«A Roma arriva Iacocca»

e' il favorito per la poltrona di ambasciatore americano e' il favorito per la poltrona di ambasciatore americano «A Roma arriva Incocca» II salvatore della Chrysler dovrebbe succedere a Secchia Manager da 5 miliardi l'anno, voleva sfidare Reagan WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lee Iacocca guida la corsa per la successione a Peter Secchia come nuovo ambasciatore americano in Italia. Una tradizione abbastanza rispettata vuole che a dirigere il palazzo di via Veneto a Roma sia un americano di origine italiana e, tra gli italo-americani eminenti, questa nomina è considerata una graditissima opportunità. Iacocca è certo l'italo-americano più eminente negli Usa e, dal primo gennaio di quest'anno, è disoccupato, essendo diventate effettive le sue dimissioni da presidente della Chrysler, rassegnate nel marzo scorso. Secondo indiscrezioni raccolte dal settimanale «U.S. News and World Report», il suo nome è in testa alla lista compilata dal presidente-eletto Bill Clinton per l'assegnazione della poltrona di via Veneto. Sessantotto anni, carattere brusco, un metro e 84 per quasi 90 chili, Lee Anthony Iacocca oltre che per il salvataggio della Chrysler, di cui assunse la guida nel '78, è noto al grande pubblico per l'estrema franchezza del suo linguaggio, il gusto per la polemica e un'autobiografia che divenne un grosso successo editoriale. Tanto che, negli Anni 80, si parlò di lui anche come possi- bile candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Sembrava l'uomo adatto per sfidare il quasi inattaccabile Ronald Reagan. Ma Iacocca, come ha dimostrato più volte, non è affatto un politico. Tra le fine del '91 e l'inizio del '92, George Bush lo portò con sé in Giappone assieme a un gruppo di influenti uomini d'affari americani. Nonostante la gentilezza dell'invito, Iacocca, appena ritornato, non tardò a concedere interviste per spiegare come, a suo giudizio, il viaggio del Presidente fosse stato un fallimento totale. Iacocca è considerato un campione del «Japan bashing», cioè del «dagli al giapponese», anche perché, come dirigente di un'industria automobilistica, ha dovuto personalmente pagare il prezzo della concorrenza portata dalle macchine con gli occhi a mandorla. I giapponesi ricambiano cordialmente la sua antipatia e alcuni dei maggiori dirigenti industriali del Sol Levante si dichiararono pubblicamente scandalizzati per gli alti compensi percepiti da Iacocca alla Chrysler, che, dopo essere stata da lui salvata, è peraltro riprecipitata in una crisi molto seria. Solo nel '90 Iacocca guadagnò cinque miliardi e mez- zo, più un miliardo in azioni. Le critiche rivolte a Bush in occasione del viaggio in Giappone possono mettere l'ex capo della Chrysler al riparo dall'accusa di aver finanziato una volta con 2000 dollari il presidente repubblicano, senza avere, invece, contribuito alla campagna per l'elezione di Clinton. Questo potrebbe essere il suo tallone d'Achille nella lotta per ottenere la nomina di ambasciatore a Roma, alla quale concorrerebbe anche l'uomo che venne prescelto per l'incarico da Jimmy Carter, cioè Richard Gardner. Paolo Passarmi L'italoamericano Lee Iacocca

Luoghi citati: Giappone, Italia, Roma, Stati Uniti, Usa