Giallo sul 32° parallelo

«Attacco alla frontiera» Questa sera scade l'ultimatum, Clinton a fianco di Bush: il dittatore iracheno è un bandito Giallo sul 32° parallelo Saddam sposta i missili: bluffo resa? WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Scadrà questa sera alle 11 e 30, ora italiana, l'ultimatum lanciato a Saddam Hussein da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia con l'appoggio della Russia. Ma già ieri sera è arrivata la risposta di Baghdad, consegnata dall'ambasciatore Nizar Hatadoon. «L'Iraq ha il diritto di agire nel modo che ritiene più opportuno nell'ambito del suo territorio», ha dichiarato. In mattinata, il Pentagono aveva rilevato dei movimenti a Sud del 32° parallelo, ma non è chiaro se gli iracheni abbiano effettivamente ritirato i missili antiaerei, come l'ultimatum impone loro, oppure li abbiano semplicemente dislocati in posizioni più sicure, dopo che, ieri mattina, avevano ufficialmente respinto l'ingiunzione dei governi alleati. La situazione appariva confusa e, pertanto, sul filo del rasoio. Una prima risposta al suo azzardo, però, Saddam l'ha già avuta. Se con la mossa dei missili voleva anche saggiare la fermezza del presidente-eletto Bill Clinton, i segnali che gli sono arrivati non sono incoraggianti. «Saddam Hussein è un bandito - ha detto il portavoce di Clinton, George Stephanoupolos -. Non so cosa stia facendo. Non posso leggere nel suo cervello. Certo che da noi otterrà la stessa risposta. Clinton infatti appoggia in pieno la politica del presidente Bush: Saddam deve sapere che la stessa linea forte continuerà quando il presidente-eletto entrerà in carica. E' un bandito - ha proseguito Stephanoupolos. Non si piega alle risoluzioni Onu e questo non può eBsere^tollefatb dagli Stati Uniti». Con un fiera intervista all'agenzia di stato Ina, il vice primo ministro Tareq Aziz ha rivendicato, ieri mattina, «il diritto dell'Iraq di schierare le proprie difese aeree in qualunque parte del Paese», aggiungendo che «i piloti iracheni non hanno ricevuto alcuna proibì zione di volare nello spazio ae reo del loro Paese per missioni di controllo o di addestrameli to». Aziz non ha fatto altro che ripetere quanto aveva già anticipato la sera prima il capodele gazione iracheno all'Onu, Nizar Hamdoon, quando il rappresentante americano Edward Perkins, accompagnato dal collega francese Jean-Bernard Merimée, dall'inglese Thomas Richardson e dal russo Yuli Vorontsov, è entrato nel suo uffi ciò per consegnarli ufficiai mente il breve testo dell'ultimatum. Erano le 5 e 30 del pomeriggio a New York, 23 e 30 ora italiana, e il documento specificava che, se entro 48 ore dal momento della sua consegna, l'Iraq non avesse ritirato i missili Sam 2 e Sam 3 a Nord del 32° parlallelo, gli alleati «avrebbero risposto con deci sione e nelle forme appropria te». Pochi minuti dopo, Hamdoon aveva replicato: «Io penso che l'Iraq consideri ogni movimento militare entro i confini del proprio territorio come un'azione difensiva e legittimata dal suo diritto di sovranità». La risposta irachena all'ulti¬ matum ha provocato un'immediata reazione di George Bush, che, come ha riferito un parlamentare repubblicano dopo un incontro con lui, l'ha giudicata «gravemente inadeguata». «Il Presidente mi è sembrato particolarmente determinato a far rispettare le risoluzioni dell'Onu», ha riferito il deputato Ernest Istook. Oltretutto, il tono di Aziz, nel respingere l'ultimatum, era stato particolarmente sprezzante. Da una parte, il vice primo ministro aveva dipinto l'Iraq come estraneo da sempre ad ogni intenzione offensiva e vittima, invece, di una continua aggressione americana. Dall'altra, aveva bollato ogni ingiunzione fatta all'Iraq dal Consiglio di Sicurezza dell'Orni come puro atto di servilismo nei confronti di un Presidente americano indotto, in passato, a fare la voce grossa da volgari calcoli elettorali. L'ultimatum di mercoledì era solo l'ultimo figlio dei passati atti di servilismo. Ma, ormai, lo sconfitto Bush non ha più nulla né da guadagnare né da perdere e, anche se l'ultimatum non è stato ufficialmente approvato dall'Onu ed è anzi stato criticato da uno dei cinque membri permanenti al Consiglio di Sicurezza, la Cina, sarebbe certamente onorato qualora permanesse un atteggiamento di sfida da parte di Saddam. Nella tarda mattinata, però, grazie ad alcune indiscrezioni fornite da un alto funzionario del Pentagono rimasto anonimo, è sembrato profilarsi il classico .scenario «provocazione e marcia indietro» applicato molte volte da Saddam in passato.. «Abbiamo ragione di credere che i missili si stiano muovendo», ha detto il funzionario, anche se ha aggiunto che era «troppo presto» per stabilire se il movimento era quello giusto. Ma un altro funzionario ha insinuato che, forse, il movimento era stato originato dall'intenzione di mettere semplicemente i missili più al sicuro. Così, più tardi, il portavoce del Pentagono, Bon Hall, ha negato che, per il momento, vi fosse alcuna schiarita. Nulla è trapelato neppure dal vertice di Baghdad. Saddam Hussein si è incontrato nella notte con i componenti del Consiglio del Comando Rivoluzionario (Ccr), il più importante organo esecutivo, e con i dirigenti del partito Baas. Lo ha riferito l'agenzia ufficiale Ina, ma non ha fornito particolari sul contenuto delle discussione. Dodici navi americane, 17 mila uomini e un imprecisato numero di aerei restano pronti ad attuare la rappresaglia. Gli obiettivi più probabili restano le istallazioni dei radar, alcune basi aeree e le loro vie di accesso. Paolo Passarini Aziz dice no a Washington «Muoviamo le nostre armi dove e quando ci pare» Il Pentagono prudente «Per il momento non ci sono segnali di una schiarita» 8 MIRAGE2000 IN ARABIA SAUDITA ARABIA SAUDITA 200 TRA CACCIA E BOMBARDIERI BASATI A TERRA IN ARABIA SAUDITA 85 TRA CACCIA E BOMBARDIERI SULLA PORTAEREI "KITTY HAWK" Il ministro della Difesa iracheno Ali Hassan Al Majid ' fratello del leader Saddam Hussein ispeziona le truppe schierate a Baghdad {FOTO ANSAI A destra l'ambasciatore americano all'Orni Edward Perkins In alto il suo collega iracheno Nizar Hamdoon [FOTO ANSA E AP]