Saddam 48 ore alla Tempesta 2

Ultimatum di Bush: se non smantelli i missili colpiremo le tue basi aeree Ultimatum di Bush: se non smantelli i missili colpiremo le tue basi aeree Saddam, 48 ore alla Tempesta 2 Ijet di Usa, Francia e Inghilterra pronti a bombardare Baghdad: libereremo la parte occupata del nostro Paese WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ieri sera, quando era già notte in Italia, Nizar Hamdoon, capo-delegazione iracheno alle Nazioni Unite, era in attesa di una visita ufficiale poco gradita. I rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia gli avrebbero solennemente trasmesso un ultimatum perentorio: se il governo iracheno non avesse ordinato entro 48 ore il ritiro dei missili antiaerei, fatti dispiegare da Saddam Hussein nella zona protetta a Sud del 32° parallelo, avrebbe dovuto prepararsi «a subirne tutte le conseguenze». L'annuncio dell'ultimatum imminente era stato dato poche ore prima dallo stesso George Bush nel corso di un incontro con le più alte personalità del Congresso. Nonostante la riservatezza obbligata in simili circostanze, non c'è nessun dubbio sulla portata pratica delle «conseguenze» minacciate dal documento. Le aviazioni americana, inglese e francese sono pronte ad attuare un piano di bombardamenti su un certo numero di basi aeree. Ieri mattina all'Onu si erano svolte fitte consultazioni tra i Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Usa, Gran Bretagna e Francia, decisi a far rispettare la risoluzio- ne Onu dell'agosto scorso, con la quale venne formalizzata la costituzione di una zona di «non volo» nella parte meridionale dell'Iraq, hanno ottenuto il consenso anche del rappresentante russo, dopo aver ricevuto l'appoggio di alcune delegazioni arabe, a cominciare dall'Arabia Saudita. Non ci sono prove che, almeno finora, gli iracheni abbiano messo in azione i loro radar per inquadrare velivoli delle forze alleate durante operazioni di pattugliamento nella regione abitata dagli sciiti. Il «monitoraggio» verrebbe immediatamente considerato un'azione di guerra. Ma, anche senza che i radar vengano accesi, lo spostamento di un certo numero di missili antiaerei a sud del 32° parallelo da parte di Saddam viene considerato un'aperta minaccia, soprattutto dopo le continue violazioni della «no fly zone» da parte dell'aviazione irachena. Proprio in seguito a una di queste violazioni, il 27 gennaio, un F16 americano ha abbattuto un Mig-25 iracheno. E adesso i comandi alleati non escludono che il dispiegamento dei missili annunci l'intenzione di attuare una rappresaglia da parte di Saddam. «Penso proprio che il presidente Bush - ha dichiarato lo speaker della Ca¬ mera Thomas Foley dopo averlo incontrato nell'Ufficio Ovale - sia preoccupato per qualcosa che potrebbe accadere a uno dei nostri aerei». Bush non ha indicato apertamente quali siano le sue decisioni. «Tutte le opzioni sono aperte», ha annunciato il suo portavoce Marlin Fitzwater, ricorrendo a una formula di rito. «Tuttavia credo - ha ammonito il democratico Foley - che sarebbe molto meglio se gli iracheni decidessero spontaneamente di ritirare i loro missili». Al di là di tutte le analisi che vengono compiute da esperti e analisti, l'ipotesi più probabile resta quella che, anche questa volta come molte altre in passato, Saddam alla fine ceda, considerandosi appagato per la provocazione fatta. Ma, anche se questo copione appare ormai stantio, non bisogna dimenticare che l'Occidente non considera ancora chiusa la partita con Saddam e, prima o poi, qualcosa succederà. Tanto più che il presidente-eletto degli Stati Uniti, Bill Clinton, ha fatto ripetere ieri dal suo portavoce, George Stephanopoulos, che, sulla questione irachena, Bush ha il suo «pieno appoggio». «Clinton - ha detto il portavoce - continuerà a perseguire questa linea quando diventerà presidente effettivo». Se manterrà questa posizione, non mancheranno, in futuro, occasioni per un riaccendersi della tensione. Non è ipotizzabile un trascinamento all'infinito dell'attuale situazione irachena. Il Paese è diviso in tre parti e solo su una di esse il governo di Baghdad può esercitare un pieno controllo, poiché, oltre alla zona a sud del 32° parallelo, le truppe alleate controllano indirettamente anche la regione curda nel Nord. Ieri, nella Giornata dell'Esercito, Saddam si è limitato a esprimere il suo «apprezza- mento» ai militari per aver respinto l'invito americano a ribellarsi contro di lui. Ma suo cugino, il ministro della Difesa Ali Hassan al-Majid, in un'intervista al quotidiano al-Thawra, organo ufficiale del partito Baath, si è spinto molto oltre, sostenendo che «l'esercito è pronto ad agire per liberare le aree del Paese nel Nord e nel Sud». E, più genericamente, Saddam ha espresso un concetto simile, quando ha assicurato che la sua armata è pronta a entrare in azione «per l'orgoglio e la dignità del popolo iracheno e della nazione araba». Paolo Passarmi Ma il dittatore potrebbe accontentarsi della provocazione e ritirare gli ordigni che ha schierato nella «zona proibita» I MISSILI DELLA SFIDA ARABIA SAUDITA Saddam prova un mitra. Il dittatore iracheno, spostando i missili verso Sud ha di nuovo sfidato platealmente gli Stati Uniti, forse un altro tentativo di saggiare la reazione americana