Dai club un diluvio di no di Fabio Vergnano

Pai club un diluvio di no Pai club un diluvio di no «Chi dà spettacolo va pagato bene» Salary cap? No grazie. Il mondo del calcio indietreggia compatto di fronte alla prospettiva di porre un freno ai salari dei giocatori. Chi vede nel tetto dei premi e degli ingaggi una miracolosa medicina per curare i mali dello sport più amato dagli italiani e magari anche un'abile strategia per frenare lo strapotere milanista, si sbaglia. Le controindicazioni sono più numerose dei benefìci. Quindi punto e a capo. Ognuno continuerà a regolarsi come meglio crede, tanto l'azienda calcio non conosce il significato della parola crisi e pare poco sensibile ai problemi di un Paese sempre sull'orlo del baratro. Cosa pretendiamo se il primo messaggio infarcito di scetticismo arriva dal presidente della Lega, avvocato Nizzola. Poche parole, concetti chiari, manciate di scetticismo: «Il salary cap porterebbe al trionfo del denaro 'in nero'. Senza contare che i presidenti che hanno attività diverse, potrebbero far guadagnare i giocatori seguendo altre strade. Il bello è che nel calcio il tetto dei salari esiste. La norma prevede che non oltre il settantacinque per cento degli introiti globali di una società debba essere destinato a stipendi, ingaggi e premi. Ma si tratta di una regola senza sanzioni per chi non la rispetta». E proprio a questa calpestatissima regola fa riferimento Moggi, direttore generale del Torino: «Il calciò ha poco da imparare o da importare da altri sport. Noi siamo stati i precursori, noi un,tetto l'abbiamo fissato da tempo». Già, peccato che le scappatoie per aggirare il provvedimento non manchino. Moggi allarga le braccia: «Se poi il tetto in questione è crolla¬ to non è colpa di chi ha lavorato per costruirlo». Mentre il dg granata si chiama fuori, Braida, direttore sportivo del Milan, non perde di vista la filosofia berlusconiana: «In un regime di libera concorrenza è difficile porre certi limiti. Sarebbe come costruire una Ferrari che non superi i 120 all'ora». E' proprio il Milan a finire sul banco degli imputati, ma Braida non ci sta: «Non ci sentiamo più colpevoli di altri. Berlusconi non strapaga i giocatori, è soltanto più generoso nei premi. Faccio un esempio. Nell'86 Rossi percepiva dal Milan di Farina un ingaggio stratosferico, con cifre simili a quelle attuali». Anche la Juventus si dissocia. Piazza Crimea fa sapere che «si tratta di un provvedimento difficile da realizzare ed ipocrita nella sostanza». Per contro la Juve annuncia che non è vero che con la logica del tetto delle spese in proporzione agli incassi si farebbe ancora una volta il gioco del Milan. «Perché in trasferta incassiamo più noi del Milan» ribattono i dirigenti bianconeri pensando con orgoglio alle loro percentuali. Insomma, la porta resta implacabilmente chiusa. Un «no» arriva anche da Parma. Il dg Pastorello è implacabile: «Con la norma del tetto delle spese proporzionato agli ingaggi non si farebbe che aumentare ancora il gap tra noi e il Milan. No, il segreto come sempre sta in una una gestione oculata. Esistono delle regole, c'è un ente, la Covisoc, che dovrebbe farle rispettare. Detto questo sono il primo ad ammettere che è quasi impossibile ohbligare un presidente a rivedere i propri programmi, a rinunciare alle pro¬ prie ambizioni. Il calciatore è come un attore, offre spettacolo ed è conteso da tante società. E' normale che alla fine la spunti chi può permettersi di pagare di più». Boschi, amministratore delegato dell'Inter, nega persino l'evidenza: «Conosco bene la realtà dello sport americano, non credo che quelli del football abbiano deciso di porre dei limiti ai salari. Comunque sia, da noi certi provvedimenti non avranno successo. La parità economica è nemica della meritocrazia, quindi non può essere applicata nel calcio. Cosa si dovrebbe fare allora, un tetto economico ruolo per ruolo? Tanto per un attaccante, qualcosa di meno per un difensore? Mi sembra tutto molto aleatorio, tutto privo di senso». Fabio Vergnano

Persone citate: Berlusconi, Braida, Farina, Moggi, Nizzola, Pastorello

Luoghi citati: Parma