Il difensore di R. I.

Il difensore Il difensore «E un arbitrio a fini politici» MILANO. E' un'aggressione politica, si abusa delle vicende giudiziarie per fini diversi dalla giustizia, Craxi viene coinvolto dai magistrati arbitrariarmente, la responsabilità politica è cosa diversa dalla responsabilità penale: così la difesa del segretario socialista all'indomani della seconda «informazione di garanzia» con cui i magistrati lo avvertono che stanno indagando su di lui per altri episodi di tangenti. Una prima replica arriva attraverso una dichiarazione dell'avvocato Enzo Lo Giudice, affidata alle agenzie: «Sono state pubblicate ancora una volta molte notizie imprecise destinate solo ad alimentare la speculazione politica. Debbo ribadire nel modo più netto e radicale che l'on. Craxi viene chiamato in causa in modo del tutto arbitrario. La sua estraneità ai fatti citati non è formale, ma sostanziale e totale, né possono esserci argomentazioni e costruzioni logiche capaci di dimostrare il contrario. Si ripete purtroppo, e questa volta moltiplicato per mille, data la notorietà della persona, il fenomeno degenerativo che trasforma un istituto di garanzia nato a difesa del cittadino in una sorta di sentenza preconcetta di condanna e, nel caso specifico, in uno strumento di aggressione e di lotta politica». Più articolata la difesa dello stesso avvocato in un'intervista all'Avariti!. «L'essenza del problema è l'equivoco di una questione politica affidata alla soluzione dei giudici, che ha effetti destabilizzanti ed anche confusionari», afferma l'avvocato Lo Giudice riferendosi all'ammissione di responsabilità politica dei fatti amministrativi che coinvolgono il psi fatta da Craxi: «Un atto di grande serietà democratica e dignità, che non può essere travisato in responsabilità penale. E' una responsabilità politica che non può essere tratta a giudizio». Qui s'innesta anche il problema del formarsi, nei periodi di crisi, di un diritto penale giurisprudenziale, «un diritto che nasce dalla modificazione pragmatica ed interpretativa del diritto positivo: ma storicamente tale prassi ha contribuito all'instaurazione di involuzioni autoritarie». Critiche specifiche sono rivolte ai «metodi repressivi» usati dai giudici sugli inquisii (la libertà solo dopo la confessione), all'uso strumentale dell'informazione di garanzia e delle violazioni del segreto istruttorio. «Alla cosiddetta lotta politica - dice il legale - sono sufficienti frammenti di atti processuali, sfuggiti alla obbligatoria riservatezza, per organizzare campagne di aggressione e sentenze di condanna preconcette». E da tutto ciò «sta derivando una incestuosa commistione di poteri, lontana mille miglia dalla civiltà giuridica». Sotto accusa anche i mass media: «E' stata creata - afferma Lo Giudice - la pericolosissima condizione nella quale si rende possibile che la cronaca giudiziaria possa essere usata come strumento di potere, nel tentativo di condizionare ed imporre soluzioni ed inquinare la libertà dialettica politica». Con la conseguenza che «la pressione della pubblica opinione pesi sull'esito del processo, fornendo giustificazione anticipata a condanne ormai pretese». Il legale auspica quindi il recupero «della sede giudiziaria come unica ed esclusiva dell'oggetto dell'incolpazione», e conclude riassumendo i motivi della sua protesta: «Se si rende più repressiva la repressione, aggiungendovi una sorta di legittimazione con il consenso sociale; se si rende vergognosa la colpa, ancor prima dell'accertamento, pubblicandola; se le condizioni della denigrazione possono essere pietrificate per farle danzare al suono di una musica complice, allora si otterrà un obiettivo politico e non la giustizia del caso». [r. i.]

Persone citate: Craxi, Enzo Lo Giudice, Lo Giudice

Luoghi citati: Milano