Lazaroni: conosco il calcio, non le macumbe
Lazaroni: conosco il calcio, non le macumbe IL PERSONAGGIO Ascesa e caduta di un tecnico: da citi del Brasile al licenziamento in una squadra di serie B Lazaroni: conosco il calcio, non le macumbe «Cecchi Goti eMatarrese invece non sanno cosa sia un pallone» L'ultima volta che abbiamo incontrato Lazaroni era, bianchissimo in volto, su un volo charter per Bari proveniente da'Birmingham. Lui, che non ama volare, costretto a 90 minuti sopra le nuvole per quello che definì «l'inutile torneo anglo-italiano». Ci disse: «A Bari esiste una maledizione, ogni giorno un infortunio. Io non ho paura dei fantasmi, non ci credo, ma adesso...». Com'era diverso dal dirompente personaggio conosciuto a Firenze. Con lui, si vivevano momenti di relax straordinari. Tennis e birra, vino buono e.bistecche. Sempre con quel sorriso contagiante, gran ballerino di samba e straboccante di ottimismo. Un «omone» senza paura, convinto che la vita fosse in discesa. E oggi? Ci è apparso come rinsecchito da questi ultimi mesi in Italia. Prosciugato dell'allegria, stanco e preoccupato. Lo avevamo già visto così un anno fa, quando, distrutto dai rapporti con i Cecchi Gori, alzò bandiera bianca. Era un pomeriggio di novembre, la squadra viola boccheggiava (come adesso) e lui parlava con i suoi giocatori in cerchio. Non ci credeva più. Un sospiro, poi disse: «Io mi allontano, voi cercate di capirci qualche cosa...». E lasciò soli i giocatori. Era la resa, qualche giorno e venne licenziato. Ma ora siamo al remake che sa di addio definitivo al calcio italiano. E così lo risentiamo nel testamento amaro di chi è stato ad un tempo il più giovane et della Nazionale brasiliana e uno dei più grandi enigmi tecnici approdati al nostro campionato. Incapace, superficiale, ostaggio di un calcio inclemente? Ecco la sua storia, raccontata mentre prepara la valigia: «Sono deluso, triste, però sento dentro di aver onorato la mia onestà. Io tengo alla dignità, per questo me ne sono andato. Per questo ho rinunciato ai sqldi. Pochi lo fareb¬ bero in Italia? Questa è una delle cose che continuo a non capire. A Bari era finita, perché trascinarsi ormai senza speranza? Ho lasciato al nuovo allenatore un'opportunità: 4 gare in casa su 5. E' stato un gesto d'amore. Io non potevo andare contro la maledizione. Non ci credo, ma a Bari da anni sta succedendo di tutto. In tre mesi ho perso Joao Paolo, Cucchi, Barone, Alessio, Terracenere, Tovalieri, Pregna, Jami; e Capoccbiano era e resta un disastro. Da non credere. Dissi che non sapevo fare macumbe, e qui ci vuole la magia». In questa sua parentesi italiana ha conosciuto prima i Cecchi Gori e poi i Matarrese. Li racconta ripescando in fondo annoinone» un pizzico di sarcasmo: «A Firenze avevo una squadra scarsissima, lo dissi appena arrivato, e nel girone di andata feci 16 punti. Mica male. Loro, i Cecchi Gori, hanno in comune una sola co£a con Matarrese: non ca¬ piscono niente di calcio. E' nor male, fanno un altro lavoro. Matarrese però è una bravissima persona...». Sotterrati i Cecchi Gori, Seba stiao racconta il suo futuro: «Mio figlio è stato appena opera to di appendicite con inizio di peritonite. Quando sarà guari to... qualche cosa farò. Per ades so gioco a tennis, poi andrò forse a sciare. Il calcio italiano? Non rimpiango questa mia scelta, qui esistono interessi clamorosi, (Ufficile incrociare brave persone. Io venivo da un altro mondo, forse più onesto. Ho visto l'altro lato della vita. Ho imparato, me ne vado». Se ne va a ricercare le antiche risate e il gusto per il samba. La sciandoci un dubbio: abbiamo conosciuto un tecnico-uomo di grande spessore, o l'ennesimo incantatore di serpenti superpa gato al circo del calcio? Alessandro Rialti
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