Con i marines, a caccia dei cecchini somali

Con i marines, a caccia dei cecchini somali Fucilate anche contro un gruppo di deputati Usa. La tregua finisce non appena scende la notte Con i marines, a caccia dei cecchini somali Imboscate agli americani e ai para italiani, uccisi tre assalitori REPORTAGE MOGADISCIO CITTA' DELL'ODIO MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Forse saranno raffiche di gioia. Ed anche quelle cannonate che adesso (sono le 10 del mattino) si sentono rimbombare a meno di un chilometro, in direzione Nord, faranno parte dei festeggiamenti per il nuovo annuncio di «cessate il fuoco». Forse è per la contentezza che a Mogadiscio Sud, ai camion dei nostri soldati la gente lancia «festosi» indirizzi di saluto («cornuti», «mafiosi», ed anche «pillitteri»). Forse è per questo che spara contro i nostri blindati. Non c'è altra spiegazione. Per quale altro motivo, se no, all'indomani del nuovo, grande accordo di pace, in Somalia si continua a morire? Da Addis Abeba le radio rilanciano l'appello: «L'accordo è stato raggiunto fra i capi di 14 fazioni: a metà febbraio la conferenza di pace. E fra poche ore, partirà l'ordine di cessate il fuoco». Chissà chi sarà a darlo. Quanto a quelli che lo dovrebbero rispettare, Yussuf - l'uomo che guida la nostra scorta - ha una teoria efficace: «Se di notte tre banditi puntano il mitra e mi vogliono rapinare, io che rispondo, cessate il fuoco?». Per tutta l'altra notte, durante la battaglia che ha sconvolto i quartieri di Nord-Est, nessuno ha lanciato questo appello. Dinanzi agli ospedali auto prive di parabrezza, fari, portiere, hanno scaricato miliziani coi ventri squarciati o le gambe mozze. Verso mezzogiorno, in una zona non lontana, nei pressi dello stadio, anche due blindati italiani sono stati fatti segno ad un fuoco incrociato. Due camion della Folgore con 12 uomini sono partiti in soccorso: ne éj seguita una sparatoria che non ha avuto vittime. Succederà ancora. Anzi, l'impressione è che 1'«effetto sbarco» ora per ora continui ad attutirsi, che le bande poco alla volta stiano riprendendo il controllo della situazióne, almeno da quando il sole tramonta e i contingenti stranieri si rifugiano negli acquartieramenti. Si riprende a sparare anche di giorno nei pressi della - linea verde», e non si tratta né degli uomini del generale Aidid né di quelli del rivale Ali Mandi. Non solo, almeno. Ricompaiono bande di taglieggiatoli che a chiunque transiti chiedono di un pedaggio. Chi rifiuta, può farlo solo facendo parlare le armi. Gli americani, in fondo, vanno giù meno duro di quanto potrebbero: l'altra notte in una sparatoria nei pressi del loro quartier generale, tre somali sono rimasti uccisi. Anche i componenti di una delegazione del Congresso statunitense sono stati presi a fucilate dagli irregolari somali, mentre si avventuravano in una delle zone più calde di .Mogadiscio. I colpi sono echeggiati mentre i sette parlamentari, arrivati da Baidoa, raggiungevano lo stadio di calcio, lungo la linea verde, che ospita 1.500 marines. Dopo un incontro con gli ufficiali, la delegazione ha lasciato lo stadio a bordo di un un mezzo blindato, con la protezione di una nutrita scorta militare. Sempre a Baidoa i marines hanno scoperto, stipati in un bunker, oltre mille tra mitra e fucili. Ma l'impegno non durerà ancora a lungo. Pensare alla scena della partenza dei «marines» significa sentir crescere nell'immaginazione una colonna sono¬ ra agghiacciante. Pensate al rumore di un Paese che fa scattare assieme le sicure dei Kalashnikov. Succederà davvero? Se così fosse il confine fra «operazione umanitaria» e metamorfosi di questo Paese in uno sterminato Libano, finirebbe per scomparire. Probabilmente, tutto dipende dalle decisioni delle prossime settimane. Quel che appare ormai certo è che la «Restore Hope», ammesso che sia servita a ridare speranza non è riuscita a ricostruire fra i somali né una parvenza di ordine né una vernice di sicurezza. Per questo, è chiaro, occorrono tempi lunghi: ma allora che senso ha lanciarsi in un'operazione così fantasmagorica per poi voler piantare tutto quando le cose cominciano a farsi difficili? Il nostro contingente, dopo un ritiro americano, potrebbe ritrovarsi, per ragioni un po' storiche e un po' numeriche, ad assumere il ruolo di forza-guida in que¬ sta lotta di deterioramento. «Io continuo a sperare nell'intelligenza e nel paziente lavoro della diplomazia», dice l'ambasciatore Augelli. Intanto ai nostri soldati non resta che andare avanti guardandosi ogni tanto alle spalle, come chi ha paura di esser lasciato solo. Non avremo grandi virtù guerresche, ma le stiamo provando tutte. Adesso, lanciamo anche volantini. Non si sa a chi sia venuta l'idea: certo è che da ieri i nostri camion lasciano sul loro percorso volantini rivolti ai fratelli somali: «Siamo qui per aiutarvi e non per influenzare le vostre idee religiose e politiche. Vi ringraziamo per la vostra antica e sicura ospitalità. Ricominciamo a camminare insieme verso la pace e il benessere, la Somalia è da sempre la seconda Patria per molti italiani». Speriamo che banditi e miliziani ci credano. QJUMJPJM Ite Mia Carristi americani a guardia di un edifìcio nel centro di Mogadiscio itoto epa]

Persone citate: Aidid, Augelli, Yussuf

Luoghi citati: Addis Abeba, Libano, Mogadiscio, Somalia