Miracoli di Natale in Terrasanta

Miracoli di Natale in Terrasanta Miracoli di Natale in Terrasanta Abeti, doni, Santa Claus: un nuovo costume I FRUTTI DELLA PACE GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO «Non sapere a che santo votarsi» può essere un'espressione molto sensata in corti giorni persino nello Stato degli ebrei, quando per esempio l'ennesimo folle integralista islamico si getta, carico di dieci chili di tritolo, su un gruppo di persone che aspettano l'autobus alle 6 di mattina in un luogo che tutti, proprio tutti, devono utilizzare almeno un paio di volte a settimana. E nessuno muore, fuorché il terrorista: Miracolo a Gerusalemme, Miracolo in Israele. Così hanno titolato i quotidiani israeliani. A tutta pagina. Titoli stupefatti, sconsolati, accompagnati dalle solite foto di confusione e di sangue, e tuttavia desiderosi di dar spazio alla possibilità che la buona sorte trovi la sua strada verso il Medio Oriente. Qualsiasi strada. A che santo votarsi, visto che ai santi gli ebrei non credono? Magari a Babbo Natale, che forse, tornando verso il Nord con le sue renne (ha scritto nel commento principale il grande quotidiano Maariv, la colonna dell'establishment dell'informazione locale) ha chiesto nel giorno della nascita di Cristo alla sorte (o al Padre Eterno, o chissà a chi) di essere gentile con il popolo che gli,ha donato Gesù. I tempi cambiano davvero. I tabù, in questa Israele del processo di pace, cadono a uno a uno: il Natale è la festa cristiana per eccellenza; Babbo Natalo è un simbolo insieme cristiano e consumista, mai sarebbero stati citati nell'Israele di Ben Gurion o anche soltanto di Begin con simpatia e confidenza sulla prima pagina di Maariv, e soprattutto nell'occasione di un evento tanto, in fondo, privato e doloroso quanto un attentato. L'orgoglioso attestarsi del popolo ebraico al di fuori dei tracciati consumistici occidentali, creandosi tutto un suo sistema di valori laici ma ebraici, tenendo a debita distanza la religione cristiana che certo agli ebrei ha dato molti dispiaceri, sembra in questi giorni di Natale in gran parte dimenticato: Tel Aviv, la capitale di tutti i nuovi trend culturali celebra uno strano «Krissmiss» come è stato ribattezzato per scherzo Christmas, un «Natale» depurato dal nome di Cristo. Alberi di Natale illuminati appaiono ai crocicchi delle strade, sulla passeggiata a mare di Rehov Hayarkon, il grande ristorante Chicago Pizza Pie Factory ha messo all'esterno del locale un albero ornato di palle colorate e luminose, organizzato una gran festa di Natale, ha collocato per strada un Babbo Natale rosso vestito che serve da richiamo ai passanti. Anche la ' catena di cibo indiano «Tandoori» di proprietà di Reena Puschkarna ha organizzato banchetti ed ha esposto immagini di Babbi Natali invitanti, e così pure i negozi del ricco sobborgo di Hertzlya Pituah, dove vivono molti stranieri; e la catena di locali omosessuali di Arielle Levy, la Muza Productions ha fatto lo stesso. «E' la prima volta che si vedono in giro per Israele uomi- ni con una gran barba che non siano né ebrei ortodossi né integralisti islamici» commentano ironici gli abitanti di Tel Aviv. I russi da poco immigrati sono contenti di poter di nuovo celebrare il Natale senza essere sospettati di non essere ebrei. Perchè in realtà avevano seguitato sempre a farlo, ma di nascosto. I negozianti, secondo un'indagine del quotidiano Jerusalem Post garantiscono che in questi giorni c'è un cospicuo scambio di regali e che i consumi voluttuari, come per esempio la cioccolata di produzione svizzera, sono aumentati nelle vendite del venti per cento. Quel che è più stupefacente, è che il commercio di alberi di Natale è passato da una distribuzione di circa mille abeti nel 1988 a diecimila quest'anno. E chi li distribuisce? Il Fondo Nazionale Ebraico, cioè una fre le più sioniste fra tutte le organizzazioni, che dalla fondazione dello Stato ha fatto «fiorire il deserto» con un'eccezionale politica di forestazione. «A noi interessa molto di più salvare gli alberi e non consentire commerci selvaggi piuttosto che sovraintendere alla purezza ideologica del Paese» dicono i portavoce del Fondo. II consigliere comunale religioso di Tel Aviv Shmuel Gefen non è preoccupato, o almeno non più del solito: «Questa è la terza o la quarta generazione tagliata fuori dall'educazione ebraica. I nostri ragazzi non celebrano certo la nascita di Gesù Cristo; colgono invece l'occasione di farsi un ballo o di partecipare a una festa uguale a mille altre feste, stavolta sotto un albero di Natale. E' una novità. Fare una festa per Natale non è certo più grave che dissacrare il sabato o rompere le regole alimentari». Il sole di Gerusalemme risplende alto in questi giorni. Il deserto è nel suo tempo di fioritura. Santa Claus si veste di rosso e scampanella a pochi chilometri dalle tende beduine e dai villaggi del West Bank dove la madre del terrorista Iman Jumah Rady si è vestita tutta di bianco impugnando una pistola e ha dichiarato al mondo il grande onore che ha fatto suo figlio alla famiglia facendosi saltare per aria nel tentativo di compiere una strage. La radio commenta con stupore il fatto che il giovane fosse un poliziotto della nuova autonomia palestinese. Ad ogni minuto può scoppiare un'altra bomba. Ad ogni minuto può verificarsi un'altra strage. , ' I giovani ebrei di Tel Aviv, alle volte, vogliono cercare di dimenticare. Chi può dar loro torto? Fiamma Nirenstein Cadono nuovi tabù nell'Israele del processo di pace Quanta differenza con i tempi di Ben Gurion e Begin