«Bettino chiederà il processo»

Andreotti in Tv su Tangentopoli e mafia: sono stato io a battermi contro le cosche Andreotti in Tv su Tangentopoli e mafia: sono stato io a battermi contro le cosche «Bettino chiederà il processo» «Stangare chi ha amministrato male ma la politica non va demonizzata» ROMA. «Io credo di avere pochi segreti e mi sento tranquillo. Chi è stato per quasi 50 anni in politica, quel che ha fatto lo sanno tutti, sia nel bene o nel male vien fuori. Io con la mafia non ho niente a che fare. Non solo. A differenza di quelli che fanno solo le prediche, contro la mafia ho fatto delle azioni concrete. Cose che anche gli americani conoscono bene. E a quelli, come Orlando, che amano polemizzare, vorrei dire di tirar fuori cose precise: perchè cosa vuol dire 'referente' della mafia? Non vuol dire niente». Giulio Andreotti col suo nuovo libro sotto il braccio approda nel salotto televisivo di Barbato fr Palombelli. E dopo qualche giro di piacevoli conversari (il libro che tira fuori i verbali delle interrogazioni parlamentari, la storia d'Italia che cambia ogni 20 anni, Bossi e Miglio, Di Pietro e Craxi), arriva al nocciolo duro delle ultime polemiche. Le insinuazioni del New York Times di collusione con la mafia, la replica dura dell'ex presidente del Consiglio e la «catilinaria» rivolta a un misterioso interlocutore dietro il quale molti hanno rinosciuto Leoluca Orlando, suo accusatore. Al tema più caldo. Tangentopoli, si arriva dopo. Attraverso un giudizio complessivo: coloro che hanno male amministrato «vanno stangati con durezza assoluta, ma bisogna evitare di giocare all'incriminazione prima di avere il quadro esatto della situazione». E i politici non sono il demonio. Attraverso Di Pietro: «Non lo conosco personalmente, ma ha un ruolo importante. So che ha lavorato alcuni anni a sbrogliare la matassa; non poteva trascurare o ignorare quelle vicende. E, quando vedo che uno restituisce sei miliardi, non è che se l'è sognato». Su Craxi: «Io non voterò l'autorizzazione perchè sono senatore, ma può darsi che lui stesso decida di farlo, perchè a questo punto può sembrare uno sbarramento». «Forse un errore è stato non rivalutare la quota del finanziamento pubblico dei partiti», aggiunge, ormai fuori dallo studio. E osserva: «Tornerei al contributo volontario, come all'inizio». In ottima forma, Andreotti. Disteso, forse leggermente ingrassato e meno incline all'arguzia che ai bei tempi, ma sempre distaccato, e sottilmente micidiale. Ai temi più caldi, si arriva per gradi. Diceva azioni concrete contro la mafia, senatore? «Certo. Nei sei anni che sono stato ministro degli Esteri, quel che abbiamo fatto con gli americani per creare una rete effettiva contro i narcotrafficanti che erano collegati in parte con la mafia siciliani, era una novità. Poi, come presidente del Consiglio ho eliminato quel che era una specie di quieto vivere con la mafia. Con un decreto ho cancellato quella norma che è buona in sè ma aveva delle gra¬ vissime conseguenze, la carcerazione preventiva. Al secondo grado dell'appello del maxiprocesso, un avvocato mi avvisò che in sei settimane scattava il termine della carcerazione preventiva e tutti quelli che erano stati condannati sarebero usciti. Noi facemmo un decreto legge, contro il quale si scatenò proprio l'ambiente che adesso è della Rete. Galasso scrisse un articolo sull'Ora di Palermo che aveva come sopratitolo 'il decreto salvaprocesso' - come se salvare un processo fosse un reato - E parlava di 'vendetta di Andreotti': ma perchè doveva essere una vendetta mia? Quello fu il primo atto serio che abbiamo fatto e che certo la mafia non ci per- dona. Secondo atto serio, direi quasi al limite della Costituzione, una legge per cui si possono sciogliere i consigli comunali per sospetto di mafia. Fatto il decreto, ne abbiamo sciolti 27. Quindi la mafia con me ce l'ha». Dunque l'omicidio di Lima potrebbe essere visto in questa chiave? «Questa era anche l'opinione di Falcone. E anche sull'omicidio di Falcone bisogna stare molto attenti. Andiamo a guardare quelli che in un primo tempo sono stati favorevoli a Falcone e poi sono diventati suoi grandi denigratori e suoi grandi nemici. Andiamo a guardare tutti gli atti del Consiglio Superiore della Magistratura, che sono atti pubblici. Io non polemizzo mai volentieri con Orlando, anche perchè fino a pochi anni fa era democratico cristiano e anche tutta questa connessione della mafia con la de sarebbe venuta fuori solo dopo, ma a questi vorrei dire: 'Sse hanno accuse precise e concrete da muovere, le tirino fuori"». La sua reazione al New York Times tuttavia è stata enorme. «Ho reagito a ragione, e la cosa non finisce neppure qui. Il caso è ancora aperto. A quello che so, tuttavia, qualcuno si è ispirato qui, doveva fare un pezzo e ha preso quel che c'era su un giornale, o c'è qualcuno che dà volentieri un suggerimemento e va a finire sul New York Times. Non credo che sia un fatto di valenza politica, nè del giornale come tale». Im. g. b.] «Di Pietro non poteva ignorare quelle vicende»«Leoluca Orlando non faccia prediche, muova accuse precise» Giulio Andreotti senatore a vita

Luoghi citati: Falcone, Italia, Lima, Palermo, Roma