«Stefanini va processato» di Francesco Grignetti

«Stefanini va processato» «Stefanini va processato» I giudici: con 6funzionari della Quercia ROMA. Un'irregolarità tirava l'altra, tra il 1989 e il 1991, nell'amministrazione di Botteghe Oscure. Sono passati appena due giorni dalle ammissioni di Vincenzo Marini, vicecassiere del pds, che ha confermato di avere ricevuto personalmente i 370 milioni di cui racconta il «pentito» Nino Tagliavini, ex presidente della coop Unieco. E ieri - a premessa di un rinvio a giudizio per sette dirigenti della Quercia - s'è finalmente capito a che cosa servivano quei milioni. Occorrevano al pds per rimborsare un miliardo anticipalo dall'immobiliarista Bruno Binasco. Per quegli affari con Binasco, ieri la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Marcello Stefanini (amministratore pds), di Renato Pollini (suo predecessore alla tesoreria), di Primo Greganti (braccio destro di Pollini), di Marco Fredda (responsabile del settore edilizio nel pds), di Sergio Chiappi (amministratore della società «Unione immobiliare», sempre del pds) e degli imprenditori Bruno Binasco e Paolo Bertagni. Sono accusati di falso in bilancio e di il¬ lecito finanziamento. Secondo quanto hanno ricostruito i giudici, il pds nel 1991 vendette per sette miliardi e settecento milioni un edificio in via Serchio. Era la bella sede della «Editori Riuniti», in stile liberty, di cui il pds si disfaceva oppresso dai debiti. Nel corso del 1989, a questo scopo, era stata condotta una trattativa tra Greganti e Binasco. Alla fine venne firmato un contratto preliminare di vendita e Binasco versò al pds un sostanzioso anticipo. L'anno dopo, però, gli amministratori di Botteghe Oscure trovarono un nuovo acquirente più generoso. Bertagni, appunto. Perciò ruppero il primo contratto per il secondo. Fin qui, è la storia di una normale compravendita. Solo che i giudici Maria Teresa Saragnano e Gianfranco Mantelli hanno scoperto che il pds dichiarò al fisco e iscrisse a bilancio - un valore dimezzato: quattro miliardi appena. Altri due miliardi e mezzo furono versati in nero. Inoltre, per aggirare il fisco, il pds allegò fatture fasulle per un miliardo di lire, relative a lavori mai effettuati. Di qui le ipotesi di reato: finanziamento illecito per i cinque esponenti di partito (i due miliardi e mezzo mai dichiarati) e falso in bilancio per i due imprenditori (che hanno usato fondi neri per pagare la differenza). Sul versante dei reati fiscali, invece, i giudici chiedono l'archiviazione poiché il pds nel 1994 ha approfittato del condono, e chiuso la questione. Ma non finisce qui. A Botteghe Oscure, risolta la vendita del palazzo, restava da pagare una penale da un miliardo a Binasco. Ed ecco perché - come ha raccontato Vincenzo Marini agli stessi due giudici, appena quarantotto ore fa - nel 1991 il pds chiese aiuto alle federazioni provinciali. Furono racimolati seicento milioni dalla periferia. E i 400 che mancavano li chiesero «in prestito» alla coop Unieco di Reggio Emilia. Così sostiene, almeno, l'avvocato difensore di Marini, Giuseppe Zupo. «Il mio assistito ha precisato che si trattava di un prestito e ha fornito specifiche indicazioni controllabili e riscontrabili». Agli occhi della Procura, comunque, si tratta di 370 milioni non dichiarati e quindi leggibili come finanziamento illecito. Francesco Grignetti

Luoghi citati: Binasco, Reggio Emilia, Roma