La Turchia si riaffaccia sulla polveriera balcanica

La Turchia si riaffaccia sulla polveriera balcanica La Turchia si riaffaccia sulla polveriera balcanica tomana nella penisola balcanica. Sono i discendenti dei profughi del 1912 dalla Bosnia, quando l'impero ottomano si stava sfaldando. E' una comunità i cui esponenti occupano posizioni di primo piano nella società. E' dunque un insieme di fattori, tra la solidarietà religiosa e la fedeltà alle origini etniche, for¬ temente sentita questa dai turchi di origine bosniaca, ad animare le iniziative politico-diplomatiche di Ankara, oltre l'innegabile bisogno di sostituire il ruolo prestigioso occupato fino a ieri in seno all'Alleanza Atlantica con un nuovo ruolo di protagonista. Che la Turchia non volesse limitarsi all'isolazionismo asettico che sembrava assegnarle la rivoluzione kemaliana era già emerso in occasione del disfacimento, due anni fa, dell'impero sovietico, con il manifesto interesse di Ankara per la sorte delle repubbliche asiatiche. Ma, come ha sottolineato di recente l'ex ministro Kamran Inam, uno stretto collaboratore Finito il compito di baluardo Nato contro i sovietici Ankara aspira a un nuovo ruolo anche in Europa Il presidente turco Turgut Ozal cerca un nuovo ruolo da protagonista negli equilibri dell'Europa sud-orientale del presidente Turgut Ozal, «noi turchi abbiamo una responsabilità morale nei confronti dei musulmani della Bosnia: è stato l'impero ottomano a portar loro la cultura e la religione che sono alla base della loro diversità e non possiamo stare a guardare senza far niente», mentre il sociologo Muzafer Tufan afferma «l'Asia è per noi ormai un passato remoto, mentre eravamo ancora nei Balcani nel 1912». Così Ankara è diventata il Paese di punta, tra quelli della Nato, a cercare di promuovere una iniziativa militare contro i serbi, sia pure sotto la bandiera dell'Onu, ma finora le Nazioni Unite sono riuscite a frenare le impazienze turche. La diplomazia di Ankara peraltro in questi ultimi giorni si è mossa a largo raggio. All'assemblea di Dakar dell'«Organizzazione per la conferenza islamica» ha partecipato in persona il presidente turco Ozal: certo è la prima volta che un capo di Stato turco ritorna a rappresentare il proprio Paese, dopo settant'anni, in una assise dell'Islam. E già si profilano nuove nubi all'orizzonte, nel momento in cui sta per venire al pettine anche il nodo del Kosovo, la repubblica che Belgrado ha di fatto annesso a quel che rimane della Federazione jugoslava. Il Kosovo ha una forte minoranza albanese e in Albania il 70 per cento della popolazione è di cultura e di religione musulmana. Nel caso di una estensione del conflitto al Kosovo, con ripercussioni in Albania, la Turchia avrebbe un motivo in più per voler giocare la parte che è convinta di rappresentare nell'Europa sudorientale. Tutto questo non significa certo che ci sia un ritorno al secolare conflitto tra Europa e impero ottomano. Al contrario, la Turchia aspira sempre più a diventare nettamente europea, ma la sua marcia verso l'Europa, se si pensa anche agli inevitabili e tradizionali contrasti con la Grecia, non sarebbe certo avvantaggiata da un coinvolgimento in una nuova «guerra balcanica». Gianfranco Roma nel io

Persone citate: Kamran Inam, Ozal, Turgut Ozal