Giocatore dell'anno? Maradona
Giocatore dell'anno? Maradona Giocatore dell'anno? Maradona Ultima volta da protagonista, poi il doping IEGO Armando Maradona. Gli dedichiamo l'anno. Un re senza corona. Ma sempre, e per sempre, un re. Il nostro re. D'accordo, Romario e Stoichkov per quello che hanno vinto, l'uno il mondiale, l'altro il pallone d'oro, Klinsmann e Dumitrescu per quanto hanno segnato (11 gol a testa), meritano un posto in prima fila. Giusto. E nessuno intende sottrarglielo. Ci mancherebbe altro. Del resto i risultati sono sacri. Orientano e scrivono la storia. Però c'è Maradona. E il 1994 lo ricorderemo anche, e soprattutto, per averci distillato le ultime gocce di Diego giocatore. Le ultime? Temiamo di sì, le ultime. Il gol alla Grecia, l'urlo al Foxboro stadium, gli occhi allucinati svenduti alla tv, il delitto (di doping, parte seconda) e il castigo (quindici mesi di squalifica, come la prima volta), l'esecrazione e l'espiazione. Come il Raskolnikov di Dostoievsky, Diego portava dentro di sé il peso del peccato: sapeva, nella speranza, vana, che gli altri tardassero a sapere. Non già la puntata saliente di un romanzo, ma il riassunto di una carriera, l'estratto di una vita. La sua. Dei benpensanti non ce ne può fregare di meno. A Diego dobbiamo i colpi di coda di un'arte che è sempre più mestiere, e di un mestiere che è sempre meno passione. L'Argentina di Maradona avrebbe probabilmente vinto la Coppa del Mondo. L'Argentina senza Maradona l'ha persa, subito. Due partite, con Bulgaria e Ro¬ mania, due sconfitte: sipario, tutti a casa. Averlo scaricato nel modo più facile e codardo: colpa sua, ben gli sta, è un atto non meno deplorevole delle sue bravate sulle quali, per anni, i giornali hanno costruito pagine e tirature. Due gol, per sigillare un'epoca: il primo, informale, al Marocco. Il secondo, ufficiale, alla Grecia. E con la Nigeria, ai Mondiali, le ultime magie, l'ultimissima chiamata. Era il 25 giugno, un sabato, San Guglielmo. Il 3 gennaio, a Parigi, France Football gli consegnerà un pallone d'oro alla carriera. Intanto, a 34 anni, Maradona volta pagina. Le turbolenze sono il suo pane. Se non spara ai cronisti, non è contento. Si è messo a fare l'allenatore, proprio lui che, dal campo, rendeva inutile e ridicola la presenza di qualunque stregone. Dopo un tempestoso tirocinio al Deportivo Mandiyu, ha firmato per il Racing di Buenos Aires. Sempre eccessivo, in tutto e con tutti. Diego Armando in panchina è, per ora, un Pavarotti imbavagliato con la bacchetta in mano. Dovremo farci l'abitudine, non sarà facile. .L'Argentina l'ha usato e rimosso, come da protocollo consolidato. Havelange e Blatter non aspettavano che la sua pipì: guai se il divino reietto avesse ostacolato la marcia del Brasile. Diego non è un martire, ma un po' vittima, sì. Tutti, adesso, dicono che (allora) erano a conoscenza di tutto. Omertà pelosa. Paga, Diego, un diabolico intruglio a base di efedrina, una pozione «obbliga- ta» per smaltire gli effetti di una dieta micidiale. Se volete che torni, se volete, soprattutto, che vi faccia godere come una volta, allora mi dovete accettare per quello che sono, e per quello che prendo. Ragionava così, ai 40 gradi di Boston, il più grande giocatore di tutti i tempi dopo Pelò, o con Pelé, o prima ancora di Pelé, ognuno scelga la sua classifica; per noi, nessun dubbio: prima di Pelé. I regolamenti lo hanno falciato. L'ipocrisia lo ha aiutato a infrangerli. Il 1995 nasce nel peggiore dei modi, senza Maradona, senza Van Basten (a meno di un miracolo, per il quale stiamo facendo un tifo d'infer¬ no), con Romario in crisi postmondiale e Roberto Baggio malinconicamente asserragliato ai box. Ci hanno spiegato, e ce lo spiegheranno ancora, potete scommetterci, che la legge deve essere uguale per tutti. Nulla da obiettare, vostri onori. Resta il fatto che, oggi, Maradona allena, come tanti, mentre sino a ieri ci deliziava, come nessuno. La sua eredità è troppo lontana dai comuni terrestri per poter essere distribuita in parti più o meno uguali. Per Vladimir Nabokov, l'autore di Lolita, esiste solo una scuola: quella del talento. La stessa di Maradona. Dedicargli l'anno è il minimo che possiamo fare, dopo tutto quello che ci ha dato in fantasia, e tolto per dissolutezza. C'eravamo anche noi, quel sabato di Argentina-Nigeria. Non potevamo immaginare un epilogo così squallido, così meschino, così atroce, ma già allora scrivemmo che sarebbe stato il mondiale di Maradona. A modo suo, lo è stato. [ro. be.] llllll 'lliif IrI» >Jill A fianco Maradona: un gol a Usa '94 e poi la brutta storia del doping; qui sopra il bulgaro Stoichkov, il Pallone d'Oro ha segnato 9 reti nel '94 Il tedesco Klinsmann ha sognato più gol di tutti (II) nel '94 in partite con la Nazionale
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