Datemi Prévert scriverò una bella canzone di Enrico Benedetto

mam Parigi, esce la raccolta dei furti di testi compiuti dall'industria musicale a danno del poeta Datemi Prévert, scriverò una bella canzone Grazie a lui Yves Montana potè vendere un milione di dischi PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' Jacques Prévert il re della canzone francese. Suo malgrado. Compose testi da musicare a decine, ma altri - forse più numerosi - glieli saccheggiarono interpreti avventurosi, cui non sembrava vero trovare un paroliere eccelso. La prova: i sei compact disc prévertiani che offrono per il Nuovo Anno le Edizioni Polygram. Centosessantacinque canzoni, 55 artisti. Più che omaggio - scrive il quotidiano Liberation - «pare un vero cenotafìo all'autore delle Feuilles Mortes». Nonostante l'ampiezza e i numerosi inediti, l'iniziativa non costituisce tuttavia una edizione integrale doc: oc- correvano non sei, ma almeno dieci ed. Impossibile, dunque, ascoltare Gina Lollobrigida che si esibisce in Pas de rìdeau nel film Notre Dame. Era il 1956. Altro nome insospettabile, Brigitte Bardot. Doveva interpretare la colonna sonora di Voulez-vous danser avec moi su parole fir¬ mate Prévert: in extremis le sostituirono Bob Martin. In compenso, troviamo non poche altre curiosità. Per esempio, ecco Edith Piaf esibirsi in inglese su Les feuilles mortes (Àutumn Leaves, registrazione newyorkese dei primi Anni 50). Oppure A la belle étoile (1935) stile Juliette Greco, che la radio france¬ se mise in onda nel dopoguerra censurandone una strofa. Ancora, Déjeuner du matin (1940) con Marlene Dietrich. Salvo qualche star (Montand, Signoret, Piaf, Greco, Tino Rossi, Zizi Jeanmaire, Serge Reggiani), gli uomini e le donne che misero in musica Prévert non dicono gran cosa al pubblico italiano. Ma è proprio il semianonimato dei vari Mouloudji, Jo Warfield, Catherine Sauvage, Picolette, Arthur H... a testimoniare il feroce saccheggio musicale cui la Francia sottopose il «poeta beniamino» per quasi mezzo secolo. Molti suoi colleghi possono vantare un «canzoniere», nessun altro tante canzoni. La prima è Les animaux ont des ennuis. Jacques Prévert la concepì nel 1928. L'ultima Tant bien que mal: 1972. In mezzo troviamo i grandi classici, gli schizzi musicali appena abbozzati, le partiture cinematografiche. In anni che vedevano trionfare refrain e parole banali, volentieri edulcorate, lui fece hit parade con messaggi impegnativi, cupi, mai languorosi. Solo grazie a Prévert nel '53 Yves Montand vende un milione di dischi. Se la tristezza va forte tra gli ascoltatori, anche lo spirito beffardo, i sarcasmi, le piccolegrandi drólerie riscuotono enorme successo. Il poeta ebbe fra i suoi maestri il Surrealismo, anzi ne fu un alfiere. Ecco allora perle come L'incubo del tassista (1938) o La Fète, che allinea 30 frasi fatte sulla violenza. Portarono entrambe in scena Les Frères Jacques, gruppo melodico sospeso tra varietà e cabaret le cui fortune ricordano il Quartetto Cetra. Un loro lp è Prévert 100%. La canzone diviene allora sketch, numero di bravura: non vuole più strappare l'applauso quanto il sorriso. E le strumentazioni? Varie ma non troppo. Il rock è marginale, mentre i ritmi jazz - in cui trapela una sensibilità burlesca - paiono sposarsi bene con la tonalità lirica di alcuni poemi. La grande orchestra figura in parecchi brani. I più significativi hanno comunque un pianoforte ben distinguibile, oppure - scivolando verso il recitativo - la chitarra. Joseph Kosma, vecchio amico e complice, firmò gli allestimenti musicali che Prévert volle gestire in proprio. E troviamo non poche celebrità del music-hall tra gli altri compositori. Nei loro confronti, e verso gli chansonnier Prévert riservò spesso il giudizio. Li ritenesse semplici divulgatori (non senza opportunismo), talentuosi o addirittura magistrali interpreti, mostrava benevolo disinteresse verso la loro proliferazione. Scrisse: «La musica è sempre musica. Qualche volta buona, talora cattiva». Oppure, schermendosi: «E poi in fondo anch'io non ho fatto nulla, perlomeno nulla di serio». Enrico Benedetto Milllfc Il poeta Jacques Prévert. E' stato autore di canzoni celebri (tra queste «Les Feuilles mortes») ma anche vittima di «rapine» e plagi

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