C'è un Milan nel basket si chiama Virtus Bologna

C'è un Milan nel basket si chiama Virtus Bologna La Knorr, prima in Italia, vuole l'Europa C'è un Milan nel basket si chiama Virtus Bologna BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO C'è una Virtus stanca di bazzicare nel «medio», oggetto di culto ma anche totem di una città sportivamente depressa. Basta con la filosofia del tortellino, al diavolo le lagne sul feeling, mieloso, noioso, datato, fra basket e Bologna. La Virtus sposata Knorr pensa alla milanese. Prima in campionato e stasera (ore 20) di scena nell'Euroclub, contro gli spagnoli di Badalona: impegni e paragoni dai quali il calcio esce stritolato, con quella classifica così sciatta e quegli intrighi dirigenziali da basso impero. Qui la «Vu nera» è un genere di consumo che sopravvive ai complotti e alle carestie, e poi i soldi sono tutti di famiglia, non come nel Bologna, dove chi comanda (Gnudi) è manovrato (Casillo), e chi paga (Casillo, sempre lui) vive a quasi 1000 km di distanza. Sarà il vento della Lega, sarà un rigurgito di strampalato provincialismo, ma l'Alfredo Cazzola che inventa il Motorshow, si dà all'editoria e si butta sul basket, è nato da queste parti, e allora in alto i calici. E, cosa che non guasta, «c'ha due palle così». Detto dall'avvocato Porcili, vale più di una laurea. Porelli, esule mantovano, è l'uomo del ventennio, 1968-89: prese la Virtus sull'orlo della B, la rifondò, le diede strutture americane. Morale: 4 scudetti, l'ultimo nel 1984,3 Coppe Italia. E in Europa? Zero. «Colpa mia, non andavo ai sorteggi. Non frequentavo chi dovevo. Vivevo da isolato. Se c'era da fare la Korac, non mi iscrivevo neppure. Mi eccitavo solo alla Coppa dei Campioni. Un anno, a Strasburgo, la persi per un punto. Non le dico gli arbitri: nessuno sapeva chi fossi, mi spennarono». Bologna la dotta, Bologna la provinciale. Alessandro Mancaruso, gm della Knorr, conferma: «Mancanza di cultura europea». Nell'albo d'oro, 10 scudetti e un solo eurotrofeo, la Coppa Coppe '90, vinta sul Beai, a Firenze. In plancia, Ettore Messina, oggi stratega Knorr e et azzurro: «I rapporti con l'estero sono sempre stati la nostra croce». Ma adesso si cambia. A fronte di un bilancio gestionale dell'ordine di 12 miliardi, Cazzola ne ha tirati fuori altri 15 per rastrellare il meglio: Danilovic, Moretti, Carerà, più l'ultima rata di Cuore-matto Morandotti. Alla Berlusconi. Virtus come il Milan? Sì, se fatte le debite proporzioni si pensa al record assoluto d'incassi (7-8 miliardi contro i 3,729 dell'ultimo saldo), allo «stadio» sempre pieno, al numero degli abbonati (5400, il secondo quorum di tutti i tempi), allo stile, all'immagine. No se, viceversa, si fa un discorso di holding e sinergie. «Per restare all'avanguardia - dice Mancaruso - dobbiamo procedere con oculatezza, noi non abbiamo dietro i Ferruzzi o i Benetton». «Ma i primi a far impennare i costi - ricorda Porelli - furono quelli della Glaxo Verona». A proposito di Palasport. Fra un anno dovrebbe essere pronto il nuovo forum, a Casalecchio di Reno. Capienza doppia, 11 mila posti, rispetto al tempio di Piazzale Azzarita. Alla Knorr, però, hanno paura. Paura di trasferirsi, e non solo perché dal cuore della città si finirebbe nella peri- feria più estrema. Cazzola pensa agli abbonati: e se mi mollano? Oggi, a capacità bloccata, la domanda supera di gran lunga l'offerta, e allora giù rincari disumani (70-80% !), tariffe calcistiche, da 3.200.000 a 380.000 lire. Ma un domani? Chi ci assicura, brontolano in sede (troppo miopi? troppo furbi?), che il popolo traslochi compatto? E poi gira un'altra voce, quella che vorrebbe il grande capo impegnato a costruire in proprio un altro Madison a Villanova di Castenaso, alle porte della città. I conti sono in rosso (Mancando: «Lo sapevamo, tempo quattro anni ed estingueremo ogni debito») e il cult-movie continua. La tessera della Virtus, che vale per tutti gli impegni, campionato ed Euroclub, resta uno status symbol. Chi ce l'ha è «in»; chi non ce l'ha, un reietto. Peppino Cellini, un'esistenza consacrata al basket, penna sapida, ci parla delle due anime di una Bologna modello Glasgow, da una parte lo zoccolo laico della Virtus formato Rangers, dall'altra il fulcro cattolico della Fortitudo maritata Mangiaebevi in versione Celtic. «Troppo snob - dice Messina del tifoso Knorr non gli va mai bene niente». «Troppo difensivista - dice Peppino di Messina, e aggiunge - i fans della Fortitudo sono più sanguigni e creativi, non c'è coro da palazzetto che non l'abbiano inventato loro». Ma intanto, quando gioca la Virtus, l'arena diventa un covo brulicante di vip, Lucio Dalla, Alberto Tomba, Romano Prodi, e una notte anche l'Alba Parietti, di viola svestita, che però portò una sfortuna incredibile: vinse la Scavolnii di un punto (Euroclub), a Bologna segnano tutto. Quanto ai comuni mortali, patti chiari e amicizia lunga. Muscolosi Ranibo vigilano con aria truce. Ai balilla di turno, viene ritirata la tessera. Siamo già a quota due, nel corso dell'attuale stagione. Due «lanciatori», espulsi e denunciati. A Bologna, e ai bolognesi, gli eccessi non sono mai piaciuti. Roberto Beccantini Acquisti miliardari palasport stracolmo abbonamenti a ruba e un parterre di vip (compresa la Panetti in viola porta jella): così Cazzola studia da nuovo Berlusconi Ettore Messina catechizza il serbo Predrag Danilovic: sono loro la mente e il braccio della Knorr stasera contro la Joventut Badalona