Cara Firenze addio sono innocente

Cara Firenze addio, sono innocente Radice rivive la domenica del licenziamento: Cecchi Gori è stato brutale, non lo merito Cara Firenze addio, sono innocente HO lasciato Firenze ieri pomeriggio, dopo aver salutato i giocatori. Forse mi illudo, ma sono convinto di averne visti alcuni un po' tristi. Nel viaggio verso Monza, verso casa mia, mi sono chiesto più volte senza trovarlo il perché del licenziamento deciso da Vittorio Cecchi Gori, immagino in accordo col padre Mario presidente della Fiorentina, in un dopopartita come tanti altri. Quando senti ancora addosso una sconfitta che non ritieni meritata, e della quale cerchi spiegazioni discutendo con i ragazzi. Alcuni dovevano ancora andare sotto la doccia, quando Vittorio Cecchi Gori è entrato nello spogliatoio. Ha cominciato a parlare delle cose che non andavano. In generale. Poi sono diventato l'obiettivo di ogni criti¬ ca. Tutte le colpe erano mie, sbagliate le scelte tecniche, la preparazione delle partite. Mi è scoppiato tutto addosso in un quarto d'ora, più o meno. Più tardi, quasi a notte, il comunicato. Radice è licenziato. Ho provato altri divorzi calcistici. Nessuno come questo. Brutale. Inspiegabile, soprattutto. Senza avvertimenti. Sono arrivato a Firenze nel novembre '91, dopo Lazaroni. Lo sapete, non sono uno che fa moine e sorrisi per diventare simpatico. Non sono amatissimo, solo nella stagione dello scudetto granata il feeling con i tifosi è stato intenso. So bene quanto contino i risultati, ma il mio rapporto con Firenze si è cementato attraverso una fiducia difficile da conquistare in una città meravigliosa anche per l'ironia e l'arguzia, ottenuta non facendo mai promesse, sottolineando i problemi, trovando con i giocatori un rapporto splendido che diventato pubblico ha contagiato la gente, impostando una squadra capace di dare spettacolo. Il pubblico ci applaudì persino dopo i sette gol incassati dal Milan. I Cecchi Gori mi hanno mandato via perché ho schierato la squadra sugli schemi a zona? Dicono, lo ha detto Vittorio nella tensione dello spogliatoio, ma se io stesso ho cambiato il modo di vedere il football è perché le abitudini dei giocatori - degli stranieri soprattutto - erano quelle della zona. Era mio dovere assecondarli. Interesse della Fiorentina. Gli acquisti? Non ho nessun merito? Certamente sul mercato l'ultima parola è del presidente, i soldi sono suoi. Ma alla scelta dei giocatori siamo arrivati correttamente attraverso discorsi comuni. Una lunga amicizia mi lega con Mirko Ferretti, l'osservatore della Fiorentina. Anche questo ha aiutato a lavorare tutti insieme per ritoccare la squadra. Valgono più gli scambi di impressioni, fra gente di foot¬ ball, che le tavole rotonde. Lascio una squadra che sento molto mia, vivo le ore più amare della mia carriera di allenatore. Sono sereno, senza astio, ma con la curiosità di vedere cosa accadrà a Firenze con un altro al mio posto. Non mi sono mai sentito, e non mi sento, insostituibile. Sono deluso perché sono molto legato ai giocatori viola. Credo di non avere colpe. Nel football non sono rare le incomprensioni fra presidente e tecnico, neppure gli scontri verbali. Ma i modi e le parole di Vittorio Cecchi Gori sono state troppo pesanti. Persino i ragazzi hanno ten :to invano di placarlo. Lo sapevo uomo impulsivo. Però continuo a non capire che cosa gli sia accaduto domenica, chi lo ha spinto, chi lo ha consigliato. Sono rimasto ad ascoltare così stupefatto da non saper neppure reagire sugli stessi toni. Meglio così. Gigi Radice

Persone citate: Cecchi Gori, Gigi Radice, Lazaroni, Mirko Ferretti, Radice, Vittorio Cecchi Gori

Luoghi citati: Firenze, Monza