Berlusconi: mi dimetto ma non è una resa di Alberto RapisardaIrene Pivetti

Il Cavaliere ha chiesto al capo dello Stato di riaffidargli l'incarico: «Non c'è un'altra maggioranza» Il Cavaliere ha chiesto al capo dello Stato di riaffidargli l'incarico: «Non c'è un'altra maggioranza» Berlusconi: mi dimetto ma non è una resa «Elezioni entro marzo». Scalfaro non è d'accordo ROMA. Alla fine ha scelto di dimettersi e di non affrontare il voto di fiducia della Camera pur precisando che le dimissioni «non sono una ritirata, un atto di resa». Il presidente del Consiglio è salito ieri alle 13,30 al Quirinale per comunicare la sua decisione al capo dello Stato dopo aver capito che la frattura all'interno della Lega non avrebbe avuto la consistenza necessaria a garantirgli di ottenere la fiducia. E allora Berlusconi ha ripiegato su un obbiettivo di riserva: dimostrare a Scalfaro che il suo governo è in crisi non perché si è spaccata la maggioranza che lo appoggia, ma perché c'è un conflitto interno (MaroniBossi) ad uno dei partiti alleati. Insomma, secondo Berlusconi ci sarebbero le condizioni perché il presidente della Repubblica ridia a lui l'incarico di guidare il governo sino alle elezioni anticipate. E ha comunicato a Scalfaro anche la data che ritiene preferibile: a marzo, forse domenica 26. La linea scelta da Berlusconi aveva come puntello la scommessa fatta sulla spaccatura verticale della Lega e sulla messa in minoranza di Bossi. Questo era l'obbiettivo perseguito con fortissime pressioni sui parlamentari leghisti ai quali si facevano intravedere elezioni anticipate ineluttabili nelle quali sarebbero scomparsi tutti coloro che si fossero allontanati dal Polo della libertà. Ma a sera, quella che in mattinata era sembrata una imminente scissio- ne della Lega (Fini annunciava per il pomeriggio «positive novità»), si ridimensionava: una spaccatura politica, non sanata certamente, ma non una scissione. Un semplice «confronto» a detta di Negri, uno dei più accesi contestatori di Bossi. E, di conseguenza, la carta del Berlusconi preelettorale diventa più difficile da giocare. Anche perché il presidente della Repubblica continua a considerare dannose nuove elezioni nella situazione attuale di tensioni politiche e di difficoltà economiche. Gli industriali chiedono un governo autorevole al più presto, il governatore della Banca d'Italia, Fazio, ieri è andato a dire al capo dello Stato che è urgente prendere misure serie per l'economia e che per far questo occorrerebbe un governo dalla ampia maggioranza, si vada o no ad elezioni. Si intravede una situazione di stallo in cui chi vuole le elezioni immediate (Berlusconi) rischia di non po¬ terle ottenere, e chi vuole un governo politico che «punisca» Berlusconi (Bossi) è costretto a rinunziare al suo sogno. E per questo proliferano le soluzioni intermedie e di mediazione con varie coloriture. La principale continua ad essere il «governo di tregua», di «alto profilo istituzionale», «tecnico-politico» di cui parlano Buttiglione e D'Alema, rendendone sempre più elastici i confini. «Non mi dispiacerebbe di interloquire con tutte le forze dell'ex maggioranza prima di precipitare il Paese in uno scontro elettorale a base di rancori verso i "traditori"» diceva ieri sera il segretario del pds, D'Alema. «Un governo di tregua, sganciato dai partiti, di alto profilo tecnico. Speriamo che tutti ragionino sulle nostre proposte che dovrebbero essere prese in considerazione anche da Fini, senza risposte scomposte, e da Berlusconi». Un governo guidato da chi? Forza Italia ha aperto un tiro di sbarramento contro il suo Scognamiglio annunciando che non ci sono sostituti di Berlusconi. Anche la presidente della Camera, Pivetti (che ha ricevuto ieri Berlusconi) deve avere ricevuto un messaggio simile. In realtà, l'ex presidente della Repubblica Cossiga rimane il candidato più quotato malgrado il suo passato di «picconatore». 0, forse, proprio grazie al fatto che dal Quirinale finì col diventare la bestia nera del pds di Occhetto, che ne chiese la messa in stato di accusa. Questi precedenti, accompagnati al fatto che Cossiga è stato sempre apprezzato dai missini, potrebbero renderlo la soluzione che accontenta e scontenta contemporaneamente un po' tutti, che evita di stabilire chi ha vinto e chi ha perso. Attorno a questa ipotesi principale ieri si sono intrecciate variabili tramontate nel giro di un'ora: un governo guidato da Maroni con l'appoggio dell'attuale maggioranza, di mezza Lega e del pp. Un governo (proposto dal popolare Formigoni) con Berlusconi, mezza Lega più i popolari, e appoggiato dall'esterno da Fini. Il quale si è affrettato a dire che neanche se ne parla. Oggi Scalfaro apre le consultazioni ascoltando gli ex capi di Stato, Leone e Cossiga. Il seguito, alla prossima settimana. Alberto Rapisarda Oggi il presidente della Repubblica apre le consultazioni ascoltando Leone e Cossiga Gli industriali e la Banca d'Italia: «Un esecutivo autorevole o sarà il caos» Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Irene Pivetti, presidente della Camera

Luoghi citati: Roma