Se l'emozione vince il Presidente di Guido TibergaGiovanni Leone

Cossiga pianse il giorno delle dimissioni Leone se ne andò con un messaggio freddo Pertini, occhi rossi ai funerali, mai in tv Se l'emozione vince il Presidente Prima, di Scalfaro, lacrime di Cossiga e Pertini COMMOZIONE AL QUIRINALE LACRIME di Presidente. Momenti di commozione dalle sfumature sempre diverse: frequenti ed emozionati quelli di Scalfaro, il piemontese riservato ma tutt'altro che freddo. Amari e rabbiosi quelli di Cossiga, il sardo dalle due personalità: Jekyll, il professore silenzioso, ed Hyde, l'esternatore a tempo pieno. Tristi e privati quelli di Pettini, il Presidente degli anni di piombo, costretto dagli eventi a presenziare a decine di funerali di Stato. Da quando le telecamere si sono impadronite della politica, scavando con gli zoom nei sentimenti dei protagonisti, gli occhi umidi non sono più un'eccezione. Nel suo messaggio di San Silvestro, Scalfaro si è interrotto due volte, salutando i malati «senza umana speranza», e i soldati «che in tante terre lontane sono presenti per ragioni di libertà e di pace». «Penso in particolare alla Somalia - ha proseguito il Presidente con le lacrime agli occhi - e mi raccolgo nel silenzio, nel ricordo di chi non è più tornato a casa». All'estero non si stupisce più nessuno: i leader americani piangono così spesso, specie in campagna elettorale, da sembrare finti. In Inghilterra, davanti al pubblico compassato della Bbc, perfino Margaret Thatcher era scoppiata in lacrime, alla faccia della sua fama di lady di ferro. Da noi, però, le lacrime in diretta fanno ancora sensazione. Eppure Scalfaro, al vertice della Repubblica da appena sette mesi, si era già fatto vincere dalla commozione in due occasioni, complici i ricordi e la devozione. La prima in luglio, a Novara, la città della giovinezza e dei primi passi in magistratura e nella democrazia cristiana. «Ogni sasso, ogni strada, ogni angolo di questa città mi torna carico di ricordi», diceva il Capo dello Stato, parlando a braccio'nel Broletto, il palazzo medievale che domina la parte vecchia della città. «Cara Novara, quanto ti voglio bene...», continuava, mentre l'emozione gli spezzava di continuo la voce. La seconda il mése scorso, in Vaticano. In frac nero, con al collo i simboli delle onorificenze pontificie, il Presidente si è arrampica¬ to per gli scaloni che lo avrebbero portato all'incontro con il Papa con i pugni tesi, le guance arrossate, la commozione che sembrava sempre sul punto di dare il largo alle lacrime. Ma Scalfaro non è il solo, né il primo. Anche Cossiga aveva pianto a reti unificate, il giorno delle dimissioni. Per i messaggi di fine anno, Cossiga aveva sempre scelto la strada della differi¬ ta, ma per il discorso dell'addio, quello dell'«uomo solo», aveva voluto la diretta. Tre quarti d'ora davanti alle telecamere. Senza cedimenti, fino all'appello conclusivo: «Per sette anni ho cercato di servire il mio Paese. Ai giovani voglio dire di amare la Patria, di onorare la nazione, di servire la Repubblica...». Quella di Cossiga, che già aveva pianto ricordando tre carabinieri assassinati a Bologna, era stata la prima commozione televisiva nella storia della Repubblica. Forse perché nessuno mai aveva parlato in diretta, prima. Non si era emozionato Giovanni Leone, il 15 giugno 1978, quando si era presentato con l'aria distrutta per annunciare le dimissioni forzate: «La mia scelta non poteva essere che questa - aveva detto, quasi con rabbia -, visto che la campagna diffamatoria sembra aver intaccato la fiducia delle forze politiche». Pertini piangeva di fronte alla morte: a Genova, sotto il diluvio, ai funerali di Guido Rossa. A Bologna dopo la strage della stazione. A Roma dopo l'attentato alla sinagoga. E si commuoveva nei viaggi all'estero, quando gli emigrati italiani gli ricordavano gli anni dell'esilio. Ma in tv, no. Parlava con il tono del vecchio nonno, a braccio, senza badare troppo alle regole della retorica e neppure agli scherzi della memoria: nell'83, condannando le dittature sudamericane, confuse il Nicaragua con il Guatemala, provocando le immediate proteste del governo di Managua. Oppure interveniva per sferzare l'inefficienza del Palazzo. Ed erano feroci polemiche. «Per qualcuno - disse in Irpinia, quando i soccorsi per il terremoto sembravano non arrivare mai - il Capo dello Stato dovrebbe essere sordo, muto e cieco. Ma io non sono né sordo, né muto né cieco». Guido Tiberga Cossiga pianse il giorno delle dimissioni Leone se ne andò con un messaggio freddo Pertini, occhi rossi ai funerali, mai in tv Foto a destra: l'ex presidente della Repubblica Sandro Pertini Nella foto a fianco: Giovanni Leone Alla sua sinistra: Francesco Cossiga