«Contro Craxi ci sono fatti non teoremi» di Fabio Poletti

E' polemica fra magistrati e legali per il secondo avviso di garanzia al segretario del psi E' polemica fra magistrati e legali per il secondo avviso di garanzia al segretario del psi «Contro Cuori ci sono fatti, non teoremi» Borrelli: facciamo il nostro dovere MILANO. «Ci attribuiscono obiettivi politici? Cosa posso rispondere? Che c'è il vizio della dietrologia». Francesco Saverio Borrelli, procuratore capo di Tangentopoli, risponde ancora una volta agli attacchi di chi accusa i magistrati milanesi di «fare politica» con i mandati di cattura e le informazioni di garanzia. A scatenare l'ultima bagarre la pagina, poche righe appena, inviata al segretario nazionale del psi. Per Bettino Craxi è il secondo avviso di garanzia per l'inchiesta «Mani pulite». «C'è un teorema volto alla sua eliminazione politica», tuona il legale del segretario. «Figurarsi», risponde il pm Gherardo Colombo, uno dei magistrati di Tangentopoli. Non vuole dire altro. Parla per tutti, e a lungo, il procuratore capo. Dice Borrelli: «Queste attribuzioni di finalità politiche ai magistrati sono fratto di una distorsione culturale, purtroppo assai diffusa nel nostro Paese, in grazia della quale nessuno sembra più disposto a credere che altri compiono il proprio dovere esclusivamente in ossequio al proprio dovere istituzionale e in conformità alla propria coscienza professionale. Detto in tre parole è il vizio della dietrologia. Tutto ciò è irritante». Ma c'è solo Craxi nel mirino dei magistrati di «Mani pulite»? Perché non sono stati coinvolti anche altri segretari di partiti, travolti dalle mazzette? Borrelli risponde, ma non vuole anticipare nulla. Dice: «Sul merito, per ora, non dico niente. Quando sarà inviata l'autorizzazione a procedere verrà dimostrato che il nostro non è un teorema astratto, ma lo sviluppo di argomentazioni basate su fatti e dati specifici collegati tra loro in modo logico e non astratto». E lei, dottor Di Pietro, non replica? Antonio Di Pietro, in toga, fa «no, no» con la mano e se ne va. Bocca cucita anche per Piprcamillo Davigo. In un uffi¬ cio al sesto piano, davanti al computer, Davigo dà gli ultimi ritocchi alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, da inviare alla Camera entro il 12 gennaio. Ottanta pagine, forse di più, e una montagna di interrogatori allegati. Praticamente la storia delle mazzette al psi finite in Via del Corso, di cui hanno parlato molti imputati o testimoni. Brani di alcune deposizioni sono stati anticipati dal settimanale «L'Espresso». L'ex deputato psi Nevol Querci, sentito dai magistrati il 14 dicembre, ha raccontato di aver versato circa 12 miliardi al segretario amministrativo del partito Vincenzo Balzamo, morto d'infarto il 2 novembre scorso. A pagare Querci, in qualità di ex commissario Inadel, alcuni gruppi di costruttori: Bonifaci, Ligresti. Franco Edoardo e Leonardo Caltagirone. Sapeva Craxi di quei versamenti? Risponde Querci: «Balzamo non poteva non mettere a conoscenza il responsabile politico dell'entità e provenienza dei finanziamenti. Ritengo che Craxi ne sia a conoscenza. Lo ha anche ammesso in sede parlamentare, dimostrando una chiarezza e un coraggio che altri non hanno avuto». E, sul ruolo di Balzamo, aggiunge: «Il segretario amministrativo svolge anche attività di cassiere rispondendo del suo operato alla direzione del partito. Viene formalmente nominato dalla direzione su indicazione del segretario politico, che nella fattispecie è stato l'on. Craxi». Va anche oltre Nevol Querci, e spiega la gestione «politica» degli enti pubblici. Dice: «Nei posti-chiave di determinati enti vengono messe delle persone in cui il partito ha fiducia, anche perché in grado di farsi carico di far pervenire contributi al partito stesso». Della gestione finanziaria del garofano ha parlato ai magistrati pure Loris Zaffra. L'ex segretario regionale del partito, secondo le anticipazioni de «L'Espresso», ha descritto la pluralità di referenti politici all'interno del psi lombardo, ognuno dei quali aveva «una sua propria chiesa». Dice Zaffra: «Ciascuno aveva le sue spese e le sue entrate, mentre al psi le entrate ufficiali non erano sufficienti per far fronte alle spese». Sergio Radaelli, uno dei grandi cassieri occulti del garofano, ha spiegato il meccanismo di lottizzazione delle nomine ai vertici della Metropolitana Milanese, uno dei grandi filoni dell'inchiesta «Mani pulite». Dice Radaelli ai magistrati il 30 dicembre: «L'indicazione del nome del presidente Claudio Dini venne cooptata direttamente da Bettino Craxi, e l'indicazione del referente del psi tra sistema delle imprese e sistema dei partiti, nella persona di Silvano Larini, venne pure fatta dall'onorevole Bettino Craxi». In cambio Larini, oggi latitante, per 7 anni venne messo ai vertici di Lombardia Risorse. E per questo, nel '90, ringraziò Craxi con una lunga lettera, ora agli atti. Fabio Poletti «Attribuirci finalità politiche significa fare dietrologia. Dimostreremo che la nostra indagine non è un'astrazione» Il procuratore capo di Tangentopoli Francesco Saverio Borrelli

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