Il golpe, refrain d'Italia di Pierluigi Battista

Il golpe, refrain d'Italia Il golpe, refrain d'Italia Un 'ossessione, da De Lorenzo alla Di Rosa II 1 VERE E FALSE EROMA D è subito golpe. O meglio sentore, avvisaglia, allarme, paura di golpe. Il «mi dicono», il «pare che», i «si dice che» e adesso, con Roberto Maroni, «i segnali che mi vengono dai servizi di sicurezza», oppure «una serie di informazioni». Tutto, come al solito, sufficientemente vago per suscitare apprensione ma senza scatenare il panico, passabilmente indefinito per non compromettersi troppo eppure utile per richiamare un senso di minaccia, di pericolo incombente. L'ossessione del golpe, il periodico riaffiorare in superficie del fiume sotterraneo che attraversa da un trentennio a questa parte la sempre gracile democrazia italiana. All'origine quel rumoreggiar di sciabole avvertito da Pietro Nenni come l'onda lunga delle strane agitazioni del generale De Lorenzo. E il cattivo esempio dei colonnelli greci. E le legioni raccogliticce di guardie forestali agli ordini di Junio Valerio Borghese, dicembre 1970. E poi il trauma dei traumi: il colpo di Stato di Pinochet, l'assalto alla Casa Rosada, il martirio di Salvador Allende. Le trame. La strategia della tensione. Le bombe. Le stragi. Il gioco che si fa duro. I primi nuclei del terrorismo rosso che si armano come ipotetica difesa di un ipotetico golpe. Tragedie. Ma attorno alla tragedia, la commedia grottesca delle vociferazioni, delle connessioni più strampalate, dei sospetti più inverosimili. Con i dirigenti dei partiti di sinistra e dei sindacati che passano la notte fuori casa, pigiama e spazzolino compresi. Con i boatos che impazzano, come quel personaggio di Ecce bombo che divulgava attraverso una radio privata le riservatissime informazioni confidenzialmente raccolte da «un amico mio etiope». Paure che dilagavano, incon¬ trollate, nel cuore degli Anni Settanta. Paure del golpe cruento. E anche di quello incruento, altrimenti detto «golpe bianco». Un quasi golpe, insomma. Architettato, si diceva, da una figura come Edgardo Sogno il quale però uscirà poi immacolato dal processo che ne sancì l'assoluzione. Ma è che col «golpe bianco» le fantasie sui pericoli golpisti acquistano contorni sempre più sfumati. Il golpe non viene più immaginato nella sua versione tradizionale - un manipolo di generali felloni che occupa militarmente i gangli del potere - ma diventa infiltrazione, penetrazione onnipervasiva. Un golpe per così dire diluito e annacquato. A sinistra questo golpe si chiama «Piano di rinascita nazionale», autore Licio Golii. Un golpe strisciante, si dice con accostamento ardito. Comunque tutto il contrario della Tecnica del colpo di Stato descritta da Curzio Malaparte negli Anni Venti e che proprio in questi giorni ò di nuovo in libreria con l'editore Vallecchi. Solo che l'abuso dell'allarme antigolpista stana fatalmente una folla di mitomani che trova accogliente ospitalità nel circo mediatico. Ecco il mercenario Renzo Pampalon che svela misteriosi piani di occupazione annata di Saxa Rubra. Oppure «Lady Golpe» Donatella Di Rosa le cui rivelazioni fanno addirittura saltare i vertici dell'Esercito. Oppure la pulsione golpista che la sinistra assegna al Francesco Cossiga estematore, complice il Cocer dei carabinieri. Solo che adesso quella del golpe è diventata una paura trasversale, con la destra che taccia di golpismo la sinistra e un ministro dell'Interno che denuncia i pericoli che si annidano nella piazza di destra. Segnali. Informazioni. Si dice. Pierluigi Battista Da sinistra: Junio Valerio Borghese e il generale De Lorenzo

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