Saddam sposta le rampe della guerra di Paolo Passarini

Baghdad respinge l'ultimatum degli Usa, ma poco prima della scadenza muove i missili Baghdad respinge l'ultimatum degli Usa, ma poco prima della scadenza muove i missili Saddam sposto le rampe della guerra Il Pentagono ora prende tempo WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Saddam Hussein alla fine sembra aver ceduto. Pochi minuti prima dello scadere dell'ultimatum della Casa Bianca e degli alleati occidentali (alle 23,30 di ieri sera, ora italiana) ha spostato le rampe dei missili che minacciavano gli aerei alleati in servizio di ricognizione nella zona di interdizione di volo sul limite del 32° parallelo. «Hanno dovuto cedere. Non li hanno più pronti in posizione di tiro», ha detto un funzionario del Pentagono, che ha voluto mantenere l'anonimato. Ma questo, ha aggiunto l'esponente del ministero della Difesa americano, non significa che la crisi sia passata. Infatti non è ancora chiaro dove i missili siano stati portati. «E' difficile localizzarli finché sono in movimento - è stato spiegato - e i tentativi di sorvegliare i movimenti iracheni sono ostacolati dalle condizioni meteorologiche ostili». Più cauta, come naturale, la reazione ufficiale della Casa Bianca: «Ci sono stati parecchi movimenti dei missili - ha dichiarato il portavoce di George Bush, Marlin Fitzwater -; stiamo ancora cercando di accertare se l'Iraq si è conformato alle richieste della coalizione». Sempre di ieri sera è la notizia che sono stati trasferiti dal- la base militare di Al Jarrah, nei pressi del 32° parallelo, gli aerei militari che avevano ultimamente più volte violato la zona di interdizione, con conseguente aumento della tensione con le forze alleate sotto l'egida dell'Onu. Ieri sera dunque negli Stati Uniti ed in tutto il mondo il susseguirsi delle informazioni sullo sviluppo della crisi nella zona del Golfo Persico è stato seguito con grande apprensio¬ ne. Intorno alle 22 (sempre ora italiana) la rete televisiva «Cnn» ha annunciato che trenta aerei, «F-14», «F-18» e «A16», si erano levati in volo dalla portaerei «Kitty Hawk» dirigendosi verso l'Iraq. Ma la stessa «Cnn» qualche minuto più tardi, citando fonti del comando della portaerei, ha precisato che si trattava di una «missione di routine», simile ad altre compiute in passato, e che pertanto «non bisogna leggerci troppi significati». La notizia dello spostamento delle rampe ha stemperato più tardi la tensione per l'attesa di avvenimenti che potevano preludere ad un nuovo dramma, ma la certezza della non imminenza dell'attacco si è avuta soltanto un'ora dopo, quando fonti del Pentagono, citate dall'immancabile «Cnn», hanno affermato: «La crisi non è passata, ma un immediato attacco è per il momento da escludere». La stessa fonte ha confermato che «i missili che erano motivo di preoccupazione per gli Stati Uniti non sono più al loro posto». Rimane però irrisolto e verrà chiarito oggi - il giallo su dove i missili siano stati effettivamente ricollocati. Il peggio dunque è ancora dietro l'angolo. Del resto le mosse fatte ieri dal governo di Baghdad lasciavano poche speranze. Il vice primo ministro Tareq Aziz aveva rigettato un'altra volta l'ultimatum. Il Parlamento, riunito in seduta straordinària, aveva ramificato solertnemente la reiezitìhe e, più tardi, era stato anche reso noto che il governo di Baghdad aveva comunicato alle Nazioni Unite il divieto di far atterrare sul territorio nazionale i loro aerei, che svolgono missioni umanitarie. «Se le nostre basi fossero attaccate - aveva minacciato Aziz - l'Iraq risponderebbe cer- tamente all'aggressione in modo adeguato». Poco prima che Aziz facesse le sue dichiarazioni, il quotidiano «al-Thawra», organo ufficiale del partito Baath, aveva rivendicato il pieno diritto dell'Iraq di «respingere l'attacco alla sua sovranità». Il rappresentante iracheno all'Onu, Nazir Hamdoon, infine, aveva formalmente dichiarato che il suo Paese «non riconosce l'esistenza della zona di non-volo, non imposta dall'Onu, ma solo da tre potenze occidentali». George Bush, da parte sua, nella mattinata, aveva riunito il Consiglio di Sicurezza Nazionale e, alla Casa Bianca, era stato visto arrivare il capo di Stato maggiore Colin Powell. «Se fossi in voi, non starei a contare i minuti fino all'ora X», aveva detto ai giornalisti il portavoce della Casa Bianca, Marlin Fitzwater. Volendo dire che gli eventuali attacchi aerei punitivi su obiettivi militari iracheni non sarebbero necessariamente scattati allo scadere dell'ultimatum. Ma nulla ancora poteva, ne può escludere, anche se l'atmosfera è molto più rilassata di due anni fa, che il secondo anniversario dell'Operazione Tempesta nel Deserto, che cade il 17 gennaio, possa venir celebrato a suon di bombe. Paolo Passarini Bush riunisce i consiglieri militari poi rinvia l'attacco Nelle tre foto: Saddam, un iracheno che si informa sull'ultimatum ed il voto del Parlamento di Baghdad (foto ansa]