Grozny per Eltsin blitz al rallentatore

Dudaev chiede un incontro, il Cremlino tace. I democratici: la dittatura si avvicina Dudaev chiede un incontro, il Cremlino tace. I democratici: la dittatura si avvicina Grozny, per Elisili blitz al rallentatore Anche bombe laser contro i ceceni, ma la città resiste MOSCA DAL NOSTRO INVIATO L'avanzata delle truppe russe verso Grozny sembra essersi fermata ieri pomeriggio, non si sa se per effetto di una scelta dei comandi, o per la resistenza opposta dalle truppe di Dudaev. Fatto sta che mercoledì notte e giovedì mattina i combattimenti infuriavano su tutta la linea del fronte, ormai variante da due a cinque chilometri dal centro della capitale cecena. Aerei Sukhoi od elicotteri hanno martellato per ore, con l'accompagnamento dell'artiglieria pesante, i dintorni dell'aeroporto militare di Khankala, senza riuscire però ad avere ragione dei reparti ceceni. In tarda mattinata - notizia confermata anche da parte russa - i eoceni avrebbero addirittura tentato una sortita con un piccolo gruppo di blindati sulle cui fiancate avevano scritto «A Mosca!». Sortita bloccata dai russi, che però dopo qualche tempo dovevano arretrare di tre chilometri, lasciando solo «una cinquantina di cecchini» a rendere impraticabile la strada per l'aeroporto. Piccoli episodi che dicono però molto sulla difficoltà di procedere che incontra il contingente russo. I ceceni affermano di aver perduto sette uomini, ma esultano perché hanno captato le trasmissioni radio tra i comandi russi, dove si parlava di «grosse perdite» in campo avverso. Colpito e incendiato dagli aerei russi un deposito con 50.000 tonnellate di carburante. E - informazione ufficiale russa - per la prima volta sono entrati in azione i missili «di alta precisione»: per distruggere al suolo l'elicottero personale di Dudaev e per demolire due ponti presso la cittadina di Argun, da cinque giorni contesa e ancora in mano cecena. Il ministro della Difesa, Pavel Graciov, ha comunque spiegato ieri che la tattica delle sue truppe non prevede un vero e proprio «assalto» sulla città, ma una «progressione in profondità». In altri termini Mosca afferma di voler evitare un bombardamento massiccio preparatorio - prologo classico per questo tipo di azioni, ma che comporterebbe enormi perdite tra la popolazione civile - e di voler invece avanzare gradualmente. A Mosca, intanto, si approfondisce la divisione tra i radical-democratici e il Presidente. Ieri un altro colpo all'immagine di Eltsin è venuto dalle dimissioni di Elena Bonner, la vedova di Sakharov, dalla Commissione per i diritti umani presso il Presidente. «Non posso in alcun modo collaborare, in queste condizioni, con la sua Amministrazione». Mentre il consigliere presidenziale Gheorghij Satarov lancia l'allarme per uno «scivolamento verso un regime poliziesco». Tendenza - egli dichiara - «che era già percettibile prima dell'I 1 dicembre (data dell'intervento in Cecenia, ndr) e che è divenuta un pericolo reale dopo quella data». Giudizio che coincide con quello dei democratici. Ma Satarov accusa proprio i democratici di essere la causa principale di questo «scivolamento», con le loro critiche al Presidente. E tuttavia i segni di profondi movimenti politici s'intensificano. Ieri un gruppo di deputati del Consiglio della Federazione (che è l'organismo in cui sono presenti tutti i dirigenti delle autonomie federali, Repubbliche e Regioni) ha annunciato che presto verrà posta all'ordine del giorno la questione della sfiducia contro Vladimir Shumeiko, presidente di quella Camera, membro del Consiglio di Sicurezza e alleato di Eltsin. Sarebbe un colpo duro al Presidente e alla sua nuova squadra, proveniente da uno - forse il più im¬ portante - dei potenziali centri di resistenza a un potere centrale che volesse imporre la sua linea alle autonomie federali. L'accusa a Shumeiko è di «non aver difeso gl'interessi del Consiglio della Federazione» e di non aver informato i deputati della preparazione dell'offensiva militare in Cecenia. Il presidente della Duma, Ivan Rybkin, che ha mantenuto posizioni analoghe a quelle di Shumeiko, potrebbe presto essere sottoposto a una analoga sfiducia. Tenendo anche conto che proprio ieri Rybkin ha dichiarato - opinione che contrasta con il parere di quasi tutte le frazioni parlamentari - che «un rinvio delle elezioni sarebbe costituzionalmente possibile». Si delinea dunque un nuovo avvitamento della contrapposizione tra Parlamento e Presidente, che potrebbe aprire la strada, appunto, allo «scivolamento» di cui parla Satarov. E di trattativa nemmeno l'ombra. Ieri si è fatto vivo Dudaev con un telegramma in cui invita Eltsin a un incontro «faccia a faccia». Che non è, ovviamente, nei piani del Cremlino. Giuliette Chiesa Una controffensiva dei miliziani costringe gli assediami ad arretrare In pericolo la carica di Shumeiko uno dei fedelissimi del Presidente Elena Bonner e da sinistra donne e bambini in fuga da Grozny I miliziani ribelli martellano con l'artiglieria pesante le truppe russe