1945, Mussolini offre la resa tramite il Papa

1945, Mussolini offre la resa tramite il Papa Dai documenti vaticani, l'ultimo disperato tentativo del Duce. Un messaggio per gli Alleati 1945, Mussolini offre la resa tramite il Papa Ma Pio XII sapeva che la proposta era ormai inaccettabile Y\ \ CITTA' DEL VATICANO Il ENITO Mussolini nel K marzo del 1945 cercò, Il senza ottenerlo, l'ap- M~J poggio del Vaticano per trattare direttamente con gli Alleati la resa della Repubblica di Salò. Prima però il Duce aveva tentato, senza esito, contatti diretti con gli inglesi, come ha rivelato il settimanale Gente, che pubblica a puntate il memoriale dell'attendente del Duce. E' questo il retroterra per capire come mai Mussolini abbia poi pensato al Vaticano. Una risposta sui rapporti con la Santa Sede va cercata in una lettura più attenta, alla nuova luce del rifiuto inglese, dei documenti pubblicati dal Vaticano negli Anni Sessanta e relativi alla politica della Santa Sede durante il conflitto mondiale: quelle pagine permettono di chiarire molto meglio l'atteggiamento di Pio XII in merito alla vicenda degli abbocca- menti. Gli Atti e documenti della Santa Sede relativi alla Seconda Guerra mondiale opera in 12 volumi - evidenziano il ruolo di mediatore prima rifiutato e poi prudentemente assunto da Pio XII: che ora si capisce molto meglio, dopo le rivelazioni sugli incontri di Mussolini nel settembre e nel dicembre 1944 con esponenti britannici. Il contatto tra Vaticano e la Repubblica di Salò avvenne attraverso un colloquio tra Vittorio Mussolini, figlio del dittatore, e il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano e fondamentale mediatore tra nazifascisti e Palazzi vaticani prima e poi tra nazifascisti e partigiani. Il primo colloquio tra i due risale al 5 marzo 1945; otto giorni dopo in un secondo col¬ loquio Vittorio Mussolini tornò dall'arcivescovo di Milano con una serie di condizioni per la resa: la vita salva e l'impunità di quanti «mantenendo fede ai patti liberamente scelti avevano combattuto con onore contro il nemico»; sarebbero stati da perseguire, così si legge nella stesura di pugno del Duce, solo i colpevoli «di reati infamanti». Dal cardinale Schuster il promemoria passò sulla scrivania del Nunzio Apostolico a Berna il quale prima di farlo pervenire in Vaticano aggiunse una sua nota: i gerarchi «o ignorano o pretendono di ignorare che la fine si avvicina rapidamente» e presentano proposte «che non hanno possibilità di essere prese in considerazione». Dal 26 marzo 1945, data dall'arrivo del memoriale in Segreteria di Stato, la diplomazia vaticana soppesò la situazione: Papa Pacelli era però convinto che non fosse possibile indurre gli Alleati ad accettare la resa e dal canto suo era intimamente persuaso dell'ormai prossima fine del regime. Così dopo aver valutato la richiesta insieme al segretario di Stato cardinale Tardini, alla fine si decise di non rivolgersi agli Alleati. Ma Pio XII pochi giorni dopo mutò opinione e scelse come interlocutore per un approccio Myron Taylor, inviato personale del presidente Roosevelt. L'iniziativa del Papa a quanto pare avvenne senza che i diretti collaboratori ne fossero informati preventivamente; e si tradusse in un accenno al contenuto del promemoria arrivato da Salò attraverso Milano e Berna. Taylor chiese copia del documento e a poche ore di distanza fece conoscere la risposta di Washington: «Non era possibile alcuna trattativa per le note ragioni»; le richieste del Duce venivano considerate troppo gravose da far rispettare per gli Alleati. La rilettura dei documenti relativi all'ultima fase del conflitto, che viene periodicamente riproposta grazie a memoriali e testimonianze dei protagonisti di allora ancora in vita, dimostra l'alto e ancora vivo interesse per le vicende storiche di un'epoca la cui interpretazione è controversa. Il ruolo del Vaticano in particolare suscita curiosità: l'anno scorso riemerse con forza il problema delle «protezioni» che sarebbero state accordate dalla Santa Sede ai gerarchi nazisti; scese in campo il padre Robert Graham, notissimo storico gesuita, per ribadire che Pio XII non fu mai un «protettore» dei nazisti. La storiografia che vuole i collaboratori del Papa tra gli informatori degli americani, e quindi entrambi protettori dei gerarchi, venne da lui definita «vecchia e screditata». Mussolini comunque - per tornare alla nostra ricostruzione - non si fermò negli sforzi di un accordo alle spalle di Hitler: i contatti con esponenti della Resistenza attraverso il cardinale Schuster nell'aprile 1945 sono ben noti grazie ai resoconti fatti dagli stessi partecipanti partigiani come Sandro Pertini, Riccardo Lombardi, Leo Valiani. Che la Chiesa, per quanto neutrale, fosse consapevole ormai della inarrestabile fine del regime di Salò emerge anche dalla lettura dei documenti dei vescovi: dalla primavera del 1944 furono più audaci nel denunciare le atrocità del regime chiedendo la tutela della popolazione civile. Segno che qualche direttiva era stata impartita. Sandro Berrettoni Ci aveva provato in marzo dopo gli incontri falliti con gli inglesi. In aprile l'ovvio «no» di Roosevelt Benito Mussolini. Era disposto ad arrendersi, ma voleva salva la vita per sé e per i gerarchi, ad eccezione di quanti fossero colpevoli di «reati infamanti»