«Da sei giorni siamo nel Duemila» il Processo della signora Scirea di M. S.

La slealtà di fingersi indifferenti MMmm AL GIORNALE «Da seigiorni siamo nel Duemila»; il Processo della signora Scirea Quei '92 «disgraziato» ha chiuso il millennio Leggo su La Stampa del 19 dicembre '92 la lettera del lettore Cesari di Bari a proposito della nascita di Cristo e dell'inizio della nostra era cosiddetta «cristiana». Ha perfettamente ragione il lettore ricordando l'errore del monaco Dionigi il Piccolo, vissuto nel VI secolo, nello stabilire l'inizio dell'era al 754 dalla fondazione di Roma («ab urbe condita»). E a ricordare che Erode il Grande morì quattro anni prima (il primo aprile del 750, cioè del 4 a.C.) per cui, essendo Gesù nato con lui vivente, autore poi della cosiddetta «strage degli innocenti», è necessario anticipare l'inizio dell'era. Ma non di soli quattro anni bensì di almeno sette perché i Vangeli dicono espressamente che Erode fece uccidere tutti i bambini di Betlemme «dai due anni in giù) confermando che Gesù era nato ben prima della morte di Erode (come la visita dei Magi, assai complessa a quei tempi, fa pure supporre). Perciò con il prossimo 10 gennaio '93 dovremmo entrare nell'anno 2000: una controprova concreta? Questo anno 1992 così sfigato, così pesante per tutti, tanto colmo di disgrazie e di malanni, da doversi considerare veramente l'autentica «fine del millennio». Iginio Santoni, Brescia Per valletta meglio una disoccupata Gradirei cortesemente sapere, quale abbonato Rai, se la collaborazione della gentile signora Scirea al «Processo del lunedì» è gratuita oppure no. Qualora fosse retribuita, proporrei - considerato anche il non eccelso livello della prestazione fornita - che al posto della signora in questione, e che ritengo non abbia problemi di natura economica, venisse assunta qualunque giovane biso- gnosa di occupazione, e certamente in grado di assolvere con uguale impaccio il compito di valletta. Mario Giordanengo, Torino La voglia di università dei non diplomati Vorreri davvero esprimere due parole di sdegno per quanto dice il prof. P. Fai in una sua lettera alla Stampa del 22 dicembre '92 e invece di pieno sostegno a quanto affermato dal prof. Vattimo. Per quale motivo: innanzitutto per i motivi che già indica Vattimo e rendono ben chiaro il tipo di filosofia che il prof. Fai può insegnare ai suoi allievi! E poi perché anch'io, pur non avvitando bulloni, ma essendo un impiegato Enel, da tempo, ma ahimè purtroppo non fin dalle scuole: e non sono nemmeno perito, perché negli Anni 60 per le famiglie di miseri operai e artigiani una licenza di Ist. Prof, era già molto; da tempo dicevo mi interesso di filosofia, politica e cultura in generale ma la mancanza di un diploma per accedere all'Università è sempre stata una barriera che non ho mai cercato di valicare per i motivi più vari e credo comprensibili non ultimo quello di potermi dedicare appunto esclusivamente nel poco tempo a disposizione alle materie ritenute da me più congeniali e appaganti culturalmente, cosa della quale non sono affatto pentito. Semmai il mio rammarico è esattamente contrario a quello del prof. Fai, in quanto ritengo che una qualsiasi persona di buona volontà debba poter accedere all'Università nelle discipline a lui più congeniali - e molte volte questo lo si scopre tardi senza il presupposto inderogabile del pezzo di carta avuto da ragazzo. Semmai, è poi nel corso degli studi e durante gli esami che il candidato deve essere accuratamente vagliato, non in base ai «precedenti» ma alle poten- zialità e conoscenze del momento. Quindi se una riforma dell'Università vi deve essere, questa dovrebbe anche tener conto di queste considerazioni, le quali non sono certo solo mie. Solo nella misura in cui (per usare un lessico abusato) una società è in grado di far accedere tutti i suoi cittadini ai più alti gradi di istruzione, ma preferirei dire cultura, e permettergli così di esprimere tutte le proprie potenzialità nei più svariati campi, essa è una società veramente democratica e civile. Ettore Robbione Gaiola Cuneo «Abbraccio idealmente la Spinelli» Bravissima Barbara Spinelli nell'articolo del 21 dicembre (un abbraccio ideale: si può?). Da anni il mio lavoro mi porta a contatto con persone dei più vari strati sociali e di tutte le età: viviamo in una società che offre e chiede «paneni et circenses». Ho letto tempo fa su La Stampa che è possibile ci sia in giro un «Marco Aurelio»; non è possibile che la massa sia un «Marco Aurelio». Migliorare se stessi guardando dentro di sé è difficile. A volte l'utopia può essere una consolazione: «Ameno che i Filosofi non regnino nelle città o coloro che han nome di Re non prendano a nobilmente filosofare...». Roberto Buono Caronno P.lla (Varese) «Diamo a Einaudi ciò che è di Einaudi» In una brillante intervista a Bettino Craxi, a tutta pagina, di fine anno, il giornalista Minzolini adduce, a prova della presunta diminuita popolarità del segretario del Psi, il fatto che io, presente «per caso» nella pizzeria vicina al Senato, ove l'intervista aveva luogo, feci solo un freddo augurio «al capo», senza soffermarmi, come in altri tempi, in piedi, ad assistere al colloquio. Io, che ero stato da Lui «imposto» come ministro delle Finanze nel governo Fanfani e poi in svariati altri incarichi. Alle 15,15 del pomeriggio, io non sono solito fermarmi in pizzeria ad ascoltare interviste politichesi, neanche dell'argutissimo Minzolini. Gli assicuro, comunque, che nella visita al Capo dello Stato, quel giorno stesso, ho fatto auguri ancor più rapidi e asciutti: che, per altro - penso secondo i criteri educativi di mia madre (cui ho dato del Voi fino all'epoca dei pantaloni lunghi, come si usava nelle famiglie dei magistrati piemontesi) avevano il tono giusto. E' doveroso dare a Cesare ciò che è di Cesare (con tutta la gratitudine dovutagli, cui non intendo derogare) ma anche, se mi è consentito, a Einaudi ciò che è di Einaudi. In quanto successore di Einaudi, da lui prescelto, alla sua cattedra di Scienza delle finanze a Torino, penso che quando fui incluso da Fanfani nel suo governo, come ministro delle Finanze, qualche specifica referenza la avessi già acquisita. Comunque, colgo l'occasione per fare anche al pertinace Minzolini - costretto a tallonare politici grandi come Craxi e minori come me, nei luoghi più svariati - i più begli auguri per il 1993. sen. Francesco Forte, Roma Come cronista ho solo raccontato quello che ho visto e l'ho paragonato ad altre scene a cui ho assistito in passato. Non me ne voglia per questo il senatore Forte e, con l'occasione, ricambio i suoi graditi auguri. [au. min.] Premi letterari e «tangenti di lettura» Di ritorno dall'estero trovo l'articolo di Mirella Serri del 17 dicembre '92 in cui si parla (a proposito de II cerchio magico di Claudio Angelini) di «una poetessa ideatrice di premi a pagamento», poetessa che dal contesto sembro proprio essere io. Nel numero del 20 dicembre Angelini mi esprime «la sua profonda stima». Di questo lo ringrazio, ma mi sento in dovere di precisare per i lettori che non soltanto il nostro «Premio Intemazionale Eugenio Montale» non ha mai imposto le famigerate «tasse di lettura» ai partecipanti, ma ha fatto una campagna contro questi abusi, attirandosi ire e polemiche da tutti i promotori di premi beneficiari di queste «tangenti» che legalmente passano inosservate. Maria Luisa Spaziarli, Roma Presidente del centro internazionale Eugenio Montale Nomi e situazioni sono quelli raccontati nel libro e nell'intervista del suo autore alla Stampa. In entrambi i casi non vi era alcuna identificazione precisa dei protagonisti delle vicende narrate. [m. s.]

Luoghi citati: Bari, Betlemme, Brescia, Gaiola, Roma, Torino, Varese