Razzismo può essere anche un ospizio; un consiglio per Goria di Luigi Covatta

Razzismo può essere anche un ospizio; un consiglio per Goria LETTERE AL GIORNALE Razzismo può essere anche un ospizio; un consiglio per Goria Pericolo: baby-pensionati In una lettera su questa rubrica dal titolo «Non sparate.sui baby-pensionati» il sig. Roberto Sacco paragona la rendita di un capitale accumulato in vent'anni ad una pensione per attività della stessa durata. Non è assolutamente possibile fare un paragone del genere in quanto la pensione non rappresenta gli interessi di un capiiale accumulato nei vent'anni di lavoro attraverso i contributi previdenziali detratti dallo stipendio ma è il frutto di una forma assicurativa. L'entità del premio pagato (i contributi previdenziali) e l'entità della pensione vengono calcolati mediante formule che tengono conto della speranza di vita, del fatto che un certo numero di soggetti non raggiunge l'età della pensione e che altri decedono nei primi tempi del pensionamento; i contributi versati da costoro serviranno in parte per pagare la pensione ai sopravvissuti; se tutti vivessero fino a ottant'anni l'istituto pensionistico cesserebbe di esistere o l'entità dei contributi previdenziali sarebbe tale da risultare insostenibile per i lavoratori. Per fare un esempio, un soggetto che cessasse la sua attività a quarant'anni dopo aver lavorato per venti anni e che avesse accumulato un capitale pari alle trattenute di una pensione per un uguale periodo di lavoro, avrebbe degli interessi annui inferiori alla pensione stessa; tali interessi inoltre per via dell'inflazione tenderebbero a divenire sempre più esigui nel giro di qualche anno, mentre se queste trattenute fossero state versate per maturare una pensione e se questo soggetto vivesse fino ad ottant'anni, la pensione gli verrebbe versata, periodicamente rivalutata, per ben quarant'anni! Se invece di andare in pensione a quaran¬ t'anni, andasse diciamo a cinquantacinque, dopo cioè trentacinque anni di lavoro, la pensione verrebbe versata per soli venticinque anni. Se non si sta entro limiti ragionevoli o si aumentano i contributi previdenziali o si diminuisce l'importo delle pensioni. Non possiamo quindi che concludere che è assolutamente indispensabile «sparare sui baby-pensionati» molto prima che raggiungano gli ottan'anni. Gherardo Poletti, Torino Quanti «asociali» nei nostri lager Cinquantanni fa nel sobborgo berlinese di Wannsee, i capi del partito nazista di Hitler si riunirono per organizzare la «soluzione finale» del problema ebraico. Esso divenne il culmine dell'orrore in un secolo che aveva assistito ad ondate di morte e di distruzione. Condannò a morte sei milioni di ebrei nei campi di concentramento e nelle camere a gas di Auschwitz, Dachau, Sachsenhausen, Buchenwald, Chelmno, Majdanek, Belsin, Sobibor, Belzec, Treblinka e Ravensbrùck. Milioni di socialisti, comunisti, sindacalisti, omosessuali e lesbiche, coloro i quali i nazisti denominarono «elementi asociali» come gli zingari, i malati mentali e gli appartenenti a sette religiose, perirono anch'essi nelle camere a gas e nei campi di concentramento. L'odio per gli ebrei costituiva l'essenza stessa dell'ideologia nazista. La «soluzione finale» è ciò che il nazismo realmente significava. Tutto ciò desta la nostra indignazione. Ma dobbiamo chiederci: siamo noi meno colpevoli di quella gente che taceva 50 anni fa? Non siamo anche noi spettatori silenziosi dei tanti Lager di casa nostra? Non saranno campi di sterminio, certo, ma sono corridoi di ospedali intasati di lettini, cosiddetti repartini di handicappati rimasti senza famiglia, trattati peggio di oggetti. Poi ci sono case di riposo per anziani dove l'attesa della morte si trasforma in un grido angoscioso di liberazione. Stazioni ferroviarie dove, tra la generale indifferenza della gente, vivono passando la notte malati di mente, barboni e immigrati di colore, ecc. Di tanto in tanto l'occhio indiscreto della televisione, quando è in vena di sincerità, ci mostra questi Lager di casa nostra dove la sofferenza delle creature umane raggiunge limiti insopportabili. Il silenzio di fronte a queste realtà che stanno sotto i nostri occhi non può essere innocente. Siamo tutti responsabili, politici e semplici cittadini, tutti sappiamo, tutti dobbiamo fare la nostra parte. Guerriero Gianfelici Grugliasco (Torino) Caro Moretti Marx è un fantasma Ho letto la riflessione sconsolata di Nanni Moretti sulle sorti del comunismo. Lei, Moretti, è un inguaribile sentimentalone, possibile che non ha ancora capito, o fa finta, che il marxismo è stato azzerato dalla storia, che ha smesso di illudere le masse, di dare finte speranze alle moltitudini, di ammazzare milioni di uomini, in nome della dittatura del proletariato, in ogni angolo della Terra? Lei è uno dei più pervicaci nella speranza che tutto non sia vero, Moretti, non si sa se più ammirare la sua fiducia o dubitare delle sue capacità. Molti suoi colleghi di fede più furbi hanno detto che già da tempo si erano «dissociati», capisce Moretti, e lo dicono per restare «a galla». Forse scriveranno dei libri, manco a dirsi pubblicati da Feltrinelli, per dire del come e del perché da tempo non credevano più in Marx, magari non è vero, ma un libro si vende almeno a 30.000 lire. Diventi furbo, faccia come loro, prepari un fimi melanconico- crepuscolare per dirci che la sua fede rossa già da tempo vacillava, che era insomma un bluff, perché anche lei aveva «capito». Chissà, resterà a galla pure lei. Giuseppe Sonino, Ragusa Un'imposta sul respiro Illustrissimo ministro Goria, che idea! Lei è un autentico genio della Scienza delle Finanze, cionondimeno forse potrebbe ancora recepire qualche umile consiglio. Perché non applicare ai cittadini un «Respirometro» e tassare tutti secondo il consumo di aria? Pensi che gettito, e nel perfetto rispetto della più rigorosa equità fiscale. Con viva ammirazione. Tino Bianco, Milano Anche in Svizzera crociere dello spirito In relazione all'articolo comparso sul suo giornale nell'inserto «Società e cultura» del 27 novembre a proposito dell'attività filosofico-terapeutica di Marc Sautet, mi preme sottolineare che da oltre cinque anni conduco seminari di tale natura abbinati ad un corso di filosofia psicanalitica riferito in modo particolare alle opere di G. Deleuze, E. Severino e L. Wittgenstein. Preciso inoltre che essendo i corsi suddetti già in funzione oltre che in Svizzera e Italia anche nella Francia meridionale, non si tratta invero di una attività pionieristica nemmeno per quanto concerne il panorama culturale francese. Neppure le cosiddette «crociere dello spirito» rappresentano a rigore una novità sostanziale; ancorché sotto altro appellativo meno nettuniano, tali percorsi topologici sono infatti parte integrante del programma di lavoro da me normalmente diretto. prof. Paolo Dova Istituto superiore di filosofia psicanalitica Speicher (Svizzera) Le tangenti il carcere, le multe Chiunque abbia letto l'intervista da me data ad Augusto Minzolini e pubblicata sulla Stampa di oggi 2 gennaio può rendersi conto della assoluta incongruità del titolo «Multe, non il carcere a chi prende tangenti». Purtroppo, però, spesso si leggono solo i titoli. Affermare che l'orientamento per la nuova legge sul finanziamento dei partiti è quello di prevedere sanzioni amministrative non giustifica in nessun modo il titolo che avete scelto. sen. Luigi Covatta

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