«Vergognati vietcong»

14. IL CASO. Parigi, l'Académie Frangaise sotto accusa per un premio assegnato all'ex ideologo di Hanoi «Vergognati, vietcong» Ha adorato Hitler e poi Mao PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Scandalo all'Académie Francaise. La sua più alta ricompensa - il Premio della Francofonia - onora Nguyen Khac Vien, intellettuale vietnamita il cui amore per Apollinaire non eclissa il passato filo-hitleriano, indi (dal '49) stalinista. Dopo breve incubazione nella popolosa comunità viet parigina, la polemica divampa ora sui giornali. Un comitato ad hoc implora l'Académie di rimangiarsi la nomina, adducendo ragioni superiori. Ma non è facile che gli Immortali ammettano uno sbaglio. Tanto più se Hanoi lascia intravedere rappresaglie diplomatiche. Nondimeno, la querelle avvelena il Capodanno nelle ovattate sale di Quai Conti, ove gli scandali sono eccezione rarissima. Processare Nguyen significa inoltre mettere sott'accusa la cultura marxista cui tra mille distinguo l'establishment francese riconosceva finora una legittimità ideologica o comunque la buona fede intellettuale. Quantomeno per gli uomini di pensiero alla Sartre, forse nai'fs e settari ma non compromessi. Un esempio: nel '75 Le Monde Diplomatique scelse proprio Nguyen per fargli commentare, su cinque colonne, la caduta di Van Thieu. E a Le Monde l'archivio rigurgita vecchie «tribune libere» in cui l'ideologo viet commentava l'attualità nel Sud-Est asiatico. Eppure oggi sull'autorevole quotidiano parigino Nguyen viene definito «araldo di un regime torturatore». Il personaggio è senza dubbio complesso. Nasce ottant'anni fa in una famiglia mandarina del Vietnam centrale. Il 1937 lo vede già a Parigi. Tisico, in perenne bolletta, studia Medicina. La Francia per lui non è ancora l'orchessa del colonialismo imperialista, ma una vera madrepatria la cui grendezza letteraria finirà per stregarlo. Peccato che la IH Repubblica viva in quei mesi, dopo l'effimero Front Populaire, gli spasmi dell'agonia. Primavera '40: la Blitzkrieg hitleriana l'affascina e gli offre un modello nazionale per l'obiettivo che ormai vagheggia, l'indipendenza viet. Entra allora in relazione con i servizi germanici della Francia occupata e organizza stages nel III Reich per i suoi connazionali. Lo spinge verso l'Asse il fantasma della libertà (come accadrà peraltro in Iraq ai leader autoctoni). Cacciare i francesi alleandosi con i loro nemici: perché no? In fondo, il patto Ribbentrop-Molotov dimostra che neppure l'oltranzismo ideologico conosce tabù insuperabili. Ma è una parentesi. Nel '49 Nguyen Khac Vien, rimasto in Francia, sposa il pcf e la nuova ortodossia. Eccolo calunniare 1'«avventurismo trotzkista», il «traditore Tito», i «dissidenti, spie occidentali». Paragona l'ungherese Rajk a Jacques Doriot, bieco alfiere della «collaborazione totale» franco-tedesca. Negli Anni 60 il governo di Hanoi lo richiama per dirigere l'editoria internazionale di partito. I libri diffusi sono in buona misura francofoni, ma senza alcun valore linguistico: propaganda al 100%. E anche gli incarichi giornalistici che via via ricoprirà lo consacrano agit-prop nel furore anti-americano. Con il 1981 giunge la terza fase. Nguyen esce dal bipolarismo rosso-nero e, dopo Hitler, rinnega Mao. Terminate le fedi istituzionali, sceglie l'eresia. Sollecita il regime a scaricare la zavorra dogmatica, promuovere il multipartitismo, indire elezioni. Per Hanoi è lo choc. Curriculum marxista e prestigio internazionale gli conferiscono un'aura da «intoccabile». Dunque non finirà in lager. Ma lo emarginano. Nguyen scopre così la solitudine, efficace nemesi per un uomo che vide a lungo in ogni dissidenza null'altro che l'ombra della Cia. L'isolamento, tuttavia, dura poco: Nguyen apre la via del nuovo corso viet. Hanoi mostra prudenza eccessiva, lui la rimbecca ma senza traumi irreparabili. Seguono conferenze, tournée, articoli sui maggiori quotidiani di Asia, Europa, America. E' l'ultimo Nguyen quello che l'Académie Francaise premia, valorizzando per l'occasione la francofilia espressa in saggi di rilievo. L'onorificenza può sembrare miope o - peggio - indignare. Ma il tortuoso itinerario di Nguyen è, a modo suo, esemplare, lieto fine incluso. A meno che la triplice conversione non abbia per scenario l'opportunismo. Enrico Benedetto ng» Mao momento del rifiuto in un disegno di Steinberg noi chi paga? a fra gli italiani tsguqpdMsFmcbgA momento del rifiuto in un disegno di Steinberg L'italianista Franco Fortini. Sostiene che in Italia i «giudici» più feroci sul passato sono gli ex comunisti. Sotto: Paolo Volponi e (a destra) Ruggero Guarini