Coop mezza Italia sotto tiro

Interno Riuniti a Ravenna i magistrati che indagano sulla «pista rossa» Coop, mezza Italia sotto tiro E spunta un «giallo» su D'Alema RAVENNA DAL NOSTROÌNVIATO Il sostituto procuratore della Repubblica di Venezia, Carlo Nordio, è arrivato per primo, nonostante l'influenza. Così, dopo il summit di sette ore fra i magistrati che stanno percorrendo la pista «rossa» degli illeciti finanziari commessi dalle cooperative, ha potuto dichiarare: «Se ci siamo incontrati la vigilia di Natale e ammalati, significa che avevamo qualche cosa da dirci». E' nato un coordinamento di magistrati che tirano dritto per la loro strada e mettono la sordina alle voci in arrivo da Roma sul contrattacco della Lega delle cooperative, le quali, per bocca del presidente Gianfranco Pasquini, gridano al complotto. Un commento? «Stupidaggini». Confronti, verifiche, scambi di opinioni, ipotesi di lavoro. Dalle 10 del mattino alle 6 di sera con intervallo per il pranzo. Il pm Francesco Mauro Iacoviello a fare gli onori di casa e attorno a lui il veneziano Nordio, il procuratore aggiunto di Torino, Maurizio Laudi, il sostituto di Milano, Paolo Ielo, quello di Firenze, Alessandro Crimi, il procuratore di Reggio Emilia, Francesco Preitc, e il sostituto Flavio Lazzarini. E Massimo Serpi di Bologna, segno che le indagini sono approdate anche nel capoluogo emiliano. Mancavano i magistrati di Roma, che però si sono incontrati ieri con Paolo Ielo. Nel palazzo della procura di Ra¬ venna, i magistrati hanno messo a punto una strategia comune. L'indagine che coinvolge le Coop rosse sta ingigantendo. «Noi siamo partiti per primi - rivendica Nordio un anno e mezzo fa». Se poi le inchieste si sono estese a mezza Italia «significa che motivi d'inchiesta ce ne sono, eccome». Intanto: le Coop che andavano in fallimento subito dopo avere acquisito finanziamenti anche cospicui dagli enti pubblici, con il sospetto che il denaro incassato venisse dirottato verso «il bottegone oscuro». Alcune aziende che facevano lavorare i dipendenti che risultavano in cassa integrazione, e che perciò realizzavano una piccola truffa nei confronti degli enti previdenziali. La Cmc di Ravenna che è sospettata di aver costituito dei fondi neri durante i lavori realizzati in Etiopia. E poi la finanziaria Gestivai di Firenze che è precipitata in un crack miliardario dopo aver rastrellato denaro fra le società «amiche». Tutto a beneficio del pei (prima) e del pds (ora)? E' l'ipotesi dell'accusa, ma i magistrati si tengono alla larga dal sottolineare tesi che per ora sono in cerca di conferma. Che idea vi siete fatti del sistema delle Coop? Risposta diplomatica: «Quella che risulta agli atti». D'accordo, ma quale potrebbe essere in prospettiva? «Quella che risulterà agli atti». Almeno tre metri cubi di materiale sequestrato. Una dozzina di avvisi di garanzia a Ravenna, al¬ trettanti fra Reggio Emilia e Forlì, tre arresti e trenta avvisi di garanzia a Venezia. E poi i nomi dei cassieri e dei segretari del pci-pds che entrano di straforo nell'indagine: Renato Pollini e Marcello Stefanini, Achille Occhetto e Massimo D'Alema. Si diceva che dovessero essere sentiti come «persone informate sui fatti» già prima di Natale. Natale è domani. Ovvio: l'interrogatorio è slittato. E' un passaggio significativo nell'indagine e i magistrati debbono ritenere che bisogna arrivarci con cautela per non correre il rischio di apparire inutilmente avventati. Attorno a Massimo D'Alema è nato un piccolo «giallo» raccontato dal quotidiano di An per un episodio avvenuto proprio a Ravenna, in via Santucci, dove abita una zia del segretario del pds, Angiolina. Lì, una mattina tra febbraio e marzo, alcune persone hanno scaricato delle casse di documenti. Dei fogli sono caduti e un passante li ha raccolti. Erano una sorta di ricevute, per un milione. Di due si è letto il nome: Carlo Sama (Montedison) e Renzo Carletti, che di Sama era amico. Riproduzione delle tessere pubblicata in buona evidenza. Chi polemizza si domanda che cosa c'era nel resto delle casse, perché i documenti non potevano restare nelle sedi del pds e perché è stato necessario portarle nell'alloggio di Angiolina D'Alema. Lorenzo De! Boca Casse di documenti sarebbero state trasferite a casa di una zia del segretario pds