La terribile vendetta degli islamici, sgozzati 5 gendarmi di Enrico Benedetto
la terribile vendetta degli islamici, sgozzati 5 gendarmi ALOERIA Imbarazzo a Parigi: uno dei fondamentalisti già condannati al patibolo è un cittadino francese convertito all'Islam la terribile vendetta degli islamici, sgozzati 5 gendarmi Clima da guerra civile nel Paese: 71 attivisti del Fis rischiano la pena di morte PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Cinque gendarmi sgozzati nel Sud algerino: gli ultra islamici iniziano il '93 con una strage. Nel darne notizia il quotidiano «El Watan» scrive che il commando fondamentalista ha preso di mira, venerdì sera, una postazione non lontana da Laghouat. Non vi sarebbero testimoni. Uccisi i gendarmi, gli aggressori sono fuggiti prendendo le loro armi: 5 mitra. L'eccidio illustra il clima da guerra civile strisciante che, dopo la breve tregua natalizia, continua ad affliggere l'Algeria. Prime vittime, militari e poliziotti, rei della sanguinosa repressione verso il Fis, la principale forza integralista locale messa fuorilegge due anni fa per impedirle la vittoria nel secondo turno legislativo. Dal giugno '91 il suo leader, Abassi Madani, è in carcere, come - a centinaia - i militanti. L'assassinio del presidente alge¬ rino Ahmed Boudiaf, la scorsa estate, ha ulteriormente compromesso ogni possibile tregua fra le autorità e il radicalismo islamico. I processi contro i duri filoiraniani si moltiplicano, la tensione cresce. A Bechar la Corte Militare esamina in questi giorni 71 militari per «banda armata e propaganda sovversiva». Rischiano l'esecuzione. Il giorno di Capodanno i loro difensori si sono dimessi: la magistratura violerebbe ogni minima garanzia legale. Il bilancio '92 appare severo: ventisei condanne capitali per terrorismo, cui il 30 dicembre si è aggiunta quella d'un cittadino francese, Didier-Roger Guyan alias Abdelkrim, il nome che assunse nel convertirsi all'Islam. La storia imbarazza il Quai d'Orsay. Invocare clemenza presso il governo algerino non sarebbe fuori luogo: il quarantatreenne Guyan deteneva sì armi, esplosivi e manuali per attività terroristiche, ma nessuno gli attribuisce omicidi. E tuttavia Algeri potrebbe accusare Parigi di fiancheggiamento o simpatia verso gli oltranzisti musulmani, imputazione poco verosimile ma che riaffiora spesso nel complesso dialogo fra le due capitali. Se vuole salvare la vita di Abdelkrim, la Francia deve muoversi con grande cautela, senza proteste ufficiali. La grazia è forse negoziabile, ma richiederà un «do ut des». Guyan non la chiama «pena di morte», bensì «martirio». Tunica bianca, lunga barba, nel perorare la sua causa in un buon arabo dalle lievi inflessioni francesi citava senza posa «Allah misericordioso». Il pubblico ministero lo riteneva un leader, i giudici gli hanno dato ragione infliggendo pene minori ai suoi 4 complici. Chi l'ha conosciuto ragazzo nella banlieue parigina ancora non sa capacitarsene. I servizi di polizia transalpini lo descrivono in gioventù come un piccolo delinquente amatoriale, con lunghe soste in galera e riformatorio. Ma un bel giorno inizia a fare il globe-trotter, zaino in spalla. Africa nera, Marocco, poi Mali, dove incontra l'imam algerino fllo-khomeinista Ben Yellouf, suo futuro padre spirituale. Si converte e ne sposa la sorella, Fathia. Mettono su casa insieme a Sartrouville (Yvelines), una pia esistenza allietata da due figli. Ma quando scoppia la Guerra del Golfo, Abdelkrim freme. Piomba ad Algeri e chiede lo mandino volonta¬ rio sul fronte iracheno per battersi contro americani e francesi. Abassi Madani gli ribatte però secondo l'istruttoria - che può meglio servire la causa reclutando volontari in Francia. Rientro alla base. Didier-Roger Guyan frequenta i poligoni, studia tecniche guerrigliere. Non appena Algeri proclama lo stato d'assedio e liquida il Fis, riparte per il Maghreb. Lo arresteranno al volante del sua «Peugeot 504», con fucili e bombe nel bagagliaio. Qualche giorno più tardi, la tv algerina trasmette la sua confessione dal vivo. Quella lunga autoaccusa, ritrattata invano nei mesi successivi, serve per incastrare Abassi Madani. Il povero ex banlieusard diviene la prova vivente che esiste davvero una congiura islamica di taglia internazionale. La sua condanna accredita quella (peraltro benevola, in definitiva) alla leadership Fis. Enrico Benedetto Il leader del Fronte Islamico di Salvezza (Fis) Abassi Madani attualmente in carcere ad Algeri
Persone citate: Abassi Madani, Ahmed Boudiaf
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