Amore-odio nella terra di Umberto

Amore-odio nella terra di Umberto Amore-odio nella terra di Umberto «Ci tradisce». «No, elimina il dittatore» DOVE' NATO IL CARROCCIO TVARESE ANTO per semplificare questa baraonda di parole nordiste, invettive, fedeltà e doppi tradimenti, dissensi e consensi, delusioni e rabbia, appuntatevi quanto segue: qui nelle strade gelate di Varese, culla della Lega, bambagia dell'avvento bossiano, c'è un solo modo per non perdersi nel garbuglio dei ragionamenti, un modo che chiameremo onomastico. Quando uno ti dice: «Io penso che il Bossi...», cioè usa il cognome, stai sicuro che andrà a parare dalle parti di Berlusconi snocciolandoti la declinazione del Tradimento. Ma se principia con un'alzata di spalle e un sorriso carognone cantilenandoti: «Secondo me l'Umberto...», allora sai che hai trovato un ortodosso, uno che al Berlusconi non gli canta la serenata, semmai la pernacchia. Come il capo che qui hanno votato uno su tre. E così a spanne, non trattandosi di sondaggio (ahinoi) ma di scarpinata con cappotto e taccuino sui selciati attraversati dalle storie che hanno fatto la Storia della Lega, il Capo tiene eccome tra i suoi («L'Umberto dà la linea, punto!»), tentenna, ma mica tanto, tra gli elettori («A seguirlo m'è venuto il fiatone, però...») è la bestia nera dei restanti che in verità son pochi («Via! Vada via il Bossi!»). Varese è un punto di vista speciale. Sulla Lega esprime amore e odio speciali, da grande famiglia apprensiva, da parentado bisbigliante, e perciò fa anche tenerezza in queste ore di massima confusione: «Ma è vero che Maroni tradisce?» chiede uno al Bar Biffi. «Ma no, quello tiene a bada i dissidenti per conto dell'Umberto». «Io il Bossi non lo voto più, che figura in Parlamento...». «Te zitto che eri democristiano». «Cos'è che ha detto il telegiornale, la Lega si divide?». «Quello non era un telegiornale, somaro, era la Fininvest». «Ah, allora ho capito». «E poi diciamolo: è il Berlusconi che ha tradito. Umberto l'aveva detto: se non rispetta i patti ce ne andiamo». Tutto il miracolo nordista è nato o passato di qui, dai tempi in cui questo bar si chiamava Rachelli e l'architetto Leoni, il deputato fondatore, inzuppava il caffelatte insieme con quel ragazzone che borbottava dietro al ciuffo. Non solo Bossi, ma anche Maroni, si è scaldato i muscoli su corso Matteotti, tra la statua ai caduti e la basilica del santo Patrono. Uno veniva da Cassano Magnago, l'altro da Lozza, paeselli che sono sempre un po' Varese. Qui è nata l'Idea e qui l'hanno messa al calduccio nella prima sede, quella di piazza Podestà, che adesso ha stucchi e cristalli blindati, ma che fino a un paio di anni fa era ancora ruspante, sbrecciata, il vero covo degli attacchini. Ora ci sono i pensionati, con il Cunati Giancarlo che fa gli onori di casa, ma prima di rispondere a qualunque domanda, alza il telefono e chiama Ossola Sergio, «il nostro segretario politico» e con gentile diffidenza te lo passa. Pronto? E il segretario provinciale parte in quarta: «Umore eccellente. Il 99 per cento dei militanti è con l'Umberto. Sì la gente un po' protesta, ma quando noi spieghiamo, capisce. Telefonate? Fax? Ce ne sono, ma bisogna vedere quante sono pilotate, per me tante sono dei fascisti... Domani mattina facciamo la riunione generale e da lì uscirà la piena adesione alla linea. Maroni? Non tradirà mai anche perché è quello che ha avuto più di tutti dalla Lega, non ci voglio pensare, sarebbe come se ci piantasse il coltello nella schiena». E la stessa musica (proprio identica) te la suonano nell'altra sede, quella di via Bagaini, dove il segretario provinciale Marco Reguzzoni, 23 anni di Busto Arsizio, studente al Politecnico, beve thè alla pesca, lascia suonare il telefono e attacca: «Umore sereno. Finalmente torniamo in trincea e la base è con l'Umberto. Disorientamento? Ma no. Dissidenti? Quatttro gatti, me¬ glio che vengano subito allo scoperto così si ripulisce la lega». Ha una faccia da ragazzo, ma ti dice: «I nostri deputati non tentennano. Chi sono? Glieli elenco: Sartori, Leoni, Peruzzot- ti, Bonomi, Zacchi, Binaghi, Speroni e Maroni, firmeranno il progetto per il nuovo governo». Ma scusi, Reguzzoni, non ha sentito la riunione dell'Hotel Bologna? Le hanno detto niente dei vertici e dei controvertici in quel di Roma ladrona? «I presunti dissidenti rientreranno, è un gioco di squadra. Non perderemo i pezzi come dice qualcuno». Pezzi qua e là ne trovi. Uno a Leggiuno, Andreina Salvatore, che ha lasciato il consiglio provinciale per passare nientemeno che a Alleanza Nazionale: «La Lega è un covo di matti gestita da un dittatore». Un altro pezzo è andato via a Luino, Alessandro Rossi, capogruppo della comunità montana della Val Cuvia. Un altro ancora a Tradate, Gianni Zambon, ex membro del direttivo provinciale: «Bossi è un barbaro, la Lega un covo di clientele. Io ho smes so di fare politica. Alle prossime elezioni la Lega prenderà una legnata pazzesca, ma non morirà allora, è morta il giorno in cui Patelli ha preso i 200 milio ni, è rimorta quando Bossi ha firmato l'accordo con Berlusco ni. Amen». Peccato che giù in corso Matteotti - dove le signore col montone e le ragazzine con le Tim berland e i papà col cappotto cammello soffiano sulle vetrine - non ci sia affatto aria di epitaffio. Bossi è pur sempre un figlio lo, burbero magari, ma il famili smo non si lascia intaccare poi tanto dalla politica. Uno ti dice: «Vedremo». Un altro: «Ma quel Berlusconi si è un po' montato, no?». Una signora, davanti alla doppia vetrina «Carni fresche», scoppia a ridere: «Sto andando a comprare tre etti di salsicce, e la colpa è di Bossi. Dato che l'ho votato, avrei voglia di mangiarmi le mani». Scompare ridendo. Denti a parte è pur sempre Natale. Pino Corrias A Varese spiegano «Maroni sta tenendo a bada i dissidenti per conto del senatur» li sindaco leghista di Varese Raimondo Fassa