Un tetto dei salari per il calcio? A guadagnarci sarebbe il Milan

Si guarda ai modelli americani per frenare il dominio del Diavolo, ma si rischia di fare il gioco dei rossoneri Si guarda ai modelli americani per frenare il dominio del Diavolo, ma si rischia di fare il gioco dei rossoneri Un tetto dei salari per il calcio? A guadagnarci sarebbe il Milan IN attesa di un altro turno di campionato, cioè di un probabile incremento dello strapotere in classifica del Milan, si parla intensamente dei mezzi per evitare o indebolire la dittatura rossonera. Persino facile da tradurre, il binomio inglese salary cap, tetto del salario, o se preferite emolumento massimo, viene proposto da alcuni come l'unica possibile difesa del nostro calcio dai berlusconismi, originali o di imitazione, nonché da se stesso. O quanto meno contro la possibilità di avere a libro paga troppi forti giocatori. Ne abbiamo già scritto, ne riscriveremo di certo. L'idea che si debba stabilire un tetto delle paghe, dei premi, dei guadagni insomma, è seducente ed intrigante almeno quanto l'idea che nel Bel Paese sia impossibile realizzare quest'impresa, riuscita peraltro negli Stati Uniti, dai quali abbiamo l'abitudine di copiare molte cosey Proprio da là arriva la notizia che il football americano lascia finalmente ai giocatori libertà di tesseramento, in cambio dell'accettazione di un serio salary cap: questo mentre da noi l'unica azione di riduzione dei guadagni sembra per ora essere la proposta di «mutilazione» giunta da ambienti della pallavolo, preoccupati dell'escalation dei costi. In effetti, l'esame delle cose impossibili da attuare nel nostro calcio è più rapido e sbrigativo dell'esame delle cose possibili. Sempre, e più che mai in questo caso. Siamo il Paese del garantismo spinto, del liberismo selvaggio, dell'evasione fiscale, dei trust, dei monopoli: come è pensabile l'introduzione e il rispetto di una legge che impegna tutti a essere eguali di fronte ad una determinata situazione economica? I maiali erano proclamati più eguali degli altri nella fattoria di Orwell, figuriamoci in Italia. La regola che impone di non spendere in emolumenti più del 75 per 100 degli introiti esiste comunque, nel nostro calcio professionistico: ma il senso del dicolo fa sì che la Lega non abbia previsto nessuna sanzione, per non incrementare il flusso di denaro nero e quindi le perdite del fisco, per non dopare ulteriormente la produzione di trovate, insomma per non fare ridere. Facciamo il caso pratico: un presidente di società possiede anche una rete di negozi, una fabbrica di abiti, una compagnia di navigazione..., e gli viene facile rispettare le cifre massime da versare ai suoi giocatori, facendoli però guadagnare eccome con impegni di facciata in questa o quell'impresa. E questo senza neppure scomodare il denaro nero. Il Nordamerica ha un altro potenziale economico, diversamente diffuso, e non ha soprattutto uno sport così teso, cosi esasperato, così decisivo per immagine e scalate, come ha l'Italia. D'altronde, non si può continuare a proclamare il nostro campionato di calcio come il più bello del mondo, e lamentarsi dei suoi eccessi. Perché la sua' bellezza, se proprio la si vuole chiamare così, è fatta in larga parte di questi eccessi, è una bellezza pornografica, come quella di Moana Pozzi, offerta giovedì in prima serata nel programma nazionalpopolare, dunque specchie del Paese, di Pippo Baudo e non prevista né pretesa né imposta in saio. E allora? Obbligare le squadre a usare tanti elementi del vivaio? Ma come, in un'Italia europea dalla libera circolazione della mano d'opera? Dare alle società meno ricche più denaro del toto, della tivù? Ma chi allora obbliga le società ricche a concedersi alla tivù, a non preferire uno sgargiante campionato europeo a un grigio campionato italiano? E per finire, la chiave dell'impotenza: tetto delle spese in proporzione agli incassi significa, semplicemente e «tragicamente», che un Milan ha ancora più possibilità degli altri di dominare il mercato. Non ci avevate pensato? Molto più seria la possibilità è che il Milan si spenga da solo, prima che gli altri si consumino cercando - invano - di spegnerlo. Gian Paolo Ormezzano INCASSI 1991-92 MILAN 37.503 ROMA 26.139 INTER 25.046 JUVENTUS 23.808 NAPOLI 23.561 LAZIO 20.128 FIORENTINA 19.968 BARI 15.915 TORINO 14.106 SAMPDORIA 13.515 GENOA 12.713 PARMA 13.102 FOGGIA 11.552 CAGLIARI 10.559 ATALANTA 9.229 VERONA 8.141 CREMONESE 5.401 ASCOLI 4.121 Incassi 91 -92 in milioni di lire

Persone citate: Gian Paolo Ormezzano, Moana Pozzi, Orwell, Pippo Baudo