I suoi amori contrastati e infelici
I suoi amori contrastati e infelici I suoi amori contrastati e infelici Dal matrimonio messicano al flirt con Sgarbi ROMA. Tanto nella commedia sofisticata come nei film mitologici Sylva Koscina ha incarnato meglio d'ogni altra cosa il personaggio dell'oca giuliva, ma soprattutto è stata un fenomeno a metà tra lo spettacolo e il costume. Fu la prima italiana a posare nuda per Playboy e la cosa non potè non suscitare un enorme scalpore, anche se lo fece per pagare tasse arretrate e in un momento in cui era molto igrassata. I suoi amori, non moltissimi ma contrastati e infelici, hanno riempito i rotocalchi. Lo scandalo del matrimonio messicano con Raimondo Castelli, l'uomo al quale fu legata per quindici anni e che l'obbligò a girare un film dietro l'altro senza badare a scelte, divise l'Italia come dieci anni prima l'aveva spaccata la passione tra Fausto Coppi e la Dama Bianca. «Quando mi sono liberata di lui - dirà l'attrice in seguito - ho capito che non avevo ancora imparato a crescere. Sono diventata adulta troppo tardi». E' il 1976, l'anno in cui vende la famosa villa di Marino piena di animali domestici e non, a segnare per Sylva Koscina l'inizio di un esame di coscienza. «Per troppo tempo ho lavorato come una folle, per far quattrini e spenderli, al ritmo di otto, dieci film l'anno. Ho recitato il ruolo della vamp senza avercelo dentro. Castelli mi ha fatto sentire sempre un'insicura, una che non poteva fare un passo da sola. E io l'ho assecondato, presa da una megalomania insensata che mi veniva da un'infanzia durissima. A vent'anni ero una ragazza costretta a vestirsi con grembiuloni, vestiti rivoltati, scarpe basse. Quando sono stata libera mi sono messa a spendere come una forsennata. Col tempo è diventata una fissazione. Anche perché l'amore era sparito, Raimondo mi aveva delusa e io cercavo negli oggetti quella sicurezza che non avevo più». L'esperienza fatta non l'aiuta, però, a scegliere un compagno più giusto: prima è la volta di Roberto Chiappa, un nome che nel cinema non aveva certo il peso di un Carlo Ponti o di un Dino De Laurentiis. Poi arriva Aldo Pagone, industrialotto meridionale che la rilancia facendole tagliare i capelli a caschetto dai Vergottini, ma non le regala il matrimonio perché i tempi per ottenere il divorzio sono più lunghi del loro legame. Infine, ed è storia di ieri, l'intesa intellettual-sentimentale con Vittorio Sgarbi, con cui si fa vedere e fotografare in giro, ma che lei stes¬ sa scarta per la differenza d'età considerando «ridicola» una simile passione. Lui, con insolita cortesia, la ricorda oggi come una «bellezza» che aveva sempre vent'anni, un sogno che non poteva tramontare. Il guaio di Sylva Koscina, dicono gli amici, è stato di innamorarsi di uomini sbagliati («Voleva fare la crocerossina, e non è facile salvare chi non vuol esser salvato») e di non aver Voluto mai scendere a compromessi. Germi l'aveva corteggiata invano. Dino Risi fu minacciato da Castelli per le sue avances. E perfino in America non andò meglio. Un famoso produttore di Hollywood che le aveva promesso di farla diventare la numero uno si sentì rispondere che lei non aveva l'abitudine di passare da un letto all'altro. E andò in bianco. Stupidità? Lei difendeva le sue scelte. «E' colpa dell'orgoglio slavo», dir ceva. «Ho dato più di quanto non abbia avuto. Sono puritana, monogama, passionale. E ho pagato per questo». [si. ro.] Vittorio Sgarbi dice dalla Koscina: «Nella sua vita non esisteva né l'ombra della morte né quella del tempo»
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