Capello di Roberto Beccantini

L'allenatore rossonero fa il punto su un anno straordinario e pronostica un 1993 carico di vittorie L'allenatore rossonero fa il punto su un anno straordinario e pronostica un 1993 carico di vittorie Capello Juve e Inter, mi mancate Noi grandi come VAjax MILANO. Evviva l'anno nuovo, ma senza esagerare. Fabio Capello tifa clandestinamente per un altro 1992. Difficile dargli torto. Il Milan, il suo Milan, ha vinto Io scudetto e prenotato il bis; non perde da 48 partite; è lanciatissimo nelle Coppe. «In mano, però, non abbiamo ancora niente». Sorride. Sbuffa. Che slogan ha scelto per il 1993? «L'anno del raccolto e della perfezione. Alludo a tutto quello che bolle in pentola». Che calcio vedremo? «Un calcio sempre più veloce e sempre più tecnico. Un calcio dove, a parità di velocità e di forza atletica, sarà la tecnica a scavare la differenza». Voce di pòpolo: il Milan ha già dato il massimo. «Il massimo, nello sport, è un concetto che non esiste. Anche questo Milan può e deve migliorarsi». Ma dove e come, di grazia? «Nella rapidità d'esecuzione. Nell'incisività sotto porta». Il suo primo scudetto, vinto con la maglia della Juventus, risale al 1972. «Per quei tempi, una squadra all'avanguardia. Le frontiere chiuse ci impedirono di pescare il fior fiore degli stranieri. Avevamo Haller, cui si aggiunse Altafìni. Mancò un adeguato ricambio. Inoltre, teniamo conto che ci si allenava di meno». Quanti paragoni: l'Ajax di Cruyff, il Real di Di Stefano, l'Inter del mago, la Juve di Platini, il Liverpool di Keegan e Dalglish. Coraggio, si butti. «Io penso che, pur nel rispetto delle diverse epoche, questo Milan abbia dalla sua una straordinaria continuità di risultati». E sul piano del gioco? «Real e Liverpool erano fortissimi in casa. L'Inter di Herrera e la Juve di Platini fedeli a uh unico cliché. Ecco, se proprio devo sbilanciarmi, scelgo l'Ajax. Partiva, come noi, da un modulo preciso: dal quale, però, sapeva ricavare splendide varianti. E poi, sempre come noi, spopolava anche in trasferta. Ricordo la finale di Belgrado. Gol lampo di Rep e quindi gestione mirata della partita. Ma se putacaso avessimo imbroccato il pareggio, a Cruyff sarebbe stato sufficiente premere un bottone». Il Milan di Sacchi, il Milan di Capello. «Due mondi lontanissimi». Guardi che l'Arrigo sostiene il contrario. «M'inchino, ma resto della mia idea. Il mio Milan è più flessibile. Il suo era più monolitico, ma anche più monotono. Occupava gli spazi. Asfissiava gli avversari. Io parto da un altro presupposto: che vengano, pure avanti, i rivali, tanto i più forti siamo noi. E poi il contropiede è un'arma che mi ha sempre affascinato. Ha presente il gol di Gullit a Genova? Rijkaard sembrava Platini. E Gullit, Boniek: che male c'è, a dirlo?». Il 1993 sarà l'anno chiave della Nazionale. «Ci qualificheremo, nessun dubbio su questo. Il problema è che Sacchi ha sempre in mente il suo Milan. Solo che, oggi, il mio Milan gioca diversamente, e così, sia che ne chiami sette sia che ne chiami nove, certe discrepanze di rendimento balzano all'occhio». Scoglio disse: Capello è un bluff, se ne accorgeranno. «E difatti se ne sono accorti». Sinceramente: quanto pensa di aver inciso nella messa a punto di un ordigno così esplosivo?. «Mi tengo il 20-25 per cento. Una quota non disprezzabile. E comunque importantissima». Altra malignità: tutti, al posto di Capello, avrebbero fatto come Capello. «Per carità. Non escludo niente. Però attenzione: il Milan è come una Williams, se non impugni bene il volante ai 250 all'ora, rischi di sfracellarti in curva. Trovo che sia più facile guidare un'utilitaria. Fuor di metafora: i giovani, quelli sì che non danno problemi, accettano tutto, il Foggia di Zeman ne è l'esempio lampante». Domenica ricomincia un campionato già finito. «Primo, finito un bel niente. Secondo, se siamo a questo punto - anzi, a otto punti - merito nostro, ma anche colpa della concorrenza». Avete messo in crisi anche il Totocalcio. «Non esageriamo. Il Totocalcio è crollato sotto la tassa delle 100 lire a colonna, e non dopo la cavalcata del Milan». Un pensierino a Juventus e Inter. «Mi mancano...». Lei aveva previsto che assemblare tipi come Baggio, Platt, Vialli e Moeller non sarebbe stato facile. «Appunto, l'avevo previsto». Cosa pensa dell'ultima del Trap, Vialli regista? «Se ha deciso così avrà avuto le sue buone ragioni». La rivelazione del 1992: un nome, uno solo. «Il nostro Simone. Per la serie: tutti questi stranieri intralciano i giovani». La grande scommessa del 1993? «Savicevic. Il presidente stravede per lui. Io anche. Dejan non è più un corpo estraneo». E Gullit? «Mugugni a parte, non lo è mai stato. L'ho sempre giudicato per quello che faceva, e mai per quello che diceva. Sono con Boniperti: uno spogliatoio scoppiettante è sempre preferibile a un ambiente piatto». Le nuove regole? «Hanno cambiato la gestione delle partite. Hanno favorito i più forti. Ci hanno aiutato». Turn over, che parolaccia. «L'ultima trovata di Berlusconi. Vincente, come del resto, tutte le altre». Capello e la violenza, Capello e il razzismo. «Fatti, se possibile, e non parole. Il pericolo più subdolo è l'indifferenza. La tribù del calcio vigili e dia l'esempio: al resto, provveda lo Stato». Verso i Mondiali negli Usa. «Occhio ad Argentina e Brasile. Soprattutto al Brasile. Mi ricollego al discorso che facevo all'inizio: al cocktail di forza, velocità e tecnica. Sulla carta, il Brasile è quello messo meglio». Calcio sempre più a zona? «Sempre più a zona come idea di massima. Guai, però, a soffocare l'estro dei singoli». Provi a immaginare con che gioia verrà salutata la prima sconfitta del Milan. «Non ci vuole molta fantasia. Succede sempre così a chi vince troppo. Succedeva così anche alla mia Juve». Trapattoni è un modello superato? «Ma no, ma no. Giovanni è uno che si applica, che si aggiorna, che studia. Nella peggiore delle ipotesi, che si adegua». Anti Milan, altri Milan: ne esistono in giro? «Forse uno, ma non in Italia. E' il Paris Saint-Germain. Ha i soldi, le ambizioni, il coraggio. Se dura...». Roberto Beccantini Per Capello, «Il mio Milan e quello di Sacchi sono due mondi lontanissimi». Il tecnico riconosce che in Italia i rossoneri non hanno avversari «ma, in Europa, uno potrebbe spuntare: attenzione ai francesi del Paris St. Germain»