Santità l'ostacolo siete voi

Lo storico francese Delumeau: il Vaticano impedisce l'unità dei cristiani Lo storico francese Delumeau: il Vaticano impedisce l'unità dei cristiani Santità, l'ostacolo siete voi Se Dio è buono, perché insistere con l'inferno? PARIGI TORICO dei sentimenti», così si definisce Jean Delumeau. Titolare dal 1975 della cattedra di storia delle mentalità religiose al Collège de France, membro dall'88 dell'Institut del Collège, ha scritto venticinque libri, in particolare sul Rinascimento e la Riforma protestante (tra gli altri: La paura in Occidente e Storia vissuta del popolo cristiano, Sei, Il peccato e la paura, Il Mulino, La riforma. Origini e affermazione, e II Cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, Mursia). Presso le edizioni Fayard ha appena pubblicato il primo volume di Unehistoire duparadis. Delumeau, cattolico impegnato nella catechesi, ci parla del processo di scristianizzazione, della possibilità di formulare una nuova "antropologia, cristiana" che tenga conto delle scoperte scientifiche, e infine della auspicabile riunificazione delle Chiese cristiane, possibile quando il papato non esisterà più. La paura, il peccato, il paradiso, la felicità... Contro tutte le mode, lei continua a esplorare i sentimenti e i modi di pensare della collettività. Pensa anche lei, come Marc Bloch, che «i fatti storici sono, per la loro essenza, fatti psicologici»? «Esattamente, e questo da ventanni è il senso del mio lavoro di storico. I sogni degli uomini sono una parte della loro storia e la radice della maggior parte delle loro azioni. Grazie a Philippe Ariès, che ha fatto una storia della morte e ha scritto L'Enfant et lafamille sous l'Ancien Regime, abbiamo già questa sorta di storia psicologica. Ma, per quanto possa sembrare curioso, temi centrali per il destino dell'uomo come la paura, il peccato, il senso di colpa, il sentirsi al sicuro e la fortuna sono largamente inesplorati. Non è compito dello storico rischiarare le zone d'ombra dei comportamenti passati per comprendere i fenomeni d'oggi?». Ma alla vocazione dello storico si coniuga l'impegno del cristiano. «Senza dubbio. Se uno storico deve sempre tendere all'oggettività, tener conto di tutte le tesi, persino di quelle che lo disturbano, non è però mai neutrale. Michelet non era neutrale, Lavisse neanche. Uno storico è sempre obbligato ad impegnarsi. Io, quindi, mi sono impegnato nella storia religiosa sia come storico sia come cristiano, angosciato dal problema, per me drammatico, della cristianizzazione, curioso anche di interrogare il passato per sapere se può illuminare le possibilità di una nuova evangelizzazione. Mi piacerebbe, per quanto mi riguarda, aiutare le Chiese cristiane a situarsi meglio nel presente e ad inventare il loro avvenire». Ma ponendo la questione delle istanze psicologiche e storiche della scristianizzazione, lei si scontra con una certa tradizione di autorità nella Chiesa. Lei non ha molti amici nella gerarchia cattolica... «In effetti sono molto indipendente e forse sono compreso meglio dalla base che dal vertice. Sono convinto, comunque, che le grandi Chiese cristiane hanno tutto l'interesse a non rifiutare la storia e, al contrario, a guardare bene in faccia il loro passato. Come negare, per esempio, il ruolo giocato, soprattutto nella scristianizzazione della Francia, da pratiche come la confessione obbligatoria e dettagliata dei peccati, che non deve confondersi con la confessione libera e volontaria? L'insistenza cattolica ma anche protestante - sull'inferno, sulla dannazione e sul piccolo numero di eletti, che è una formula mal compresa, ha traumatizzato, prima di distoglierle dal cristianesimo, generazioni intere. L'impatto di una simile pastorale si misura male nella storia, non solo religiosa. «E' urgente che le Chiese cristiane presentino una immagine coerente dèi Dio "infinitamente buono" che insegnano e al quale io credo. Se continuiamo a batterci con gli enciclopedisti di oggi - gli atei - con argomenti lontani da ogni modernità, allora perdiamo tempo». Il tema principale della sua storia sul paradiso, appena pubblicata, apre un'altra pagina: quella di un Dio che ama e perdona. «Il paradiso terrestre e il peccato originale hanno sempre avuto una parte nella storia e nella teologia. Più si abbelliva il giardino dell'Eden, più si attribuivano ai nostri [[grami genitori" doni e privilégijperbplici, ma più si aggravavamo, per.contrasto, il peccato origjtja%4',le sue conseguenze», gj, «Sono convinto che ora dobbiamo costruire una nuova antropologia cristiana, a partire da una visione più realista degli inizi dell'umanità. Se si rinuncia, come tutto potrebbe invitarci a fare, all'esistenza di un paradiso terrestre, si rinuncia nello stesso tempo all'immagine nera di un Dio che punisce l'umanità balbettante delle origini. Il nuovo catechismo romano apporta, su questo punto, le assicurazioni e i chiarimenti necessari?». Lei chiama in causa l'incapacità della Chiesa di far propri alcuni dati incontestabili della modernità. Non ha appena riabilitato, ma con quale ritardo, Galileo Galilei? «Anche se tardiva, questa riabilitazione è opportuna. Il papa ha anche detto in questa occasione: "Il teologo ha il dovere di tenersi regolarmente informato rispetto alle acquisizioni scientifiche e di operare delle revisioni nel suo insegnamento". Oggi, è vero, siamo di fronte, nel campo della preistoria, a cognizioni scientifiche temibili come quella della rotazione della Terra intorno al Sole! Sappiamo che l'uomo ha almeno 2,5 milioni di anni. «Tutti coloro che insegnano il catechismo ai bambini conoscono la quasi-impossibilità di conciliare il racconto della Genesi, se lo si prende alla lettera, con le informazioni che ci provengono dallo studio della preistoria. «Sono convinto che si possa conciliare il Vangelo con quanto la scienza ci insegna oggi sulle origini dell'uomo. Il male esiste. E' un fatto di esperienza. La formula "il peccato del mondo", frequente in Gesù, mi sembra che caratterizzi molte delle nostre situazioni personali e collettive. Ma è uno dei diritti fondamentali dell'uomo quello di non essere accusato di un crimine che non ha commesso. La Chiesa cattolica stessa, con il Vaticano II, non ha rinunciato a ritenere gli ebrei, nel loro insieme [intesi come popolo], colpevoli della morte di Gesù? Il nuovo catechismo romano segue, a questo riguardo, e opportunamente, il Vaticano II. «Come storico sono convinto che il cristianesimo debba prendere in considerazione queste tre grandi componenti della nostra mentalità moderna: la nostra eredità religiosa, le nostre conquiste scientifiche e l'aspirazione alla partecipazione che la democrazia pluralista concretizza sul piano politico. Non sono in grado di dire in modo preciso sotto quale forma la concertazione dovrebbe essere istituzionalizzata nella Chiesa cattolica, ma l'assenza evidente di un vero dialogo tra i fedeli e le autorità romane salta agli occhi e rovina nell'opinione pubblica l'immagine del cattolicesimo». Alcuni autori, come il cardinale Lustiger, in «Le Choix de Dieu», stabiliscono un legame diretto tra la Rivoluzione del diciottesimo secolo, i filosofi del sospetto del diciannovesimo e i totalitarismi del ventesimo. Fa anche lei questi collegamenti? «Questa filiazione mi sembra contestabile sul piano storico. Anche la nostra Dichiarazione dei diritti dell'uomo è datata 1789. Inoltre non posso dimenticare che la Chiesa, irrigidendosi in una posizione di rifiuto del dialogo, ha messo a disagio e ha respinto intere generazioni di persone che stavano lontane da essa. Come dimenticare poi che è stata la Chiesa ad inventare il processo inquisitorio, peggio dell'Inquisizione stessa: senza avvocato, nome dell'accusatore segreto, interrogatorio sotto tortura? Come dimenticare che prima dell'epoca contemporanea, quella di Auschwitz e del gulag, U periodo più crudele della storia occidentale fu quello delle guerre di religione? Furono orribili. E' vero che nel ventesimo secolo si è fatto di peggio, ma non posso impedirmi di essere riconoscente ai deisti del diciottesimo secolo per aver obbligato la Chiesa a rivedere la sua immagine di Dio e per aver diffuso la nozione di tolleranza». Sperare nelle riforme istituzionali non è farsi delle illusioni? «Senza dubbio, ma i problemi sul modo di governare spiegano ancora largamente le tensioni ecumeniche. Paolo VI aveva ragione a dichiarare di essere, non come uomo ma come capo deUa Chiesa romana, l'ostacolo più grande per l'ecumenismo. L'unità dei cristiani non ha bisogno della soppressione del papato, ma di una sua nuova definizione. L'ordinamento di uomini sposati o di donne, molto dibattuto in questo momento, non dovrebbe costituire un ostacolo all'avanzata ecumenica: è un problema disciplinare e non dogmatico. «Le Chiese cristiane mi sembra che abbiano ancora buone carte da giocare e me ne rallegro. Ma la frequentazione del passato mi porta a prendere posizione nel presente e ad augurarmi che le Chiese cristiane si liberino infine di un certo numero di fardelli, divenuti inutili, per proclamare insieme che Dio ha stabilito una "alleanza" con l'umanità, che l'incarnazione di suo Figlio è avvenuta per suggellare questa alleanza e che dopo il difficile percorso iniziatico della vita sulla Terra, noi tutti siamo chiamati a una "trasfigurazione". E rispetto a questa "buona novella" i problemi del governo ecclesiastico, a mio avviso, hanno ben poca importanza». Henri Tincq copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» «Non serve rinnegare la scienza: non contraddice affatto il Vangelo» Paolo VI. Dice Delumeau: «Proprio lui disse di essere l'ostacolo più grande per l'ecumenismo». Sopra: l'inferno di Gustave Dorè

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