Sul lago tre cadaveri e un enigma

Brescia, l'ultima vittima era un testimone del duplice omicidio di padre e figlio odontotecnici Brescia, l'ultima vittima era un testimone del duplice omicidio di padre e figlio odontotecnici Sul lago tre cadaveri e un enigma Delitti diversi, identica arma BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Tre colpi di pistola, tre morti. Una storia oscura ha travolto Giorgio Mandolesi, suo figlio Marco e Mario Riccardo Persavalli. Adesso c'è paura, e Brescia s'interroga su questa catena di drammi che ha segnato questi giorni. Un'arma rudimentale, fabbricata in un'officina, un incontro con gente spietata, due «esecuzioni» e forse un terzo delitto, oppure un suicidio. Un rompicapo per gli inquirenti. Non resta, per ora, che andare a vedere chi erano le vittime, tra le quali c'era certamente un legame. Giorgio Mandolesi, 50 anni, commerciante in oro per laboratori odontotecnici, il figlio Marco, 23 anni, odontotecnico. Abitavano a Salò, li conoscevano tutti. Il padre era noto anche perché faceva parte di una comunità di Testimoni di Geova. Un uomo tranquillo, ripetono. E Marco badava al suo lavoro, e basta. Mario Riccardo Persavalli, 44 anni, sposato e padre di tre ragazzi, era di Villanuova, titolare di una concessionaria di auto. E appassionato di meccanica: stava ore in officina, a fare certi lavori. Anche tra i parenti di Persavalli c'era un rapporto con i Testimoni di Geova: la moglie e i suoceri avevano frequentato per qual- che anno la comunità. «Ma poi racconta il parroco, don Nicola Braga din - si erano tirati fuori». Gente senza inquietudini, dicono. Giorgio Mandolesi è trovato morto la mattina del 21 dicembre in un campo in località Perrone di Carzago della Riviera, davanti al Garda: ucciso con un colpo di pistola alla tempia destra. Nel pomeriggio i carabinieri trovano Marco Mandolesi, riverso sui sedili della sua «Mercedes», nella campagna in frazione Astore di Castiglione delle Stiviere: stroncato da una rivoltellata alla tempia destra. La stessa esecuzione, in due posti distanti una trentina di chilometri l'uno dall'altro. La macchina del padre, una «Bmw», è rimasta nel parcheggio sotterraneo di piazza della Vittoria, nel centro di Brescia. Giorgio Mandolesi dev'essere salito sulla vettura di chi lo stava aspettando in città. Un appuntamento del quale non ha parlato, nell'uscire di casa poco prima dell'ora di pranzo. Nel primo pomeriggio ha telefonato al figlio, e non si sa che cosa si siano detti. Ma nell'andarsene Marco ha rivolto alla madre una frase inquietante: «Se io e papà non torniamo, avverti i carabinieri». Dopo la morte di Giorgio Mandolesi e del figlio, Mario Riccardo Persavalli entra nel¬ l'inchiesta, viene sentito dai carabinieri di Salò, racconta dei suoi rapporti, forse anche di affari, con i Mandolesi. Lui è un personaggio prezioso, per le indagini, deve sapere parecchie cose. L'altra mattina, il suo corpo trovato su un argine coperto di brina, tra Prevalle e Gavardo: Persavalli è morto per un colpo di pistola alla tempia destra. Nel fiume Chiese, qualche metro più in là, i carabinieri trovano l'arma, di fabbricazione «artigianale»: un tubo metallico modificato con l'aggiunta di un otturatore e un percussore a molla. Mario Riccardo Persavalli, testimone importante, è stato ucciso o si è tolto la vita? Gli inquirenti sembrano dare più credito all'ipotesi del suicidio. Intanto esaminano quella pistola rudimentale. Si racconta che Mario Riccardo Persavalli aveva la passione delle armi da fuoco. E in casa sua i carabinieri hanno trovato polvere da sparo e strumenti per la fabbricazione di armi e proiettili. Con quella pistola recuperata dagli inquirenti Persavalli può essersi ucciso: l'arma sarebbe poi scivolata lungo l'argine e finita nel fiume. Ma potrebbe anche esser servita per ucciderlo. Forse anche per uccidere Marco Mandolesi, dato che il proiettile sarebbe dello stesso calibro. Ma perché queste morti? Qualcuno parla di debiti contratti con personaggi che fanno parte di un'organizzazione dedita a qualche traffico, altri sospettano che in questa storia siano implicati nomadi che rivendono oro rubato. Nelle congetture sulla vicenda che ha tragicamente legato questi tre uomini entra persino un traffico di banconote false, in particolare dollari. Ma finora nessuno ha in mano la chiave del giallo. A Salò e a Villanuova continuano a dire che Giorgio e Marco Mandolesi e Mario Riccardo Persavalli erano «persone insospettabili». «Loro pensavano soltanto a lavorare, bada- vano ai fatti loro». Ma qualcosa ha stravolto queste vite di uomini apparentemente tranquilli. Originario di Gavardo, Mario Riccardo Persavalli aveva cominciato a lavorare come meccanico: per parecchi anni aveva gestito un'officina di autoriparazioni, e si era trasferito con la famiglia a Villanuova nell'85. Poi, circa due anni fa, s'era messo a fare il concessionario d'auto, aprendo un salone in una palazzina. «Si è sempre dato da fare - dicono in paese quello che aveva guadagnato se lo era sudato, giorno dopo giorno». Sui suoi rapporti con i Mandolesi, la gente non sa granché. Forse una parte della sua attività sfuggiva anche a chi lo conosceva. L'altra mattina è uscito di casa e si è infilato in auto. Nessuno sapeva dove sarebbe andato. La macchina è stata trovata a pochi metri da quell'argine gelato. Giuliano Marchesini Forse sono stati eliminati per un debito legato al traffico di oro rubato o per un giro di soldi falsi Sotto, Mario Riccardo Persavalli, 44 anni Giorgio Mandolesi (a sinistra) e il figlio Marco uccisi a colpi di pistola il 21 dicembre nelle campagne vicino al lago di Garda (foto eden]