Ruskin svela misteri toscani

Depero, genio e camicia nera A Londra schizzi e cimeli Ruskin svela misteri toscani mi LONDRA r 11 OSCANA, dolce ma com, plicato crocevia della storia: «Sono obbligato a I gettare soltanto un'occhiata superficiale a tutto - scriveva John Ruskin dà Firenze nel 1840 - e a non conoscere a fondo nulla». ^Accademia Italiana di Londra ricostruisce per la prima volta il legame tenace che l'eclettico critico d'arte e storico inglese coltivò con la terra di Gozzoli e Ghirlandaio, di Perugino e Filippo Lippi. Un amore pendolare e indissolubile, fatto di intensi soggiorni, incanti, ripudi, partenze e ritorni. E di studi matti e disperatissimi: lo testimoniano i 270 acquerelli, disegni, dipinti, dagherrotipi e diari autografi esposti fino al 7 febbraio. Il percorso della mostra, che si sposterà a Sheffield e a Lucca, ricalca le orme impresse da Ruskin sul suolo toscano durante i sette viaggi compiuti tra il 1840 e il 1882. Quarantadue anni di fedeltà caparbia alle scuole del Trecento e Quattrocento, nonché al romanico pisano, segnati da qualche tempestóso (ma reversibile) disamoramento, come quello per Fra Angelico. Il primo soggiorno gli fruttò la scoperta dell'arte religiosa: avvincevano Ruskin, allevato da una madre molto devota, la limpida sacralità dei soggetti e la veridicità iconografica della storia biblica, letterale in modo quasi «protestante», come nel caso degli affreschi di Benozzo Gozzoli al Campo Santo di Pisa. Fu a quell'epoca che il giovane John cominciò a radunare quelle copie contemporanee e rarità antiquarie, che impreziosiranno le sue poderose collezioni di Oxford e Sheffield. Dipingeva con l'alacrità di un novizio, schizzava rapidamente, prendeva appunti: gli urgeva salvare, talora rabbiosamente, la memoria, come quando si affrettò a immortalare Palazzo Agostini a Pisa, perché «convinto di trovarlo distrutto» al suo ritorno. Per tutta la vita polemizzò fieramente contro la «barbarie» dei restauri italiani. «Soffriva davvero per lo stato di abbandono in cui trovava l'arte», mi dice Paul Tucker, che con Jeanne Clegg ha curato il catalogo della mostra londinese. Sfilano le visioni toscane di Ruskin: il campanile e il chiostro di San Francesco a Pisa, il giardino di San Miniato a Firenze, sezioni di archi, absidi, capitelli, la facciata dell'abbazia di Fiesole, paesaggi rurali con pieve, studi di capolavori, un turbinio di immagini catturate avidamente con l'acquerello o la matita, e poi decine di dagherrotipi. E ancora, incisioni di Turner e dipinti di altri artisti della cerchia di Ruskin. Dopo il fallimento del suo primo matrimonio con Euphemia Gray (dice la leggenda che tale fu lo choc di John alla vista dei peli pubici di lei, che l'unione non fu mai consumata), eia disperatamente innamorato della pia Rose La Touche, che lo respingeva con ostinazione (morirà pazza di U a poco). Quel tormento gli aveva generato mia crisi religiosa, che lo portò a rigettale il diafano Angelico e a scoprire il più carnale Filippo Lippi. Trascorse giorni di angoscia prima di riuscire a dipingere la tomba di Ilaria Del Carretto a Lucca, con la quale identificava Rose. Si rinsaldava la sua fede in un'arte naturalistica, terrena, nella fisicità romanica contrapposta all'astratta spiritualità gotica. «Fu allora che elaborò il concetto di Etruria - ci spiega Paul Tucker - come luogo ideale dove la cristianità si innesta sui tronco della grecità: e la fede cristiana permise agli etruschi, ovvero ai toscani, di diventale grandi artisti». Maria Chiara Boitazzi John Ruskin: la Cattedrale di San Martino a Lucca, particolare della facciata (incisione conservata all'Ashmolean Museum di Oxford). La mostra prosegue a Londra fino al 7 febbraio