«E' stato l'ultimo bluff di Saddam » di Paolo Passarini

« Resta l'allerta nel Golfo Persico dopo il ritiro dei missili iracheni « V stato l'ultimo bluff di Saddam » Bush: alla prossima violazione, nessun ultimatum WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Allarme rientrato, almeno per il momento. George Bush, nella tarda mattinata di ieri, ha deciso che, come spesso è successo, Saddam Hussein ha finito anche questa volta per piegare la testa all'ultimo minuto, pur continuando a lanciare messaggi minacciosi. I missili sono stati ritirati. «Tutto indica che l'Iraq sta accedendo alle richieste avanzate dalla coalizione nell'ultimatum del 6 gennaio», ha annunciato una dichiarazione ufficiale della Casa Bianca, letta dopo mezzogiorno dal portavoce Marlin Fitzwater. Ma le cose non tornano esattamente al punto di prima, poiché Fitzwater ha ammonito che, mentre continuerà la sorveglianza di ogni attività militare irachena, «nessun nuovo avvertimento verrà lanciato se l'Iraq violerà di nuovo le condizioni dell'ultimatum». Gli Stati Uniti si riservano, da questo momento in poi, il diritto di scatenare un'azione punitiva senza preavviso. La situazione è rimasta molto incerta fino all'ultimo minuto. Nella sera di venerdì, a un pugno di minuti dalla scadenza dell'ultimatum, quando in Italia era già passata l'una di notte e Bush aveva riunito nello studio ovale i consiglieri più stretti, Fitzwater, con una dichiarazione piuttosto significativa, aveva riconosciuto che «c'è un gran movimento sotto il 32° parallelo, anche se non siamo ancora in grado di stabilire se i missili siano stati spostati dove è necessario che vadano». Già dal giorno prima, in modo intermittente, il Pentagono aveva segnalato movimenti in corso. Ma non era chiaro se si trattava dei movimenti giusti, se il ritiro dei missili era completo o se) addirittura, la loro ridislocazione, parziale o totale, non facesse parte di un tentativo di metterli semplicemente più al sicuro da eventuali rappresaglie. Tanto è vero che, nonostante la dichiarazione di Fitzwater, rilasciata alle 5 e un quarto del pomeriggio ora americana e quindi perfettamente a portata dei giornali, il Washington Post, ieri mattina, ha pubblicato una storia piuttosto preoccupante. Secondo informazioni raccolte dal quotidiano della capitale, i missili antiaerei Sam 2 e Sam 3 iracheni erano stati chiaramente collocati in posizione di «cesto assassino», vale a dire di trappola, per poter attuare velocemente una rappresaglia qualora l'aviazione americana aves- se colpito un altro aereo con le insegne dell'Iraq. Nessuno si aspettava, comunque, che, anche nel caso le forze della coalizione avessero constatato un inadempimento di Saddam anche dopo la scadenza dell'ultimatum, l'azione punitiva sarebbe scattata immediatamente. Ma l'andamento, nella notte, dell'ormai proverbiale «barometro della pizza» ha segnalato che la tensione era ancora inferiore a quanto questa previsione facesse immaginare. E' stato infatti constatato che, quando una crisi è davvero grave, i produttori di pizze a domicilio della catena Domino's devono fronteggiare un forte incremento di ordini da parte dei palazzi che contano. Nella notte tra venerdì e sabato, invece, il Domino's collocato nell'area del Pentagono ha ricevuto solo 15 ordinativi dall'interno del palazzo, contro i circa 120 della notte che precedette, due anni fa, l'avvio dell'operazione Desert Storni. I giornali di ieri mattina sono comunque usciti segnalando il permanere di una situazione di «dito sul grilletto». D'altra parte, tutti i dispacci provenienti da Baghdad non incoraggiavano a mettere la sicura. Mentre l'ammiraglio Phil Coac^Yi capo della flotta americana nel Golfo Persico, segnalava, da bordo della portaerei «Kitty Hawk» che gli iracheni, se non altro, avevano già parzialmente onorato l'ultimatum sospendendo i voli sulla zona interdetta a Sud del 32° parallelo, la stampa di Baghdad grondava di dichiarazioni feroci. Il ministro degli Esteri Mohammed Saeed alSahaf aveva denunciato all'agenzia di stato Ina «le umilianti richieste dell'Occidente». Sul quotidiano del governo, alJumhouriya, il portavoce ufficiale di Saddam Hussein, Abduljabbar Muhsen, aveva espresso l'opinione secondo cui, «se vogliamo sopravvivere, non abbiamo altra alternativa che resistere e sfidare». E un titolone di Babel, il giornale diretto dal figlio di Saddam, Uday, ricordava che «anche se la morte fosse inevitabile, sarebbe una disgrazia essere codardi». Nel frattempo, lo stesso Sahaf insisteva nel difendere la proibizione di atterrare lanciata agli aerei delle Nazioni Unite, che aveva, provocato, poche ore prima, un comunicato di «protesta e condanna» da parte del Consiglio di Sicurezza. «E' irragionevole e anche inumano - ha sostenuto Sahaf - che gli aerei dell'Onu possano venire qui, mentre la nostra aviazione civile è costretta a terra da anni. Che l'Onu usi la nostra linea nazionale per venire in Iraq». Letta attentamente, però, la dichiarazione di Muhsen rivendicava il diritto dell'Iraq di scegliersi da solo «il momento della lotta». E questo poteva essere facilmente interpretato come il solito «non ora». Non ora, quindi. Ma la situazione resta precaria e l'Iraq, diviso di fatto in tre, è ancora «un paria tra le nazioni», come ha detto Fitzwater. Fino a che sarà così, qualcosa può sempre succedere. Paolo Passarini Lunghe ore di incertezza Poi la conferma dei piloti americani «Le rampe sono state spostate» Caccia imbarcati' sulla portaerei «Kitty Hawk» ammiraglia della flotta Usa nel Golfo A fianco un briefing di piloti [FOTO AP]