere alla domanda della gente: perché adesso? Lo sforzo di chiarire non fa che mettere in luce due fatti che hanno dell'incredibile. Il primo è che mai nessun «nemico» ha compiuto tanti sforzi, con più ossessiva ostinazione, per farsi considerare davvero «nemico». Se in questo momento l'opinione pubblica meno interventista del mondo, che a tutto vorrebbe pensare (cominciando dai posti di lavoro) piuttosto che rivivere una guerra di cui si stava perdendo il ricordo, è certamente in favore di una «punizione», questo si deve alla campagna condotta contro se stesso da Saddam Hussein in modo quasi inspiegabile. Tutti sentono, mi pare, il fastidio di eventi già visti, di un passato che torna. Lo sente la gente, nelle conversazioni per la strada. Lo sentono gli speaker e i lettori delle notizie. Lo sentono i conduttori dei telegiornali straordinari, che ad ogni collegamento dicono: «Come l'altra volta, cercheremo di intervistare l'ambasciatore iracheno... Come l'altra volta ci colleghiamo col Pentagono... Come l'altra volta ci dicono dalla Casa Bianca... Come ricorderete, questa smentita non significa che...». Lo sentono gli «esperti» intervistati, che offrono sempre una frase iniziale di riferimento al passato come dire, «perdonatemi se mi ripeto». Ma accanto all'esperienza di far passare due volte, sullo schermo e nella vita, lo stes^^o^rammento di storia, c'è l'altro incredibile evento: mai, prima d'ora, un Presidente sul punto di lasciare il suo posto si era impegnato in un episodio di guerra. Già la parola che sto usando, «episodio» esprime una speranza: che tutto sia contenuto in poche ore o pochi giorni. Resta il fatto che, fatalmente, la conclusione è ignota. Un solo aereo abbattuto, un solo pilota prigioniero possono cambiare la storia, forse esattamente nel modo in cui il dittatore iracheno desiderava. Resta il fatto che Bush sta allungando la sua presenza nel futuro americano, dentro l'era di Clinton. E questo, senza dubbio, è un evento nuovo e disorientante. Infatti molti vorranno discutere se la sequenza dei tempi sia effettivamente quella a cui stiamo assistendo, se si tratti di una scelta o di una necessità assoluta, imposta da qualche cosa che non sappiamo. I commentatori e i conduttori, affacciati alle finestre della tv, ciascuno per brevi momenti di interruzione, mentre continuano le «soap opera» della programmazione diurna sembrano esprimere insieme alla loro professionale partecipazione all'evento un po' di stupore. Non perché il fatto è imprevisto. Ma il loro stupore rivela - mi sembra - il disappunto di constatare che qualcosa accade davvero e che non si può smettere con il gioco spiacevole di ripetere storia passata. Invece, uno dopo l'altro, come allora, si schierano sul teleschermo gli ammiragli a riposo. Fra poco vedremo prima le immagini di repertorio, poi quelle elettroniche, poi i «rapporti» al Pentagono e infine inquadrature dal vivo. E allora sapremo che, effettivamente, questo «ritorno al futuro» si sta verificando adesso. Furio Colombo ibo j Mi»

Persone citate: Bush, Clinton, Saddam Hussein