Il computer vuole Buddha di Luciano Gallino

Ricerca e filosofìa orientale Ricerca e filosofìa orientale Il computer vuole Buddha ]N un qualsiasi Paese occidentale, allorché si parla di contatti o magari di conflitto tra culture di Paesi o etnìe diverse, in un mondo dove movimenti migratori e mezzi di comunicazione li rendono ogni giorno più frequenti, ci si riferisce di solito a contatti tra differenti costumi, tra credenze religiose, oppure tra forme d'arte, o magari tra norme di diritto. E' invece raro che si parli di contatti tra cultura scientifica occidentale e religioni o filosofie orientali. Non si tratta soltanto di una strozzatura informativa: scienza occidentale e religioni orientali sono sentiti come poli radicalmente opposti, l'essenza della razionalità contro l'essenza del misticismo prescientifico o a-scientifico. C'è stato, è vero, qualche scienziato che dinanzi alle scoperte ed alle interpretazioni della nuova fìsica - da BohrHeisenberg-Schrodinger in poi - ha provato a collegare il principio del coinvolgimento inestricabile della mente che osserva con la natura osservata, posto in luce da tali autori, con analoghi principi che ricorrono nel misticismo orientale. Non separare mente e corpo Si pensi, ad esempio, a un libro come // Tao dèlia fisica (Adelphi) di Fritjof Capf àM'Ma ittgenerale questj tentativi sono stati considerati bizzarrie private di singoli studiosi,'che non hanno nulla da offrire per affrontare i nodi reali della ricerca scientifica. Francisco Varela, un biologo d'origine cilena assai noto anche in Italia e gli psicologi Evan Thompson ed Eleanor Rosch provano invece a sostenere (in La via di mezzo della conoscenza, appena uscito da Feltrinelli) che almeno nel campo di cui loro si occupano - la ricerca empirica sui processi onde gli individui, scienziati compresi, acquisiscono conoscenze utilizzabili per prevedere e controllare eventi di qualsiasi natura - la scienza occidentale potrebbe trarre vantaggi tangibili da un dialogo serio con le religioni orientali, soprattutto con la tradizione Mahayana del bud dismo. In Occidente la ricerca sui processi cognitivi, sin dai tempi di Cartesio, ha proceduto sulla base d'una duplice sepa razione: tra mente e corpo, e tra soggetto e oggetto. Il suo principale strumento concettuale è stata l'idea di rappresentazione, secondo la quale il soggetto si forma nella mente, attraverso le informazioni che riceve, un quadro più o meno esatto, una replica in piccolo degli oggetti che lo circondano, per poi agire di conseguen za. Dal canto loro gli oggetti attendono passivamente di venire conosciuti nella loro immutabile identità e realtà esterna da un soggetto qualsiasi; chi questi sia non fa diffe renza, vista, appunto la loro natura oggettiva. Anche gli sviluppi più re centi, come le scienze cogniti ve e le loro braccia informati che - intelligenza artificiale e connessionismo - hanno esa sperato tale impostazione ve terocartesiana piuttosto che contrastarla. Risultato: dopo quarantanni di ricerche, lo studio empirico dei processi cognitivi ha dato certo contri buti significativi allo sviluppo di nuove tecnologie, come la robotica, ma quanto alla com prensione effettiva del modo in cui gli esseri umani conoscono il mondo il loro apporto può essere definito, per ora, con la battuta che il filosofo Hilary Putnam dedicò tempo fa all'intelligenza artificiale: molto rumore per nulla. Tra menti disincarnate e oggetti indifferenti alle menti. Varela, Thompson e Rosch propongono una via di mezzo; che non è soltanto un titolo descrittivo del libro, bensì il nome della principale dottrina della tradizione buddista Mahayana, ovvero, all'interno di questa, della scuola Madhyamika. Secondo la dottrina della via di mezzo, non esiste alcun io separato e indipendente provvisto della facoltà di rappresentarsi al proprio interno, mediante un organo chiamato mente, un mondo parimenti autonomo e separato. Quelli che il pensiero occidentale chiama soggetto e oggetto appaiono per essa fusi in un unico processo, un flusso di eventi interattivi nel quale è vano tentare di isolare un punto a cui la conoscenza si riferisce, e un punto in cui essa si deposita sotto forma di immagini, proposizioni o altro. La conoscenza consta dell'intero processo. Le implicazioni scientifiche del concepire in tal modo la conoscenza sono immense; ma lo sono anche quelle etiche, poiché se noi non siamo in realtà degli io autonomi, capaci di prendere o lasciare - cognitivamente parlando - gli oggetti che ci circondano, ma siamo piuttosto componenti di un processo che non ha confini, tutto ciò con cui noi entriamo in contatto diventa perciò stesso parte di noi, mentre noi diventiamo parte di esso. Nei contatti tra differenti culture, ciò può fare la differenza tra repulsione e odio da un lato, comprensione e arricchimento spirituale dall'altro. La proposta di esaminare seriamente la via di mezzo Madhyamika onde ripensare a fondo la strategia di ricerca delle scienze cognitive è inscindibile, per Varela e compagni, da un recupero della corporeità. Se il cognitivismo arranca, lo deve precipuamente all'avere finora ignorato che i processi cognitivi di uomini e animali hanno il loro fondamento primo e ultimo nel fatto che essi hanno un corpo; un corpo che agisce e patisce, che compie e ricostruisce esperienze. La conoscenza non è passiva Qui le fonti dei nostri autori sono tutte europee, giacché si richiamano a Merleau-Ponty, a Husserl e alla loro fenomenologia della percezione. E qui si profilano anche alcune difficoltà di questo ambizioso tentativo di eliminare la dualità tra soggetto e oggetto, posto che nel pensiero buddista il corpo viene diluito nel vuoto cosmico - questa almeno è la meta cui l'individuo deve tendere con la meditazione - in una misura che va molto al di là di quanto possa forse ammettere la fenomenologia di Husserl e Merleau-Ponty. Ma la forza suggestiva del tentativo rimane, sul piano scientifico e al tempo stesso su quello etico. Conoscere, se vogliamo seguire la via di mezzo, non è ricevere informazioni dal mondo; è una forma d'azione, di cui dobbiamo renderci responsabili come di qualsiasi altra azione. Luciano Gallino

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