I deportati si sfamano coi serpenti di Aldo Baquis

L'Olp boccia la proposta di Rabin per perdonare gli espulsi: non fermeremo mai FIntifada L'Olp boccia la proposta di Rabin per perdonare gli espulsi: non fermeremo mai FIntifada I deportati si sfumano coi serpenti E Israele permette il ricovero dei malati TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Sul parco desco dei 415 palestinesi espulsi in Libano il mese scorso hanno fatto ieri una prima apparizione i serpenti. Sei rettili di montagna, catturati da mani svelte e subito scuoiati, tagliati a pezzetti e arrostiti. Una leccornia che ha interrotto, per un momento, la monotonia del riso e delle patate. Ieri, nell'accampamento di Marj ez Zuhur sono comparsi anche i datteri, trafugati a dorso di mulo (assieme a qualche sacco di farina) da compiacenti contadini sciiti, mentre i soldati libanesi guardavano in un'altra direzione. Il governo israeliano ha fatto sapere che consentirà l'eventuale ricovero in ospedale dei palestinesi deportati, qualora la loro vita fosse in pericolo. Oggi, intanto, dieci integralisti, espulsi per errore, dovrebbero tornare nei Territori. Le autorità militari israeliane hanno detto che possono presentarsi in qualsiasi momento all'aeroporto di Tel Aviv o a uno dei valichi che collegano il territorio nazionale libanese alla «Fascia di sicurezza» (controllata da Israele), eccezion fatta per il valico più vicino all'accampamento, quello di Zumraya, che è stato chiuso e minato. Il governo di Beirut ha però posto il veto al loro ingresso, sia pure di passaggio, nel territorio libanese. Per uscire dalla situazione di stallo sarà forse necessario ricorrere all'Unifil (la forza di pace delle Nazioni Unite): potrebbero essere gli elicotteristi del contingente italiano - ha detto radio Gerusalemme - a prelevare i dieci dall'accampamento e a portarli al confine israeliano. Un portavoce degli espulsi, Abdel Aziz Rantisi, ha intanto respinto la proposta lanciata venerdì dal premier israeliano Yitzhak Rabin per un rientro fra nove mesi se nel frattempo nei Territori l'Intifada si sarà placata. «Rabin forse voleva scherzare - ha detto Rantisi -. L'Intifada è l'insurrezione di un popolo che lotta contro l'occupazione militare, e non può essere sospesa». Reazioni fredde anche a Gerusalemme Est, dove i quotidiani palestinesi hanno pubblicato ieri con grande risalto la proposta di Rabin. «Perché si possa pensare a una sospensione dell'Intifada ha detto alla radio militare israeliana Faisal Husseini, il principale esponente filo-Olp dei Territori - occorre affrontare il problema alle radici». Esprimendosi in ebraico, per essere meglio compreso dagli ascoltatori, Husseini ha aggiunto che a gesti di buona volontà da parte del governo israeliano seguirebbe un'adeguata reazione palestinese. Nella proposta di Rabin, la portavoce palestinese Hanan Ashrawi ha scorto un aspetto positivo, anche se involontario. «Evidentemente - ha detto - il premier si è accorto di aver compiuto con le espulsioni un errore politico e ora cerca di fare marcia indietro». Anche la Ashrawi ha però respinto l'idea di sospendere l'Intifada in cambio di una riduzione della pena inflitta agli espulsi, dato che «le azioni illegali, come le espulsioni, non possono essere oggetto di alcuna trattativa». Queste reazioni non devono aver sorpreso Rabin. Collegando venerdì per la prima volta una riduzione del periodo delle espulsioni alla cessazione immediata delle violenze nei Territori, il premier aveva stimato che la probabilità che la proposta fosse accolta «dai capi dell'Olp e dai simpatizzanti di Hamas nei Territori» era «quasi un sogno spagnolo», cioè una chimera. Eppure sia la sortita del premier sia alcune dichiarazioni rilasciate il giorno precedente da Nabil Shaatb (stretto collaboratore di Yasser Arafat) fanno ritenere che da entrambe le parti si cerchi di aggirare la questione degli espulsi per portare avanti il processo di pace. «Siamo intenzionati - ha detto Shaath - a perseverare nella lotta per la revoca delle espulsioni, ma al tempo stesso i negoziati di pace restano un interesse palestinese». Ieri Rabin si è detto certo che le trattative con gli arabi riprenderanno a febbraio o a marzo, dopo l'insediamento alla Casa Bianca di Bill Clinton. «Sono persuaso - ha aggiunto - che a Washington, accanto al tavolo dei negoziati, ritroveremo anche i palestinesi». Aldo Baquis Guerriglieri dell'Olp nel campo di Ein el-Hilweh, in Libano [FOTOAP]

Luoghi citati: Beirut, Gerusalemme, Gerusalemme Est, Israele, Libano, Tel Aviv, Washington