«Parigi attenta, noi spariamo» di Enrico Benedetto

«Parigi attenta, noi spariamo) «Parigi attenta, noi spariamo) / serbi si fanno beffe di Dumas e anche Ghali lo rimprovera FRANCIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La Francia è pronta a liberare da sola, in armi, i lager serbi. Lo giurava domenica sera Roland Dumas. Ma 24 ore dopo, la promessa ha l'amaro sapore d'una imperdonabile gaffe, smargiassa e velleitaria. Nel frattempo, infatti, la Francia scopre che i suoi duemila uomini in Bosnia mai avrebbero potuto accollarsi una simile impresa suicida con qualche tank e deboli basi logistiche. E i serbi da Ginevra, beffardi: «Attenti francesi, che noi spariamo». Da Bonn Boutros Ghali critica inoltre il frettoloso interventismo di Parigi, ammonendo che occorre «l'egida Onu». Ma non è l'unico ad essere furioso. Pierre Joxe (Difesa) silura il povero Dumas con un lapidario commento: «Quelle sono decisioni che deve prendere l'Eliseo». «I blitz bisogna farli senza darne l'annuncio» rincara la dose Simone Veil. Insomma, una débàcle. Che poi sia il ministro degli Esteri - grande tessitore diplomatico - a voler imbracciare le armi mentre Joxe con tutti i suoi generali predica il dialogo costituisce solo l'ennesimo paradosso nella «convulsa politica» (per citare «Le Monde») che Parigi sviluppa da qualche giorno sulla ex Jugoslavia. Ai dubbi e alle ironie («si lasciano uccidere il vicepremier bosniaco dai serbi, lasciandoli entrare come pivellini nei loro tank, e ora vorrebbero dare lezioni di coraggio») è comunque subentrata una vera retromarcia. Parigi annulla ogni progetto militare autonomo per sostituirlo con un ancora fumoso piano Kouchner. Il telegenico ministro dell'Azione umanitaria partirà in missione e vorrebbe farsi rilasciare i reclusi (ma, soprattutto, le prigioniere) che languiscono nei campi serbi. Nessun dettaglio su modi e tempi. Pierre Bérégovoy ribadisce intanto che la Francia non vuole agire fuori dal campo Onu e sottolinea la fiducia nelle trattative ginevrine. Per Roland Dumas, amico personale di Francois Mitterrand nonché grande timoniere diplomatico (senza défaillances, tranne il caso Abbas) è un duro colpo. Ma non si può dire che ne porti intera la responsabilità. Messa in seconda linea dall'egemonia Usa a Mogadiscio, Parigi vorrebbe rifarsi sullo scacchiere jugoslavo dove i suoi Caschi Blu - cinquemila - figurano maggioritari tra le forze Onu. E' un'esigenza condivisa da Eliseo, governo, ps ed opposizione (tranne Georges Marchais e Jean-Marie Le Pen, pacifisti già nel Golfo). Anche senza revanche, peraltro, l'emergenza jugoslava parla da sola. Diede il «la» Mitterrand stesso con il viaggio lampo a Sarajevo e da allora i francesi non mancano di sentirsi avanguardia. Ma talora lo zelo imbroglia le carte. Bernard Kouchner, popolarissimo tra i giovani, oggi costruisce la politica estera francese nell'emergenza scavalcando volentieri il Quai d'Orsay. Ma c'è chi fa ancor meglio. Il filosofo Bernard-Henri Lévy, ormai consigliere ufficioso presso l'Eliseo, ha organizzato il viaggio a Parigi del presidente bosniaco e l'incontro con Mitterrand. Forse Dumas voleva recuperare il terreno perso e i flash della ribalta. Enrico Benedetto Sarajevo sotto un diluvio di bombe mentre cresce tra la popolazione la rabbia contro l'Onu In alto due miliziani bosniaci, qui accanto il generale Panie (a sinistra) e Milosevic