L'ingegnere della fantasia di Angela Bianchini

Morto lo scrittore Juan Benet Morto lo scrittore Juan Benet L'ingegnere della fantasia MADRID. E' morto ieri, a 65 anni, lo scrittore Juan Benet Era considerato uno dei massimi autori della letteratura spagnola contemporanea. Ingegnere civile, aveva pubblicato il suo primo libro a fine Anni Cinquanta. Nel 1967, con il romanzo Vokreras a Region, divenne lo scrittore delle nuove generazioni. Amatissimo dagli altri autori, ma ignorato sistematicamente dai premi letterari, non più tardi di una settimana fa, in occasione del venticinquesimo anniversario della pubblicazione di Volveras a Region, Benet riceveva l'omaggio commosso degli intellettuali e della stampa spagnola, [a. r.] ■1È scomparso il grande Juan li J Benet, il «miglior fabwi bro» del romanzo e della I I prosa spagnola. «NumesA—Irò uno», l'aveva definito qualche tempo fa l'anziana e gloriosa scrittrice Rosa Chacel, aggiungendo che a scrivere bene in castigliano oggi sono molti, ma a interessarla c'era soltanto Benet. E fabbro si era rivelato fin dall'inizio questo laureato in ingegneria che aveva trasposto in letteratura il dono di erigere grandi opere con materiali splendidi destinati a vita imperitura. Nato nel 1927 a Madrid, Juan Benet riuscì, negli anni bui del franchismo, a ricavarsi uno spazio di meditazione sul destino della Spagna, centrato sulla condizione delle regioni più povere e sulla qualità stessa della Guerra Civile. Una guerra, vissuta da Benet durante l'adolescenza, ma assunta a stato permanente e generale e, da allora, fusa di continuo, in modo personale, morale e politico, con qualsiasi vicenda narrativa. Già nel 1968 con Volveras à Region, (Tornerai a Regione) e poi con Meditación e, successivamente in un libretto del 1976 mai tradotto in italiano, Quéfué la guerra civil, si vide come, attraverso una creazione serrata, stringente, angosciata, un vero piccolo capolavoro di chiarezza militare oltre che di politica, un rastrellamento appassionato e tetro della Spagna stessa, dilaniata e martoriata, Benet esprimesse un ossessivo senso delle responsabilità e un senso altrettanto ossessivo della morte nata dalla vita, della bellezza nata dalla distruzione. Si capì fin da allora che, opponendosi al realismo, voleva rifondare una letteratura, una lingua, un pensiero. E questo continuò a perseguire nella saggistica come nella narrativa: dalla Construcción de la torre de Babel, del 1990, interpretazione di un quadro di Bruegel il Vecchio, fino a Lance spezzate, tradotto in italiano nel 1991 (Guida Editore, Napoli) e Lo scrittore Jua Benet Nella penombra (Adelphi, 1991) seguito da altre opere, Un viaggio d'inverno e // cavaliere di Sassonia, ambedue di prossima pubblicazione in Italia. Nella penombra, pubblicato in Spagna nel 1989, può essere assunto per la sua affascinante complessità come il testamento spirituale di Benet. Il romanzo si apre nel salotto di una casa d'una certa importanza, dove si svolge il colloquio, in penombra, tra una zia e una nipote. La zia si dispone ad annunciare alla nipote l'arrivo di un messaggero che, dopo anni di ripulsa, essa ha deciso infine di ricevere. Il tono del colloquio, più epistolare che di conversazione attuale, e le risposte della nipote - che finiscono per definire alcune delle sue stesse passioni danno il tono al romanzo. Dietro il misterioso messaggero c'è una causa reale, quasi brutale: un'antica usanza barbarica di sposa che, prima del marito, deve essere «usata» dal suocero. A questa usanza la zia si è sottratta fino adesso. Ora attende il richiamo del destino. Il romanzo, di grande e conturbante successo, è stato interpretato in vari modi. Certo è, tuttavia, che si tratta di letteratura. E di come la letteratura, con la sua voce, con la sua ragionevolezza, con il suo difficile compito creativo, tenti di resistere all'assedio del destino. «I valori di un'opera letteraria possono essere multipli», disse Juan Benet in un'intervista recente. «Ma quel che conta davvero sono le virtù della prosa che appartengono al mondo planetario della letteratura. Il come si è scritto, non quel che si è scritto». Chissà che questo artefice straordinario di una prosa quale la narrativa spagnola non aveva mai avuto intendesse invece per prosa, per stile, l'ultimo risultato della sua struggente moralità, della sua appassionata ricerca letteraria. Angela Bianchini Lo scrittore Juan Benet

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