«Ecco tutta la verità sul dossier Contrada» di Luigi Rossi

Il direttore della Criminalpol: le accuse contro l'ex 007 erano note da anni alla polizia Il direttore della Criminalpol: le accuse contro l'ex 007 erano note da anni alla polizia «Ecco tutta la verità sul dossier Contrada» LA MAFIA 11 SERVIZI IL gilè rosso natalizio del capo della polizia è l'unico elemento di colore in questa plumbea giornata di gennaio. Vincenzo Parisi nel suo ufficio al Viminale è gentile e quasi cerimonioso, ma non gradisce l'intrusione che riesco a condurre bravamente fino alla soglia della sua segreteria dove lo incontro. Ci stringiamo la mano, ma è tutto: «Le auguro buon anno», mi dice. Altrettanto, grido a Parisi che sta sgattaiolando oltre la porta della sua stanza. Il prefetto si gira: «Sì, grazie, di auguri ne abbiamo bisogno tutti, il Paese per primo». E così mi trovo a colloquio con Luigi Rossi, vice capo della polizia, e direttore della Criminalpol: un perfetto capo degli sbirri. Infatti non lo scegliereste mai per interpretare un tale ruolo in un film. Non gigantesco, non atletico, veste in modo appropriato e anonimo, è di poche parole, ma dense. Ci sediamo in ima saletta per riunioni affollate. Io ho in mano l'anticipazione ' di Panorama che sarà oggi in edicola e di cui i giornali hanno già fornito una sintesi: l'ex capo del Sisde ed ex Alto Commissario antimafia Emanuele De Francesco in una lettera al ministro degli Interni Scalfaro del 16 maggio 1984, non soltanto difende a spada tratta Bruno Contrada («Un uomo che ha ottenuto 52 riconoscimenti tra cui un attestato di merito speciale e 14 encomi»), ma attacca pesantemente il questore di Palermo Vincenzo Immordino (quello che escluse Contrada dal famoso blitz contro gli Spatola-Inzerillo) e il suo personale capo della Mobile Impallomeni, piduista. E allora, come stanno le cose? In che guaio si è cacciato il capo della polizia? Il capo della Criminalpol dice: «Le cose stanno così: tutte le accuse che sono state tirate fuori contro Bruno Contrada e che hanno spinto i giudici di Palermo ad arrestarlo erano già tutte ben note». E' proprio questo il punto: occorreva maggior prudenza, non le pare? Le sembra una buona cosa che il capo della polizia si ponga come antagonista dei giudici di Palermo? «Né Parisi, né alcuno di noi si pone in antagonismo con i giudici. Anzi, esattamente il contrario. I giudici di Palermo devono sentirsi assolutamente sostenuti dalla polizia, sapendo che qui, semmai, si fa il tifo per loro. E il tifo per la verità». E qual è la verità? «Ecco. Questo è il punto. Noi non sappiamo che cosa abbiano in mano i giudici. Noi sappiamo però ciò che abbiamo in mano noi a proposito del caso Contrada». Quindi, voi avete in mano delle cose. «Certamente, ma cominciamo col dire: il prefetto Parisi non ha mai avuto con Contrada alcun rapporto personale. Di alcun genere. Neppure telefonico. Per Parisi il caso Contrada era e rimane semplicemente un fascicolo. Come gli altri». Lei vuol dire che tutti i funzionari del ministero sono schedati? «Schedati non è la parola giusta. Ogni dipendente della polizia ha il suo fascicolo. E si tratta di fascicoli impietosi, se non spietati. Sul conto di ciascuno c'è scritto tutto il peggio che si può raccogliere su una persona. Non appena un funzionario, un dirigente, un poliziotto, diventa oggetto di una chiacchiera, di un'accusa, di un sospetto, subito tutto quel materiale viene iscritto nel suo fascicolo e valutato. E Contrada era stato nel corso degli anni inquisito e rovesciato come un calzino». E alla fine trovato candido come un angioletto? «Tutto sta ad intendersi. Contrada lavorava nell'intelligence, nel ser- vizio segreto civile, contro la mafia, e lo faceva in un'epoca in cui i pentiti non esistevano. Come immagina che si svolgesse un lavoro del genere? Un lavoro di accurata e indiscreta raccolta di notizie all'interno della stessa Cosa Nostra?». Così come hanno sempre lavorato i poliziotti: confidenti, spie, manigoldi, prostitute... «Ecco. Non si tratta proprio di lavoretti per educande e fra educande». Beh, ma di qui a lasciar scappare Totò Riina ce ne corre... «Infatti a noi non risulta per nulla che Contrada abbia mai fatto una cosa del genere». Ma i giudici dicono di sì. «I giudici possono benissimo aver raggiunto prove che noi ignoriamo, avere fra le mani carte e testimonianze di cui noi non disponiamo. E infatti non ci siamo mai sognati di contestare il lavoro dei giudici. Quello che noi abbiamo so¬ stenuto è un altro punto e cioè questo: le accuse a Contrada erano a noi tutte quante note. Su quelle accuse abbiamo svolto da anni e per anni le più scrupolose e dettagliate indagini...». ...arrivando al risultato? «Arrivando al risultato che quelle accuse non soltanto non hanno la minima consistenza, ma provengono tutte da un giro di persone sospettabili di giochi sottili e perfidi». Un momento, signor capo della Criminalpol: su un uomo come Contrada, gravato da quei terribili sospetti, non è stato preso comunque alcun provvedimento? «Sì. E' stato preso da Parisi un provvedimento a tutela sia di Contrada che dell'istituzione. Fu preso il 31 dicembre 1985. Quel giorno Bruno Contrada cessò nelle sue funzioni di capo di gabinetto dell'Alto Commissario De-Francesco. Non appena Contrada cessò di essere il capo di gabinetto di De Francesco, Parisi lo sospese da ogni incarico operativo e lo spedì lontano dalla mafia». Segno, mi scusi, che si sentiva puzza di bruciato. «Sì. Si sentiva. Ma non era Contrada, per quel che avevamo visto e analizzato, ad emanare certamente cattivo odore». E allora perché lo avete cacciato da Palermo e chiuso in un ministero? «Perché queste sono le leggi, durissime, che regolano l'esistenza del funzionario dello Stato che lavora in polizia. Mi scusi, ma se qui al ministero avevate sul conto di Contrada un dossier tanto nutrito, perché non l'avete reso pubblico in tempo? «Perché se fosse stato fatto prima di questi ultimi eventi, la polizia si sarebbe esposta al discredito». Come spiegate qui al Viminale che il questore di Palermo per arrestare i boss dei clan Spatola, Inzerillo e G ambino, preferì tenere all'oscuro Contrada? E come spiega il fatto che Falcone, chiamato in causa come giudice, dette ragione al questore e torto a Contrada? «Al tempo. Falcone non dette davvero una patente di sospetto mafioso a Contrada: si limitò a constatare che il modo di agire di Immordino era spiegabile con l'esigenza prioritaria di evitare fughe di notizie. Quanto al famoso blitz compiuto da Immordino all'insaputa di Contrada, direi che di mezzo c'entra la \dcenda Sindona. Tenga conto che l'operazione da cui Contrada fu escluso era stata progettata e preparata fin nei minimi dettagli da Contrada stesso. Era roba sua. Tenga conto che queste cose Falcone le sapeva benissimo, tant'è che nel 1982 quel giudice volle esprimere un pubblico apprezzamento per Contrada». ElaP2 che c'entra? «C'entra la vicenda Sindona. Contrada andava sparato sui rapporti fra Sindona e Cosa Nostra e la sua inchiesta comprendeva anche il giro sindoniano. n questore Immordino, che svolse la funzione per pochi mesi, si era portato dietro Giuseppe Impallomeni il quale aveva formato una sorta di squadra mobile parallela a Palermo. E Impallomeni era nelle liste della P2, come Sindona. Lo stesso Sindona che in Sicilia aveva da poco tempo vissuto in ben protetta clandestinità». Se io avessi potuto parlare con Parisi gli avrei chiesto: ma non poteva essere più cauto e prudente nel difendere Contrada, benché fosse a conoscenza di quanto lei ora mi sta raccontando? «Io credo che il prefetto Parisi abbia detto né più e né meno di quel che doveva dire, considerato il fatto che la consistenza, o meglio la scarsa consistenza del dossier Contrada, negli ambienti della polizia era ben nota, Ci si obietta: ma i giudici potrebbero a loro volta sapere di più di voi, molto di più. E noi rispondiamo: benissimo, ben venga la verità. Noi non abbiamo una nostra versione da opporre a quella della magistratura. Noi abbiamo i risultati che consideriamo attendibili di nostre inchieste». Paolo (Suzzanti La soluzione dei giochi è rinviata a domani per mancanza di spazio «Nell'82 Falcone espresse un pubblico apprezzamento per il funzionario» «Né Parisi né alcuno di noi si pone in antagonismo con i giudici di Palermo Anzi, facciamo tifo per loro» Da sinistra Vincenzo Parisi, Contrada e, a destra, il direttore della Criminalpol Luigi Rossi [publifoto]