«Ronconi guidami tu» di Donata Gianeri

Parla De Francovich, che a fine gennaio sarà Re Lear a Roma Parla De Francovich, che a fine gennaio sarà Re Lear a Roma «Ronconi, guidami fu» «Cerco i misteri di un 'età selvaggia» ROMA. Compirà i 59 anni con la barba canuta di Re Lear. Troppo pochi per un personaggio che, secondo la prassi, va affrontato da attori anziani e consacrati per i quali rappresenta, spesso, il punto d'arrivo. Per non dire il canto del cigno. Massimo De Francovich non si considera certamente arrivato e non rientra nel novero dei mostri sacri teatrali. E' un attore bravissimo, ma non popolare. Un attore sottile, ironico, capace di calarsi nei personaggi con disinvolta genialità, ma non si è mai preoccupato dell'immagine. Eppure, è sulla breccia dal '58, quando debuttò con Gassman e, da allora, non si è mai tirato indietro accettando tutte le sfide possibili e riuscendo, ogni volta, a conquistare la vetta. Diciamo, uno che sa recitare, ma se ne sta in disparte. Non a caso Ronconi lo ha scelto per il suo «Re Lear» che debutterà a fine gennaio all'Argentina di Roma. Non a caso De Francovich ha accettato la proposta con la massima naturalezza. Ed è con la massima naturalezza che ne parla, dosando accuratamente le parole per interrompersi qua e là con una delle sue risatine imbarazzate. «Mi è difficile pensare ad un gigante come Re Lear ora che sto girando "Un delitto italiano", film sulla morte di Pasolini. Sarà che io sono teatrante fino in fondo alle ossa e non faccio mai cinema per cui, in questo momento mi sento come se fossi un altro. Ma appena rientro in me stesso e penso a quel po' po' di prova che mi aspetta, mi prende un grande entusiasmo, misto a reverenza e paura. Impresa ardua certo: non solo Re Lear è sempre in scena, ma smuove sentimenti titanici. Inoltre, come dicono, non ho l'età». Che significa, scusi? E' forse un problema di conoscenza di causa? «Si tratta pur sempre di impersonare un signore di ottant'anni: e sino ad oggi se si eccettua Laurence Olivier che era un mostro di bravura e lo interpretò appena trentenne, non c'è mai stato nessuno che avesse oltre vent'anni in meno del personaggio, come ho io. Forse perché si è sempre banalmente pensato che a interpretare un vecchio dovesse essere un vecchio». Si pensa quindi che sia una sfida troppo alta per un attore ancor giovane mostrare in scena i disfacimenti della vecchiaia? «Non so. Anche se non si tratta tanto di una rappresentazione della vecchiaia, quanto piuttosto di un'indagine sulla vec¬ chiaia nei suoi momenti più diversi: ricordo e smemoratezza, paura della morte e desiderio spasmodico di morire, maestà e ridicolo». Lei, che rapporto ha con la vecchiaia? «La sento ancora come qualcosa di molto lontano. Ma credo che avrò con la vecchiaia un rapporto abbastanza sereno. Anche se, come Lear, penso che non si tratti affatto di una stagione pacifica, quanto invece selvaggia, dilaniata da idee e sentimenti che rimangono forti e intensi in un corpo debilitato e impacciato fisicamente. Ma poiché è una cosa che prima o poi capita a tutti, tanto vale accettarla com'è». Crede che, se «avesse l'età», interpretare Lear le sembrerebbe più facile? «No, anzi. Si tratta di un personaggio che richiede una gran forza fisica. Si aggiunga che la vecchiaia non è neppure il vero nocciolo della tragedia: il cui problema centrale è l'abbandono del potere da parte di Re Lear, poiché il potere è un dono divino che, in vita, non può essere ceduto ad altri. Questo gravissimo errore compiuto all'inizio è il vero motore che scatena tutto». Che tipo di Re Lear sarà? «Oddio, chi può dirlo? Ho ancora moltissime perplessità d'ordine interpretativo che soltanto Ronconi sarà in grado di dissipare. Grazie a lui, che è un vulcano di idee, sono certo che questo Re Lear si trasformerà in qualcosa di straordinario, imprevedibile, unico. Ma, a parlarne adesso, mi sembra di seminare sassi lungo tutto il cammino che dovrò percorrere». Donata Gianeri Massimo De Francovich compirà 59 anni con la barba canuta di Re Lear. L'attore sta provando a Roma con Ronconi

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