Bossi e Moroni firmano la pace di Natale di Giovanni Cerruti

Il senatur da Scalfaro: «Lei è il garante della II Repubblica». Il ministro: no al Berlusconi bis Il senatur da Scalfaro: «Lei è il garante della II Repubblica». Il ministro: no al Berlusconi bis Bossi e Moroni firmano la pace di Natale Via libera al governo del Presidente ROMA. L'appuntamento l'aveva preso Bobo Maroni. Umberto Bossi che sale al Quirinale per gli auguri di Buon Natale, si dirà poi. Il primo segretario di partito, da quando Silvio Berlusconi si è dimesso, che incontra Scalfaro. E lo vede proprio nel giorno dei titoloni sulla Lega spaccata e su Maroni lontano da Bossi. L'incontro dura un'ora, altro che auguri, Bossi e Scalfaro ragionano sulla crisi. «Vedi Presidente, tu sei il garante e sarai il fondatore della Seconda Repubblica», dice Bossi. «Il Paese ha bisogno di un governo, non di elezioni», assicura Scalfaro. «Bene, ora siamo a metà del guado», commenterà Bossi a Montecitorio. A metà del guado. Non ci saranno elezioni, «c'è spazio solo per un governo istituzionale che affronti il problema delle regole», conclude Bossi prima di tornare a casa. Conclusione che non lo soddisfa del tutto: non ci fossero state le resistenze interne, la sua soluzione sarebbe stata quella di un governo politico, «anche se solo i pazzi hanno potuto credere al governo dei segretari di partito». E allora avanti verso questo nuovo governo, «ma senza abbassare la guardia». Bossi, diffidente, teme manovre berlusconiane: «Quando un tiranno cade non si rialza più, ma lottiamo contro un avversario che ha armi micidiali di persuasione». Quando Bossi incontra Scalfaro al Quirinale, Maroni è da Irene Pivetti a Montecitorio. Le due facce della Lega sembrano tornate ai tempi belli, quando i compiti erano divisi, viaggiavano separati e colpivano assieme. Nonostante l'incontro dell'altra notte, nonostante l'ottimismo di Maroni («ho salvato la Lega»), le differenze restano. Bossi ammette: «Il rischio di spaccatura c'èra, ma il problema della differenza con Maroni non è certo ancora del tutto risolto. La questione è politica, riguarda i tempi e le strategie delle nostre scelte. Non è cosa da poco. Vedremo martedì, quando ci sarà l'assemblea dei parlamentari...». Ma la giornata di ieri, con Maroni e Bossi in giro per Montecitorio a dichiarare e rispondere, ha messo a fuoco l'intesa tra Lega e Quirinale. Maroni era salito giovedì, un'ora anche per lui. E buone notizie dal Colle. «Mi ha spiegato le sue intenzioni e ho fatto presente che sono le stesse della Lega», dice Maroni. Su un divano del Transatlantico parte l'ode a Scalfaro: «Ha le idee ben chiare. E' fondato sulla roccia e non si lascerà condizionare da pressioni o lusinghe, anche da pressioni fortissime. Ha ben chiara la situazione e le prospettive. Sarà lui l'uomo chiave di questa crisi, e credo proprio che la gestirà in modo fermo». Maroni giovedì e Bossi ieri. Con Scalfaro che ripete «non si può sciogliere il Parlamento solo perché cade un governo». Per Maroni «ci vuole uno sforzo di fantasia mediterranea». Non scopre tutte le carte, ma lascia intendere che la strada potrebbe essere quella di un governo che vada a cercare la maggioranza in Parlamento, un governo del Presidente. «La nostra proposta - e Maroni insiste su questo «nostra» - è la nascita di un governo con l'attribuzione al Parlamento del compito di scrivere le regole». Qualcuno sobbalza quando si domanda e si risponde da solo: «Berlusconi bis? E allora perché avremmo fatto tutto questo casino?». Su questo governo la Lega si potrebbe compattare. Maroni ne è convinto, Bossi sta a vedere e commenta sullo scalone: «Maroni lo considero ancora un amico, ed è sicuramente molto positivo che abbia detto che lui, noi e Scalfaro siamo in uno schieramento convinto che non si possa andare a nuove elezioni senza nuove regole mentre Fini, Berlusconi e Casini le vogliono subito. E' una prima presa di distanza da Berlusconi». Una seconda arriva subito: «Le obiezioni del gruppo dei "dissidenti" - dichiara Maroni - non sono sul no al ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi, ma sulla presenza del pds in una maggioranza organica». Per la Lega, adesso, c'è da aspettare martedì prossimo: l'assemblea dei parlamentari. Bossi conta: «Avevo previsto che questa battaglia, la battaglia per buttar giù un dittatore, avrebbe potuto lasciare sul campo il 20 per cento dei nostri. Finora non abbiamo superato il 12...». La battaglia della vita, per Bossi e la Lega. «E l'abbiamo buttato giù, anche se nessuno lo dice. E' caduto l'ometto Berlusconi venditore di fustini, questo nostro Perón della mutua che dice "mariana un milione di posti di lavoro". Il primo passo è stato fatto». Ma prima del secondo, del nuovo governo, c'è l'assemblea dei parlamentari «dissidenti» compresi. «E sarà decisiva...». Giovanni Cerruti Il ministro dell'Interno Roberto Maroni guida i «dissidenti» della Lega

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