E' un Toro senza pilota
ALLE RADICI DELLA CRISI GRANATA Tifosi eccellenti e appassionati discutono il momento-no E' un Toro senza pilota «Ilproblema? La società in vendita» INDÀOINE ALLE RADICI DELLA CRISI GRANATA OPO aver fatto tredici (punti) nelle prime nove giornate di campionato, ed essere salito al secondo posto, a quattro lunghezze da Sua Maestà il Milan, il Torino si è ridotto come i gamberi. Nelle ultime sei domeniche, derby fatale compreso, sono soltanto tre i punticini racimolati dalla squadra di Mondonico. Una preoccupante involuzione che ha scosso, fino a far parlare di crisi, le fondamenta granata. Paradossale il fatto che, in piena contestazione contro la dirigenza, i giocatori reagivano vincendo alla grande. Adesso che i cori di scherno si sono affievoliti lasciando anzi spazio ai vecchi e cari incitamenti di una Maratona sempre encomiabile, il Toro, come contro il Napoli, va in barca. Difficile capire che cosa sta succedendo dalle parti del Filadelfia, se la sindrome-derby sia una malattia inguaribile o se, peggio ancora, sia la paura di un incerto domani societario a condizionare i calciatori. Il dibattito fra i costernati tifosi è aperto. Il primo contributo viene dal docente di letteratura italiana all'Università, professor Giorgio Bàrberi Squarotti: «Il Toro aveva esagerato prima, sta facendo poco adesso, come sempre la verità sta nel mezzo. La classifica è quella che rispecchia il reale valore della squadra, speriamo che la media non peggiori. Due partite le ha sbagliate Mondonico, schierando Casagrande libero, ma il tecnico non si può davvero discutere, fa il massimo in rapporto al potenziale che ha. Come tifoso mi piace meno l'assenza societaria: non c'è più un presidente, non si sa come andranno a finire le cose. Nei panni dei giocatori sarei preoccupato anch'io». Dai banchi universitari agli spalti della curva. G inetto Trabaldo, presidente del club Fedelissimi: «Il Toro paga la sfortuna del derby, la sconfitta con il Genoa a Marassi, gli infortuni di Annoni e Cois e la latitanza dal gol di Aguilera. Pri- ma la squadra non segnava molto ma almeno non subiva. Annoni, con Marchegiani e Fusi (si è visto a San Siro con il Milan in dieci contro undici), è l'insuperabile bandiera difensiva. Invece Sergio, solo due anni fa in Nazionale, sta pagando un duro pedaggio. Ma se avessimo vinto con il Napoli saremmo secondi, la classifica è corta. Per fortuna abbiamo Mondonico che tiene stretti i rapporti tra squadra e pubblico, per questo i tifosi hanno smesso di contestare. Bisogna risolvere la crisi societaria: dopo, tutto si aggiusterà. Perché Aguilera può solo crescere, Poggi, Cois e Sottil sono garanzie per il futuro». E' stato sindaco comunista, oggi è parlamentare della Rete: ecco Diego Novèlli. «Sulla crisi societaria preferisco non pronunciarmi. Non vado più allo stadio (non conosco in pratica il Delle Alpi) dal momento del cambio di gestione Gerbi-Borsano. Mi sono autopunito. Certamente domenica non mi aspettavo la sconfitta, ma si sapeva che questa squadra non era da scudetto e quindi si sarebbe dovuta barcamenare». E Nello Pacifico, esperto giornalista delle cose torinesi: «Tutta la crisi sta nel manico e investe la squadra. Se è vero che anche gli stipendi sono in forse si spiegano le difficoltà dei giocatori, sensibili a questi argomenti. I compratori del Toro hanno paura a farsi avanti, c'è il rischio di trovarsi in mano, una mela guasta. Il finale di ToroNapoli ha illuso i più, ma si trattava di un assalto disperato a un Forte Apache difeso da soli dieci uomini: un disastro». Un ex di ferro, superstite del Grande Torino, Sauro Toma: «Oggi si parla di giocatori uni- versali, io dico che ai miei tempi non si prendevano gol per errori di posizione come quello di Policano. I difensori marcavano, gli attaccanti segnavano. Certo, c'erano le ali vere, da Garrincha a Skoglund e Lorenzi, che sapevano girare in mezzo palloni da deviare solo in rete. Il Toro non ha più neppure Lentini, come possono trovare la strada del gol Aguilera e Casagrande?». Un altro ex, era il medico sociale, Roberto Campini: «Mancano sicurezza nei propri mezzi e serenità. Non credo che nessuno si fosse montato la testa per essere a -4 dal Milan, non credo che adesso ci si accontenti di rimanere in gruppo, finire secondi è sempre uno stimolo. Ho visto il Toro contro il Foggia, fisicamente i ragazzi mi sembrano a posto». Sta facendo le valigie per Palermo, dove lo attendono giorni duri nella guerra alla mafia: è Giancarlo Caselli, giudice antiterrorismo. «Io purtroppo non vedo il Toro da un po' di tempo, ma i miei figli mi dicono che la squadra sta dando il massimo. La cosa mi preoccupa, se con l'impegno sono questi i risultati cosa accadrà più avanti?». E' in fabbrica a Cuneo, vita stressante e sedentaria per l'ex mezzofondista Franco Arese: «Manca chiarezza sul futuro societario. All'inizio i lavoratori reagiscono rabbiosamente, poi come in tutte le aziende, i problemi si aggravano. I giocatori ci sono, l'allenatore è bravo, tutto dipende dalla situazione esterna». Il comico Piero Chiambretti recapita una cartolina ai tifosi e alla squadra: «Ragazzi, per ora è così ma sento che esploderemo a primavera». Franco Battolato Trabaldo, club Fedelissimi: «Paghiamo l'infortunio di Annoni e gli errori sotto porta di Aguilera». L'ex Toma: «E la cessione di un'ala come Lentini» i Il giudice Caselli (qui a fianco) per ragioni di ufficio non ha tempo di vedere il Toro, ma ascolta le relazioni dei figli: «Mi hanno detto che tutti i giocatori si impegnano al massimo. Se i risultati sono questi c'è da temere per il futuro» Cuori granata nella tormenta. Chiambrctti: «Esploderemo a primavera». Novelli (a ds): «Da quando c'è Borsano non sono più andato allo stadio» Il professor Bàrberi Squarotti: «Due partite le ha sbagliate Mondonico schierando Casagrande da libero. Ma è peggio l'incertezza sulla società»
Luoghi citati: Cuneo, Filadelfia, Lentini, Palermo, Torino
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